“Fermiamo l’invasione turca”, è il messaggio della manifestazione partita oggi da piazza Verdi (con nuovo murale): “Ci opponiamo ai bombardamenti in corso e a qualsiasi nuovo tentativo di aggressione terrestre, chiedendo che su tutto il territorio del Rojava venga posta la No-fly zone” per difendere “una società libera dal patriarcato, dal capitalismo, da ogni nazionalismo”.
Di nuovo in piazza per difendere la libertà del popolo curdo e l’esperienza del Confederalismo democratico nata nel territorio del Rojava: “Stop all’invasione turca! Stop alle bombe sulla rivoluzione delle donne!”, sono le parole d’ordine del presidio che si è svolto nella serata di oggi in piazza Verdi su iniziativa di diverse realtà autorganizzate cittadine: durante il sit-in è spuntato un nuovo murale (“Jin, jiyan, azadi”), poi corteo per la zona universitaria fino a raggiungere le Due torri. “Nella notte tra sabato 19 e domenica 20 novembre il territorio del Rojava e parti del Kurdistan iracheno sono state bombardate. La città di Kobânê, simbolo della resistenza contro Isis, è tutt’ora oggetto di pesanti raid aerei nel centro della città, dove è stato colpito e raso al suolo anche l’ospedale. Sono stati inoltre bombardati i campi profughi nella zona di Aleppo, dove vivono i profughi scappati da Afrin durante l’invasione turca del 2018. Le vittime sono prevalentemente civili”, spiega il comunicato condiviso sui social da realtà come Vag61, Nodo Sociale Antifascista, Crash, Làbas, Mujeres Libres, e Rete Jin: “L’attacco al popolo curdo e il tentativo di annientamento del Confederalismo democratico sono stati giustificati dal governo turco come una risposta all’attentato di Istanbul del 13 novembre 2022, imputato ingiustamente e frettolosamente al PKK e alle YPG, che mai hanno compiuto atti terroristici nei confronti di civili e che prontamente hanno negato un loro coinvolgimento in questo attacco. Il pretesto dunque è stato utilizzato dal dittatore Erdogan per continuare la sua campagna sanguinaria con l’obbiettivo di distruggere il progetto sociale che le compagne e i compagni del Rojava hanno costruito dal 2012 ad oggi”.
La rivoluzione del Rojava, continua la nota, “ha come pilastri portanti la rivoluzione delle donne, l’ecologia, la democrazia dal basso, la convivenza tra popoli, culture e religioni diverse. La Turchia inizia questi nuovi bombardamenti in un periodo in cui cerca di riaffermare il suo ruolo nel mediterraneo e nei confronti dell’Europa, per ristabilire il potere interno alla nazione e mentre in Iran le piazze sono infiammate da centinaia di donne che, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, si sono riversate nelle piazze contro la repubblica islamica iraniana e stanno resistendo all’oppressione che il governo sta mettendo in campo per reprimere il dissenso. Nelle piazze del medio-oriente si inizia a gridare jin, jiyan, azadi – donna, vita, libertà – e tutto ciò rappresenta una minaccia per Erdogan, ma anche per tutti i i regimi oppressori e i gruppi jihadisti che con lui hanno stretto rapporti. In kurdistan ogni giorno centinaia di compagne e compagni costruiscono passo dopo passo una società libera dal patriarcato, dal capitalismo e da ogni tipo di nazionalismo, e facendolo resistono contro il fascismo di Erdogan e dell’Isis e contro tutte quelle forze della conservazione e dell’oscurantismo attive nell’area e nelle regioni circostanti. Il popolo kurdo rappresenta dunque una ‘minaccia’ reale al patriarcato. Minaccia che per noi porta il nome di libertà. È per questo motivo che ci opponiamo ai bombardamenti in corso e a qualsiasi nuovo tentativo di aggressione via terra, chiedendo che su tutto il territorio del Rojava venga posta la No-fly zone per difendere la vita e la libertà del popolo kurdo, dalla parte di chi in quei territori pratica l’auto-difesa”.
Audio dalla piazza e altre foto: