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Bologna sfitta: una città aperta solo a chi se la può permettere

L’emergenza abitativa, alimentata dall’inflazione, dalla speculazione e dalla gentrificazione dei centri urbani, non riguarda solo la componente studentesca. Tutte le categorie del lavoro dipendente ne sono investite. C’è molta sfiducia in giro, tante persone rinunciano a cercare casa, ma per fortuna c’è anche chi, con la lotta, traccia una strada diversa.

10 Novembre 2023 - 11:09

BOLOGNA AL PRIMO POSTO TRA GLI ATENEI ITALIANI

Il ranking annuale degli atenei italiani, stilato dal Censis per l’anno accademico 2023/2024, vede ancora al primo posto l’Università di Bologna. La classifica è stata compilata in base alle strutture disponibili, ai servizi erogati, alle borse di studio, al livello di internazionalizzazione e all’occupabilità.

Viene da dire: se Bologna, che ha visto crescere in maniera drammatica il disagio abitativo delle studentesse e degli studenti universitari è al primo posto, come sarà la situazione delle altre città universitarie che stanno dietro in graduatoria? Hanno un sovraffollamento delle aule per le lezioni peggiore di quello dell’Alma Mater? Hanno sale di lettura tanto insufficienti come sotto le Due Torri? Qui i luoghi di aggregazione giovanile al di fuori delle logiche di mercato sono ormai ridotti al lumicino, dalle altre parti è peggio?

Iniziando dalla questione abitativa un dato da cui sicuramente partire è la percentuale di copertura del fabbisogno che si aggira su una media del 5% sull’intero territorio nazionale (in Emilia-Romagna è del 3,90%) e riguarda i posti negli studentati pubblici per gli universitari fuori-sede. E questo a fronte del fatto che il 50% degli iscritti dell’ateneo bolognese proviene da fuori regione e il 10% dall’estero. L’altro fenomeno da prendere subito dopo in considerazione è l’aumento del costo delle abitazioni e, in primo luogo, delle locazioni.

Per quanto riguarda il caro-affitti Bologna è la terza città (tra capoluogo e area metropolitana) più cara d’Italia. Nell’elenco delle province più costose Bologna si posiziona al terzo posto con 18 euro mensili al metro quadro per la locazione, alle spalle di Milano (21,4 euro) e Firenze (18,8 euro). Tra le quattro tipologie di abitazioni prese in considerazione, i prezzi medi che sono aumentati di più si sono verificati a Bologna, soprattutto per gli immobili di piccole dimensioni. Ad esempio, l’affitto di un monolocale è aumentato del 32% nel corso del 2022. Mentre, nel secondo trimestre del 2023, si è registrato un incremento medio del 10,1% dei canoni di locazione.

QUAL È LA SITUAZIONE NELLE ALTRE CITTÀ UNIVERSITARIE?

Anche nelle altre città universitarie, per quanto riguarda i costi degli alloggi, non si scherza.

A Milano, nel mese di gennaio 2023, un affitto costava in media 21,4 euro al metro quadro: si trattava di un più 2% rispetto a dicembre 2022 e un più 10% in confronto a gennaio 2022. Un costo record così non si era mai visto.

A Roma i canoni di locazione residenziale a Roma hanno subito su canone annuo degli aumenti medi del 4% (a fine febbraio 2022 il prezzo dell’affitto aveva una media annuale di 168,8 euro al metro quadrato).

A Torino, i dati del mese di agosto 2023, per gli immobili residenziali in affitto, dicono che sono stati richiesti in media 10,54 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 9,91% rispetto a agosto 2022 (9,59 euro mensili al mq).

A Napoli, sempre ad agosto 2023, per alloggi in affitto sono stati richiesti in media 13,02 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 6,90% rispetto a agosto 2022 (12,18 euro mensili al mq).

A Padova, nel mese di agosto 2023, per gli immobili residenziali in affitto sono stati richiesti in media 10,58 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 7,63% rispetto a agosto 2022 (9,83 mensili al mq).

A Venezia, nell’agosto 2023 per appartamenti in affitto sono stati richiesti in media 14,27 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 8,19% rispetto a agosto 2022 (13,19 euro mensili al mq).

A Trento, a gennaio 2023, per gli immobili residenziali in affitto sono stati richiesti in media 11,43 euro al mese per metro quadro, anche in questo caso con un aumento del 3,81 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022 (11,01 euro mensili al mq).

A Firenze, nel 2022, sul fronte degli affitti, le locazioni sono cresciute dell’8,3%, mentre i prezzi medi dei canoni hanno visto un nuovo incremento del 5,2%.

A Bari, ad agosto 2023, per gli immobili residenziali in affitto sono stati richiesti in media 10,69 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 13,36% rispetto ad agosto 2022 (9,43 euro mensili al mq).

A Lecce, nel mese di agosto 2023, per gli alloggi in affitto sono stati richiesti in media 8,14 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 8,82% rispetto a agosto 2022 (7,48 euro mensili al mq).

A Palermo, nel mese di agosto 2023 per appartamenti in affitto sono stati richiesti in media € 8,40 al mese per metro quadro, con un aumento del 10,09% rispetto ad agosto 2022 (7,63 euro mensili al mq).

A Genova il canone medio degli affitti è di 8,5 euro al metro quadro, decisamente più basso rispetto ad altre città del Nord come Torino, Bologna, Firenze e Milano. L’ultimo anno ha visto un aumento del costo degli affitti del 4,5 per cento. Gli aumenti sono stati provocati soprattutto dai 2.000 alloggi locati ad uso turistico nel centro storico. Nell’area centrale compresa tra il Porto Antico, Piazza Principe e la Foce è dove i canoni degli appartamenti sono più alti fino a 9,60 euro al mq, nell’entroterra e nelle zone più periferiche hanno canoni più accessibili a partire da 5 euro al mq. Altro dato interessante è che in questa città risultano sfitti 3.500 appartamenti.

GLI AFFITTI TEMPORANEI DISTRUGGONO L’ANIMA DELLE CITTÀ

Dall’inizio di settembre le città si sono ripopolate dopo gli esodi estivi; in quelle che sono sede di atenei il problema è esploso. Gli studenti delle città universitarie che avevano denunciato anche negli anni scorsi la mancanza di affitti a prezzi abbordabili, dopo un po’ di spazio mediatico e promesse politiche di vario colore e di diversa sponda, si sono ritrovati a vivere una situazione che va oltre la disperazione. Gli affitti immobiliari temporanei, quelli turistici di pochi giorni, sono la causa principale del costo inaffrontabile degli alloggi e dei posti letto e rappresentano uno dei maggiori problemi di tutte le città. Chi affitta a queste condizioni ha una convenienza economica che non ha paragoni col passato mercato tradizionale degli affitti. I cosiddetti Airbnb hanno trasformato i centri storici in tante Disneyland dove il turismo così come il cibo vengono vissuti come una immensa bolla di “bulimia sociale”.

L’architettura, la storia e i luoghi della cultura e delle arti di ogni città vengono sacrificati al food dai profitti facili e alla locazione breve dall’incasso veloce. Di questa situazione a farne principalmente le spese è il tessuto sociale più debole dei centri storici, tra cui sicuramente vanno catalogati gli studenti fuori-sede. Sono stati fatti sparire (o si fa di tutto per farli dissolvere) spingendoli verso le estreme periferie o nei comuni dell’area metropolitana, sostituendoli con i turisti “mordi e fuggi”, a vantaggio di commercianti e agenzie dello “strozzinaggio legalizzato”.

La spinosa questione ha visto da tempo la politica abdicare al mercato, le trasformazioni del tessuto urbano in senso speculativo sono state favorite da chi è stato al governo delle città, a prescindere di quale schieramento politico facesse parte.

Il governo delle destre con questo fenomeno ci sguazza. A livello di facciata, per mitigarne l’aspetto più devastante hanno prima approvato un provvedimento legislativo che obbliga i proprietari di appartamenti a un minimo di 2 giorni di affitto.

Poi, nella discussione sulla prossima finanziaria, sugli affitti brevi le forze di maggioranza hanno trovato l’intesa con l’introduzione di un codice identificativo nazionale. Sull’annunciato aumento dell’imposta sostitutiva sugli affitti brevi il punto di caduta, teso a soddisfare le richieste di Forza Italia a difesa della proprietà immobiliare, è sul 26% dell’aliquota dalla seconda alla quarta casa messa in affitto fino a 30 giorni, specificando che per la prima casa resta al 21%.

A ringraziare per non aver fatto passare l’idea di aumentare le tasse sui proprietari di casa che fanno affitti brevi è stato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani: «La cedolare secca sugli affitti fu introdotta nel 2011 dal Governo Berlusconi. Sarebbe una beffa se venisse aumentata – per la prima volta – dal primo Esecutivo di centrodestra dopo quell’esperienza».

Insomma, a conti fatti, i fratelli nazionali, i forzitalioti e i salviniani si sono tirati fuori, seguendo supinamente le pretese dei proprietari di case. Quelli del centro-sinistra si sono limitati a qualche sterile mugugno, se poi le proposte devono essere come quelle del sindaco di Firenze Nardella è meglio lasciar stare.

Del resto, i sindaci Pd un bel po’ di responsabilità sul disastro sociale prodotto dagli affitti brevi ce l’hanno anche loro. Il fenomeno si è sviluppato soprattutto nelle città da loro governate.

È bene ricordare che il fenomeno della trasformazione “turistica” del patrimonio immobiliare è avvenuto soprattutto nelle città universitarie di cui abbiamo parlato prima. Bene, tra tutte queste solo Genova, Palermo e Venezia sono governate da un sindaco di destra, tutte le altre vedono un primo cittadino del centro-sinistra.

L’impotenza dei sindaci, più volte denunciata dai pubblici amministratori, è stata molto spesso un espediente per lasciare la situazione così come si era determinata.

Molti alloggi nei centri delle città hanno subito un processo di frazionamento in miniappartamenti, che ancora gli oggi non vede la fine. Il patrimonio abitativo ha subito varie trasformazioni, nella maggior parte dei casi consone all’uso turistico. I tagli e le metrature “slim” in offerta sul mercato, non più adatte per i nuclei familiari, sono adeguate invece – anche per i loro costi – ad abitanti “short term” (a breve termine), a figure produttivamente alto locate e a tecnici della modernizzazione ben retribuita: insomma quella popolazione innovativa e dinamica che piace tanto ai sindaci dem.

LE RISIBILI STRATEGIE DEL GOVERNO MELONI PER GLI STUDENTATI

Che sia grave non lo può più negare nessuno, l’emergenza del caro-affitti in Italia, però, non trova soluzioni adeguate. La situazione è in continuo deterioramento: il quadro è uno dei peggiori mai registrati nel paese, con cifre per gli affitti che hanno passato da tempo la misura, dove i costi delle abitazioni sono diventati semplicemente inaccessibili per chi arriva in città per motivi di lavoro o di studio.

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha finora adottato delle misure che non fanno nemmeno il solletico al problema del caro-affitti. È sempre più evidente come la nostra classe politica non sia consapevole del dramma sociale che tante persone, soprattutto giovani, stanno vivendo.
Nei primi mesi dell’anno la ministra Bernini annunciò una riforma della legislazione sugli alloggi per gli studenti. Secondo le parole della ministra «la riforma 1.7 mira a triplicare i posti letto disponibili per gli studenti fuori sede, portandoli, entro il 2026, da 40.000 a 105.500, incentivando la realizzazione, da parte di soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria, grazie alla copertura degli oneri relativi ai primi tre anni di gestione delle strutture, da parte del MUR».

Con la legge di bilancio 2023 il Governo Meloni interviene sul tema dell’housing universitario, assegnando 4 milioni di euro per il 2023 e 6 milioni di euro a decorrere dal 2024 per corrispondere un contributo alle spese di locazione in favore degli studenti fuori sede. Inoltre, conguaglia il finanziamento distratto dal D.M. 1046/2022 per favorire la costruzione di nuovi posti letto nell’ambito delle misure Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza).

Al di là degli annunci pomposi (ricordando che prima del Covid i posti letto negli studentati erano 43 mila e sono passati, non si capisce perché, agli attuali 40 mila), i fondi europei stanziati agli enti pubblici finora dal Pnrr sono stati solo 77 milioni, per 9 mila posti letto, tre quarti dei quali per studentati privati e senza vincoli su canoni e destinazione a studenti nelle graduatorie degli enti per il diritto allo studio. Questo ha provocato, da parte della Commissione europea, delle richieste di chiarimento che stanno ritardando l’erogazione della terza rata di questi fondi.

Se già sono stati assegnati 300 milioni, ne mancano all’appello altri 660 di Pnrr da spendere. Che fine hanno fatto? L’art. 25 del d.l. 144/2022 destina questi fondi alla «partecipazione al finanziamento» anche da parte di «investitori privati». Tradotto: si tratta di un contributo a fondo perduto per la copertura dei costi di gestione dei posti letto nei primi tre anni.

Gli studentati che fino ad ora ne hanno beneficiato sono strutture ben diverse dalle “case dello studente”. Sono luoghi esclusivi e totalizzanti con servizi sul modello alberghiero, in cui, bene che ti vada, si pagano cifre al mese per un posto letto che coprono quasi interamente uno stipendio di un lavoratore della ristorazione (800/900 euro).

La scelta di appaltare al mercato – quello stesso mercato che ha generato l’attuale crisi – i benefici economici del Pnrr facendo sgocciolare milioni sull’housing in partenariato con i privati non guarda né alla situazione attuale, né al futuro.

In più (e il fatto è gravissimo), per 7.500 posti, i progetti presentati dal governo non erano chiari, soprattutto per la commistione pubblico/privato, nonché per una sorta di garanzia che i nuovi alloggi fossero non di lusso e accessibili agli studenti meno abbienti.

Per cui l’importo del Pnrr destinato agli interventi sembra sia slittato dalla terza alla quarta rata al 2024. A causa di tutto questo gli studenti per l’anno accademico 2023-2024 dovranno affrontare gli stessi problemi economici degli universitari degli anni precedenti.

LE LOTTE E LE OCCUPAZIONI SONO LE UNICHE RISPOSTE

A fronte di tutto questo, in una situazione emergenziale che è andata via via incancrenendosi, l’amministrazione comunale ha lanciato un piano casa per gli anni a venire, con un orizzonte stagliato sui dieci anni. Ma per le migliaia di persone che hanno bisogno dell’alloggio oggi, per gli studenti e i lavoratori fuori-sede, per gli autisti di Tper o per le infermiere che se ne vanno perché per loro non ci sono offerte da parte del mercato immobiliare, non c’è nessuna risposta concreta a tempi brevi.

Gli studentati o le residenze collettive gestite da privati, come Camplus o le grandi multinazionali straniere del social housing, la loro diffusione, sommata a quella degli affitti brevi, più che affrontare ha messo in crisi il diritto all’abitare, il diritto allo studio e il diritto a un reddito che ti permetta di vivere decentemente. Bologna è una città dove, nei fatti, gli studenti non trovano alloggio e le residenze studentesche pubbliche coprono una parte infinitesimale del fabbisogno.

A fronte di questa situazione drammatica, gli alloggi destinati agli affitti brevi turistici stanno ormai raggiungendo la quota di 6 mila, mentre (secondo le stime di Nomisma) le unità abitative non occupate da persone sono circa 25 mila.

Tra alienazioni al ribasso di edifici pubblici, mercificazione del patrimonio culturale, laissez-faire nei confronti dei grandi player globali, e il securitarismo inflitto invece a chi resta ai margini della Bologna ”comoda e benestante”, gli unici tentativi di riconquistare gli immobili inutilizzati e offrire alternative abitative “desiderabili” li hanno portati avanti le realtà di movimento che, prima con le accampate simboliche, poi con le occupazioni di edifici vuoti, hanno dimostrato che di posti liberi ce ne sono, che potrebbero essere utilizzati a fini sociali prioritari.

Ma il movimento delle occupazione viene contrastato a suon di sgomberi delle forze dell’ordine decisi a livello centrale dal ministero dell’Interno.

È chiaro che per il dottor Piantedosi, da ministro dell’Interno, è una manna la circolare che firmò da capo di gabinetto di Salvini. In quel provvedimento si ordina una vera e propria accelerazione per quanto riguarda un piano di sgomberi di immobili occupati, e vengono fornite indicazioni precise su come gestire “l’ordine e la sicurezza pubblica” («Attendere agli sgomberi con la dovuta tempestività, rinviando alla fase successiva ogni valutazione in merito alla tutela delle altre istanze») e le fasi delle procedure di sfratto dei cosiddetti abusivi.

Secondo quel documento del Viminale, oggi molto applicato, «l’occupazione degli immobili costituisce da tempo una delle principali problematiche che affliggono i grandi centri urbani del paese» e altresì si rileva che «la gestione del tema dell’occupazione arbitraria degli immobili non ha compiuto significativi passi avanti, se non rispetto alle misure di natura preventiva rivolte ad evitare nuove occupazioni».

Del resto, già nella primavera del 2017, all’interno del cosiddetto decreto Minniti-Orlando, quello dove si parlava di Daspo urbano e di ordinanze dei sindaci contro abusivi e accattonaggio, c’era un capitolo che assegnava maggiori poteri ai prefetti, elencando una serie di criteri per «ripristinare la legalità contro le occupazioni abusive di palazzi».

Non c’è da stupirsi, pertanto, se gli amministratori pubblici non sono molto interessati alla circostanza che gli immobili sgomberati finiscono sempre nelle mani di chi agisce esclusivamente a scopo di lucro.

Altrettanto bizzarro è il fatto che i tanti “agitatori di legalità”, quelli che sbraitano contro le “talpe” che svelerebbero gli elenchi dei posti vuoti, si siano fatti passare sotto gli occhi i 1.800 bed and breakfast risultati irregolari dall’ultima indagine della Guardia di Finanza, a cui si aggiungono i tanti che pagano affitti in nero a quelle brave persone dei proprietari di case.

Fa una certa tristezza la Bologna di oggi… è diventata un’enorme “mangiatoia” a cielo aperto: le strade, le piazze, i locali e le case ci sono per quelli che i soldi ce li hanno.

E’ sempre più una città “per chi se la può permettere”, per tutte le altre e gli altri, per tutti quelli che di soldi ne hanno pochi c’è un unico imperativo: arrangiatevi!!!