I tre episodi si sono verificati nel giro di pochi giorni. L’Ausl, intanto, definisce “alquanto critica” la situazione delle detenute nell’Articolazione tutela salute mentale del carcere, mentre l’Ordine degli avvocati parla di “condizioni non degne di un Paese civile”.
Una settimana fa si è diffusa la notizia del decesso di una detenuta nel carcere bolognese della Dozza, una 55enne originaria della Repubblica slovacca, morta dopo aver inalato gas dalla bomboletta del fornelletto che nelle celle viene usato per cucinare: un suicidio, visto che insieme al corpo è stato trovato anche un messaggio di addio. Si è saputo poi che solo pochi giorni dopo un’altra detenuta ha cercato di togliersi la vita, in questo caso impiccandosi, ma secondo le informazioni circolate il suo gesto è stato sventato dall’intervento di un agente della Penitenziaria. Ma non è tutto, perchè Zic.it ha infatti appreso che nei giorni immediatamente precedenti al primo suicidio si è verificata la morte di un’altra detenuta, trovata esanime nel suo letto al mattino: in un primo momento si è ipotizzato che a causare la morte fosse stata un’overdose di psicofarmaci, poi sembra essersi accredita la spiegazione del decesso per cause naturale. In ogni caso, su una settantina di donne ristrette alla Dozza, nel giro di pochi giorni due donne sono morte e un’altra ha cercato di uccidersi.
Allo stesso tempo, viene segnalato che la situazione “della popolazione detenuta femminile nell’Articolazione tutela salute mentale (Atsm) della Casa circondariale di Bologna denominata ‘Il Girasole’ è alquanto critica”. Le detenute “affette per lo più da patologia psichiatrica severa”, sono “recluse in un ambiente limitato e con minime interazioni sociali dove sono limitate profondamente le attività riabilitative implementabili dal personale sanitario in servizio” e “in tale contesto si sono visti aumentare gli episodi di tensione, irritabilità e impulsività”. Lo ha comunicato l’Unità operativa di Psichiatria forense del dipartimento di Salute mentale dell’Ausl, chiedendo allo stesso dipartimento di autorizzare tre progetti terapeutico-riabilitativi per le detenute. Si tratta della prosecuzione dei progetti autorizzati nel 2023 e “valutati positivamente in termini di risultati sul clima della Sezione e di raggiungimento degli obiettivi riabilitativi delle pazienti”. Di qui, viste anche le relazioni sulle precedenti esperienze e sui risultati positivi che hanno portato, l’ok ai tre progetti per il periodo marzo-dicembre di quest’anno: “Interventi di pet therapy”; “Laboratorio di pittura murale”; “Attività sperimentale di teatro”. E’ stato dunque dato di recente semaforo verde ai progetti che richiedono una spesa di 7.500 euro.
Sulla situazione attuale della Dozza, sempre negli ultimi giorni e in particolare dopo il suicidio della detenuta 55enne, si è espresso anche l’Ordine degli avvocati di Bologna chiamando in causa il sindaco Matteo Lepore, che “ha la responsabilità della salute di tutti i cittadini, perché sappia che a Bologna c’è un luogo dove le vite valgono molto meno di altri luoghi della stessa città e si spengono per mancanza di speranza”. L’Ordine ha evidenziato le “condizioni non degne di un Paese civile” in cui vivono “gli oltre 850 detenuti, su una capienza regolamentare di 500 posti”, sottolineando che data “l’incapacità dello Stato di assicurare luoghi e dotazioni adeguate al rispetto dei principi costituzionali e alla dignità dei detenuti e del personale penitenziario, bisogna tornare a pensare a provvedimenti urgenti ed eccezionali”, nello specifico “amnistia e indulto, che non possono più essere considerate parole ‘eretiche'”.