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Quando le suore vendono un convitto: per il Santa Giuliana quale… vocazione?

Venerdì è stato occupato a scopo abitativo un immobile rimasto vuoto dopo che le Mantellate Serve di Maria hanno deciso di chiudere scuola e collegio e vendere l’edificio. Si è parlato di un acquirente che manterrà il convitto, ma con quali caratteristiche? L’ennesimo studentato di lusso? Le esternazioni della proprietà uscente non sciolgono i dubbi.

09 Ottobre 2023 - 11:25

Da venerdì è in corso una nuova occupazione abitativa in città: “Abbiamo aperto le porte dell’Istituto Santa Giuliana, in via Mazzini 90, un grande stabile vuoto e in vendita nella città di Bologna, di proprietà della Chiesa, per la precisione della Congregazione delle Suore Mantellate Serve di Maria. Parole d’ordine: In/Out, dentro la città, fuori dal mercato! Lo facciamo per aprire uno spazio per chi cerca casa, per chi è costrett* a stare su divani, chi in AirBnb, chi per strada. Lo facciamo forti delle esperienze che abbiamo avuto negli ultimi 365 giorni, nelle quali abbiamo sperimentato forme di abitare collaborativo, abbiamo restituito spazi alla città, abbiamo auto-recuperato stabili abbandonati, abbiamo lottato con tante persone e dialogato anche con chi è divers* da noi”, ha scritto il collettivo LUnA annunciando l’occupazione.

Lo stabile è rimasto vuoto dopo che, nei mesi scorsi, la Congregazione ha comunicato la decisione di chiudere la scuola cattolica e l’annesso convitto in cui vivevano 70 studentesse universitarie. Al posto del Santa Giuliana sono così rimaste “50 camere vuote- ha segnalato sempre LUnA- una scuola chiusa, insegnanti ed alunn* ricollocat*. Questa è la volontà della proprietà dell’Istituto: fare cassa perché il mantenimento dello stabile non era più sostenibile. A noi sorge una domanda: chi potrà permettersi di comprare e rimettere all’utilizzo questo stabile? Saranno cooperative di abitanti? Padroni illuminati o benefattori? Oppure saranno i soliti noti, holdings, capitali esteri, gruppi immobiliari, che abbiamo conosciuto e contestato più volte, pronti a speculare sulla pelle di chi ha bisogno di una casa?”.

Facciamo un passo indietro. Dopo l’annuncio della chiusura, le/gli avvocate/i della proprietà uscente hanno dichiarato che questa scelta era stata presa dal Capitolo generale della Congregazione a causa della crisi delle vocazioni, in conseguenza della quale le Mantellate non sono più presenti a Bologna da diversi anni: “Le attività erano state date in gestione come ultimo tentativo ma alla fine è stata presa la decisione sofferta di chiuderle, vendendo l’immobile”. Le/i bambine/i sono migrate/i in altre scuole pubbliche o paritarie, mentre per quanto riguarda le/i lavoratrici/ori (25 insegnanti tra materna ed elementare più cinque addette/i del convitto) si è aperta una vertenza sindacale che si è conclusa lo scorso luglio con un accordo che prevede l’attivazione della cassa integrazione, incentivi all’esodo e ipotesi di ricollocazione. E l’edificio? In primavera era emerso l’interesse da parte di un non meglio precisato acquirente: la proprietà uscente ha parlato di trattative a buon punto, rogito nei primi mesi del 2024 e successivi lavori di ristrutturazione. “Abbiamo insistito molto, perchè la congregazione ci teneva- hanno affermato le/i legali- che l’immobile continui ad essere utilizzato almeno per una delle due attività sempre svolte. Purtroppo non è stato possibile rispetto alla scuola, invece certamente sarà possibile rispetto al convitto”. La Congregazione “non ha e mai avrà alcun interesse a compiere un’operazione speculativa, perchè altrimenti avremmo accettato altre proposte sicuramente economicamente di gran lunga più vantaggiose”, hanno detto sempre le/i legali. Niente appartamenti, insomma.

Dunque, se le cose sono rimaste tali, associato alla vendita dell’edificio di via Mazzini 90 dovrebbe esserci il mantenimento di una struttura destinata ad ospitare studentesse/i. Ma con quali caratteristiche? Stanze capaci di dare una risposta alle/i tantissime/i studentesse/i per cui è diventato impossibile sostenere i costi abitativi della città o ennesimo studentato di lusso? Su questo, la proprietà uscente non ha certo sciolto i dubbi. Anzi: l’obiettivo era far sì che l’immobile “continuasse in qualche modo ad essere utile per il territorio, più di questo non ci potete chiedere di fare: quello che da parte nostra era doveroso fare lo abbiamo fatto e lo stiamo dimostrando”, hanno affermato le/gli avvocate/i, aggiungendo che la nuova proprietà “non stravolgerà l’immobile per fare altro” ma “più di quello non possiamo pretendere nè ottenere, non è giuridicamente possibile”. Forse, hanno concluso le/i legali di fronte alle domande su questo argomento, “non avete ben chiaro il concetto di proprietà privata”; e poi: inutile “fantasticare sul futuro, perchè nessuno di noi ha la sfera di cristallo o la bacchetta magica”.

Nel dubbio, intanto, l’immobile è stato occupato e il mercato resta fuori dalla porta. “Abbiamo una lista molto lunga di persone che al momento si trovano senza un letto sicuro– hanno spiegato le/gli attiviste/i nel giorno dell’occupazione- e sono pronte a venire a vivere qui con noi e a rendere questo stabile un hub di organizzazione per chi in questo momento si trova senza casa”. Tra queste ci sono “studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici precarie, persone migranti. La fascia sociale è più ampia che mai”, sottolinea il collettivo: “Vediamo anche la situazione al Cas di via Mattei qual è, con 800 persone nelle tende. Noi siamo aperti a tutti”. Scorrendo i vari messaggi che arrivano sui gruppi social di LUnA, c’è anche una coppia “che ha perso tutto nell’alluvione e cerca una stanza”.

All’interno dell’ex Santa Giuliana è stata aperta anche un’aula studio e l’obiettivo di fondo, insomma, è di “far sì che queste stanze non siano strumento della speculazione immobiliare, ma che siano restituite al tessuto sociale. A chi viene a Bologna per studiare, per lavorare, a chi il lavoro l’ha perso, a tutte quelle persone, quel precariato sociale, che compongono il vero tessuto sociale della città”. In questo senso, il collettivo si dice “disponibile a parlare con tutti: forze sociali, istituzioni, proprietà e via dicendo, perché questo stabile torni nella disponibilità della città e di chi cerca casa”.