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Manganellata al volto durante lo sgombero del Santa Giuliana: denunciato il poliziotto

Martina, che a causa del colpo ricevuto ha subito una ferita medicata con sei punti di sutura: “Non è stata l’unica violenza di quel giorno”. Il collettivo LUnA: “Una delle espressioni di violenza machista e patriarcale che lo Stato agisce”.

23 Gennaio 2024 - 16:14

Martina, la ragazza ferita da una manganellata durante lo sgombero dell’ex Istituto Santa Giuliana di via Mazzini, avvenuto lo scorso 17 ottobre dopo una decina di giorni di occupazione sotto la sigla In/Out, ha deciso di presentare denuncia contro l’agente che l’ha colpita procurandole sei punti di sutura al volto. Ieri Martina, il collettivo LUnA e l’avvocata Francesca Cancellaro hanno annunciato pubblicamente questa iniziativa con una conferenza stampa e un presidio in piazza Verdi. “In piazza non voglio avere paura”, “Perchè domani non tocchi a nessun’altra” e “Mai zitte e mai sole” sono i messaggi riportati su alcuni dei cartelli esposti durante il presidio.

La violenza contro Martina “si è aggiunta a quella nei confronti di chi quel giorno si è ritrovatƏ buttatƏ per strada, con l’emergenza freddo alle porte. Un poliziotto che – munito di casco e manganello – provoca una ferita di sei punti di sutura sul volto di una ragazza di 25 anni, disarmata, è una delle espressioni di violenza machista e patriarcale che lo Stato agisce“, sottolinea LUnA: “Questa denuncia sarà solo uno dei tasselli che si aggiungono allo spazio che le lotte transfemministe contro il sistema patriarcale si stanno prendendo nelle città. Si aggiunge alla denuncia già sporta – giustamente – dalla compagna Ilaria per il calcio subito nelle parti intime il 6 dicembre. Vuole essere cassa di risonanza per quello che altre compagne – anche qui donne – hanno subito all’interno” dello stabile durante lo sgombero, ovvero “umiliazioni e intimidazioni, è stato rifiutato loro l’accesso al bagno obbligandole così a dover urinare dietro uno striscione in cortile, con l’aggiunta di insulti xenofobi contro chi non era di madrelingua italiana”. La violenza della polizia “è violenza machista. un manganello non ci zittirà, l’abbiamo detto forte stamattina (ieri, ndr), lo diremo forte tuttƏ insieme l’8 marzo e non solo”.

Racconta Martina: “Il colpo al volto non è stata l’unica violenza di quel giorno, a partire dallo sgombero di 40 persone in emergenza abitativa che consideravano un vero e proprio tetto quello spazio. All’interno dell’edificio, mentre io venivo accompagnata in ospedale, c’erano altre compagne che stavano subendo violenze, su cui hanno avuto difficoltà a denunciare. Erano violenze psicologiche, infatti, che possono fare comunque tanto male. Hanno insultato una compagna che chiedeva giustamente informazioni sulla situazione, perché non parlava bene l’italiano. È stata costretta a fare pipì in cortile, ad esempio”. Fare pipì “in mezzo agli occhi di Digos, dei residenti presenti, degli attivisti e degli operai che lavoravano al cantiere”, conferma la stessa ragazza.

Aggiunge l’avvocata Cancellaro: “La denuncia che abbiamo presentato per le lesioni personali subite da Martina è molto importante, diamole atto di grande coraggio e grande forza. Vogliamo far emergere tutti i profili illegittimi che riguardano queste lesioni personali e più in generale valutare il comportamento delle forze dell’ordine in quell’occasione“. Legalmente, continua l’avvocata, l’utilizzo e il ricorso alla forza e alle armi da parte delle forze dell’ordine può avvenire nell’ordinamento italiano solo quando vengono rispettate determinate garanzie, “quando ci si muove in un perimetro di requisiti di necessarietà e proporzionalità richiesti dalla legge. Nel caso specifico, questi requisiti sono mancati assolutamente. Si trattava di un presidio di solidarietà per uno sgombero, che stava avvenendo nei confronti di oltre 40 persone che si trovavano in emergenza abitativa. Questo presidio è stato represso in quel modo, con le conseguenze che abbiamo visto sul volto di Martina”.

Ancora la legale: “L’ha già detto anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, in più occasioni: il volto è una parte del corpo molto particolare, è un’espressione della propria personalità e della propria dignità. Essere colpiti in quel modo da parte delle autorità cagiona quindi una lesione fisica, ma con una componente anche psicologica che deve essere considerata”. Cancellaro ricorda che anche “gli agenti intervenuti quel giorno, compreso quello che ha colpito Martina, non erano identificabili attraverso segno distintivo o numerazione: lo sappiamo, è un tema vecchio, ma questi episodi lo riportano alla stretta attualità, per stabilire chi ha fatto cosa, accertando ogni responsabilità”.