Editoriale

Bologna W-hell-come

Per il presidente di Bologna Welcome l’overtourism è solo una “percezione”. Sono parecchio reali, però, i guai portati dagli affitti brevi e dal caro-prezzi, il dilagare delle piattaforme, il caos dell’aeroporto (sindaco dixit), la trasformazione del centro in un grande dehor. Non ce n’è abbastanza per correggere la rotta?

09 Agosto 2024 - 15:47

Se l’ormai attempato dibattito sulla “sicurezza percepita” dovesse mai cominciare a stancare, a Bologna è già pronta l’alternativa: anche il turismo può essere vero o “percepito”. Perchè se pensate che sotto le Due Torri ci sia un sovraffollamento di turiste/i, che fanno girare senz’altro tanti denari ma possono comportare conseguenze negative sulla qualità della vita delle/i cittadine/i e sulla stessa esperienza di visita della città, ebbene potrebbe essere solo un frutto della vostra immaginazione. “Quando sento parlare di ‘overtourism’ o ‘mangificio’ per indicare l’affollamento di visitatori nella nostra città, penso che si tratti solo di una percezione di alcuni dovuta ad alcuni momenti”. Lo ha detto in un’intervista a il Resto del Carlino il presidente della Fondazione Bologna Welcome, Daniele Ravaglia: ex direttore generale di Emil Banca e dirigente di Confcooperative, il Comune lo ha designato alla guida dell’organismo fondato insieme alla Città Metropolitana e alla Camera di Commercio per sviluppare la promozione del territorio bolognese (e modenese) e gestire diversi siti “attrattori”, dalla Garisenda e l’Asinelli al PalaDozza. En passant, tra un incarico e l’altro il nome di Ravaglia era circolato anche tra i possibili candidati del centrodestra per la presidenza della Regione.

Le parole del presidente di Bologna Welcome sono interessanti, a nostro parere, perchè lasciano intendere che tra gli “addetti ai lavori” l’impatto dell’esplosione turistica della città non è considerato poi così eccessivo e dunque, magari, si può anche pensare di proseguire su questa strada perchè ci sono ancora margini di crescita. Eppure…

Eppure, di segnali forti e chiari ci sembra ce ne siano parecchi. Il primo, ovviamente, riguarda il tema della casa. Questo giornale lo ha già trattato molte volte, ma ormai nessuna/o potrebbe negare che l’impennata di affitti brevi ha profondamente ridotto gli alloggi disponibili e alzato forsennatamente i prezzi di quelli ancora sul mercato tradizionale, escludendo fasce sempre più ampie di popolazione dal diritto all’abitare. Mentre banchettano le piattaforme e le multinazionali che, in tema di casa come in altri campi, incamerano profitti che tanto sanno di estrattivismo e sfruttamento.

E quello che riguarda l’abitare è solo un pezzo, bello grosso, di un caro-vita molto più generalizzato: così come per le abitazioni, anche gli altri prezzi schizzano verso l’alto trascinati dalla sempre maggiore incidenza di turiste/i ma anche di lavoratrici/ori ad alto reddito attirate/i dai progetti sviluppatisi in città nel campo della new economy e di studentesse/i provenienti da ceti sociali agiati che possono permettersi le strutture ricettive di lusso sempre più diffuse. Così chi ha stipendi “normali” rischia di non riuscire a tenere il passo e si susseguono le notizie sulla fuga dalla città di tante/i lavoratrici/ori: personale sanitario, insegnanti, conducenti del trasporto pubblico, educatrici/ori. Il paradosso è servito: per una parte di città si alza il cosiddetto “tenore di vita”, ma traballa la tenuta dei servizi.

Ma, parlando di overtourism, quale migliore cartolina di quella che offre la situazione dell’aeroporto? Il numero di voli e passeggere/i negli ultimi anni è letteralmente detonato ma quello di Bologna resta uno scalo di dimensioni ridotte e sono evidenti i problemi di accesso alla struttura, ospitalità interna, efficienza dei servizi. Talmente evidenti che il sindaco Matteo Lepore nei giorni scorsi ha scritto ai vertici del Marconi per lamentare che il caos dell’aeroporto rischia di tramutarsi in “un gravissimo danno di immagine” per Bologna, prefigurando perfino azioni legali da parte dell’amministrazione. Uno scontro senza precedenti ai piani altissimi della città, sintomo di un fortissimo stress che si affianca ad altri nervi scoperti del Marconi: il frastuono degli aerei che per ampie fasce delle 24 ore assordano interi quartieri e le condizioni di lavoro all’interno dello scalo, con i sindacati che segnalano diversi problemi e invocano un “premio di sito” per socializzare i risultati economici dei record tanto sbandierati dal Marconi. Sullo sfondo, non mancano soggetti come Confindustria che ciclicamente si fanno sentire per dire che l’attività dell’aeroporto dovrebbe crescere ancora di più.

E il “mangificio”? Basta fare un giro in centro per vedere con i propri occhi la quantità di attività legate al “food” che hanno aperto i battenti e continuano a proliferare, monopolizzando il tessuto urbano e generando in molti casi un obiettivo intasamento dello spazio pubblico. Ci sono vie trasformate in quello che finisce per sembrare un unico grande dehor, altre in cui il semplice passaggio a piedi o in bici si rivela un difficile slalom tra tavolini e tabelle con menu acchiappa-passanti. In nome del buon cibo, certo, ma sicure/i che questo ben combaci con numeri così alti e ritmi così frenetici, da mattina a sera? “A Bologna sono stati molto bravi negli anni a portare avanti la tradizione, ma purtroppo nel tempo si è persa la qualità e la passione per il buon cibo”, ha detto qualche tempo fa una maestra sfoglina ferrarese, storcendo il naso di fronte alla possibilità di coniugare siffatta ressa e autenticità: “Va bene la tradizione e il successo ottenuto negli anni ma è importante utilizzare materie prime di qualità il tutto condito dalla passione e l’amore per la cucina, cosa che ad oggi a Bologna purtroppo non viene perseguito e i turisti non vengono accolti dalle nostre vere eccellenze”. D’accordo, la sfoglina ferrarese avrà condito le sue parole con un po’ di campanilismo, ma qualche riflessione sul tema non può essere tanto peregrina. Senza dimenticare che le bolle saranno pure belle quanto si gonfiano, ma scoppiano anche: vedi alla voce Fico.

Tutte “percezioni”, allora? Oppure quello dell’overtourism è un problema reale (non l’unico, ci mancherebbe) ed è il caso di cominciare a correggere la rotta? Certo, la situazione ancora non è quella di Venezia o Firenze né di altri luoghi del mondo dove l’eccesso di arrivi ha perfino generato proteste delle/i residenti contro le/i turiste/i, come a Barcellona o a Santorini. Ma sarebbe meglio non sottovalutare il tema. Altrimenti, per tante/i la città rischia di diventare un inferno: w-hell-come to Bologna.