Speciale

Sovraffollamento, pessime condizioni, pochi medici: ecco le carceri dell’Emilia-Romagna

Le strutture detentive della regione evidenziano un “alto tasso di presenze” e “diversi profili di criticità”, segnala l’associazione Antigone nel dossier redatto sulla base delle visite effettuate nel 2022 all’interno dei dieci istituti per adulti presenti in Emilia-Romagna e di quello per minorenni di Bologna: la fotografia complessiva e gli approfondimenti dedicati ai singoli penitenziari.

08 Febbraio 2023 - 15:27

“Elevati livelli di sovraffollamento”, celle con “mobilio vecchio, sprovviste di docce all’interno, prive di acqua calda”, casi di persistente e “grave” presenza di scarafaggi, istituti in cui si rileva “l’assenza di riscaldamento” ed una generalizzata “carenza di personale sanitario”. Ecco la fotografia delle carceri dell’Emilia-Romagna scattata grazie al dossier prodotto dall’associazione Antigone sulla base delle visite effettuate nel corso del 2022 all’interno dei dieci penitenziari per adulti presenti in regione e dell’istituto per minorenni di Bologna. Questa attività di monitoraggio, sintetizza Antigone Emilia-Romagna introducendo il rapporto, “ha consentito di rilevare alcune criticità comuni a tutti gli istituti; tra le più gravi si segnalano la carenza generalizzata di personale medico che incide notevolmente sulla qualità del quotidiano detentivo, anche a fronte dell’alto numero di detenuti presenti in regione (3.407 al 31 dicembre 2022), la carenza di funzionari giuridico-pedagogici con relative conseguenze in merito ai percorsi trattamentali o, ancora, le pessime condizioni strutturali riscontrate in alcuni degli istituti, tali da richiedere interventi di carattere straordinario”.

Le visite effettuate dall’associazione nel corso dell’anno appena terminato “hanno riguardato la totalità delle carceri per adulti presenti in regione- spiega Antigone- ovvero le case circondariali di Bologna, Ferrara, Modena, Piacenza, Reggio Emilia, Forlì, Ravenna e Rimini, la casa di reclusione di Parma e la casa di lavoro di Castelfranco Emilia oltre che l’Istituto penale per i minorenni di Bologna. In riferimento alle carceri per adulti, l’Emilia Romagna si conferma essere una delle regioni, quantomeno del nord Italia, con il più alto tasso di presenze: al 31 dicembre 2022 erano 3.407 i detenuti presenti in regione; tra questi 153 donne distribuite nelle cinque sezioni femminili presenti a Bologna, Modena, Piacenza, Reggio Emilia e Forlì e 1.660 stranieri. In merito alla posizione giuridica ben 2561 detenuti erano condannati in via definitiva”. Le carceri della regione presentano spesso “elevati livelli di sovraffollamento”, sottolinea Antigone, aggiungendo che “si riscontra un numero di presenze superiore alla capienza regolamentare negli istituti di Modena (387 presenze su una capienza di 369), Ferrara (319 su una capienza di 244), Bologna (738 su 500 posti), Rimini (137 su 112), Reggio Emilia (346 su 293), Parma (684 su 655)”.

Le strutture detentive “presentano diversi profili di criticità- continua il dossier- dovuti anche ai diversi circuiti presenti all’interno dei singoli istituti, che comportano evidenti conseguenze anche dal punto di vista dell’accesso alle offerte trattamentali se si considera, peraltro, l’alto numero di persone condannate in via definitiva (2561) in rapporto al numero di funzionari giuridico-pedagogici, spesso in sotto organico. E’ il caso, ad esempio, di Modena che a fronte di 229 definitivi al momento della nostra visita aveva a disposizione unicamente tre educatori, di Reggio Emilia (269 definitivi a dicembre ‘22), dove vi sono stati periodi durante i quali era presente un solo educatore, di Bologna, dove la storica insufficienza di funzionari giuridico – pedagogici è stata colmata solo a settembre, pur a fronte dell’alto numero di condannati in via definitiva (496 su 738 al momento del nostro ingresso), di Ravenna, con 50 definitivi e una sola operatrice. Le maggiori problematiche si riscontrano all’interno delle sezioni di media sicurezza ove, peraltro, è ristretta la maggior parte della popolazione detenuta. È all’interno di queste che si rilevano spesso condizioni strutturali peggiori, soprattutto all’interno delle celle che appaiono in molti degli istituti visitati caratterizzati da mobilio vecchio, sprovviste di docce all’interno, prive di acqua calda. Si tratta di istituti piuttosto datati, le cui carenze strutturali non sembrano poter essere sanate con meri interventi di manutenzione”.

É il caso, ad esempio, del carcere di Parma “ove al momento della visita- segnala Antigone- si registrava l’assenza di riscaldamento nelle sezioni di media sicurezza collocate all’interno del vecchio padiglione – lato B, del carcere di Reggio Emilia gravato da importanti problemi di infiltrazioni o ancora, del carcere di Rimini ove si confermano le cattive condizioni della sezione 1, occupata prevalentemente da detenuti condannati in via definitiva e perlopiù di origine straniera ma dove tuttavia dovrebbero iniziare dei lavori di rifacimento”.

Le visite del 2022 “restituiscono inoltre un ulteriore elemento di complessità- si fa presente nel rapporto- dovuto alla carenza di personale sanitario all’interno degli istituti. Si tratta di una criticità piuttosto generalizzata: è il caso degli istituti di Bologna ove ci veniva riferita l’insufficienza di medici e infermieri, di Ravenna caratterizzato da un grave sotto organico di personale e privo di un referente Ausl e, ancora, del carcere di Forlì dove si rilevava la stessa situazione, aggravata dal fatto che questo è l’unico istituto romagnolo dotato di un centro clinico strutturato, con copertura medica h24. Il tema della carenza di personale sanitario è spesso emerso nel corso dell’attività di monitoraggio svolta nel corso del 2022 e rispetto al quale appare necessario individuare soluzioni che permettano di garantire una adeguata copertura sanitaria ed un incremento in particolare del personale medico, considerato peraltro l’alto numero di persone attualmente recluse”.

Durante l’anno, infine, è stato visitato anche l’Istituto penale per i minorenni di Bologna “che ha visto raddoppiata la sua capienza regolamentare (da 22 a 40) senza che vi corrispondesse un parallelo adeguamento dell’organico, in particolar modo- scrivono le osservatrici e gli osservatori di Antigone- con riferimento al personale educativo, e tenuto conto dell’elevato tasso di presenze, anche a causa dell’invio di minori da altri territori, che ha determinato situazioni di vero e proprio sovraffollamento. Tali criticità hanno determinato serie difficoltà nella presa in carico dei detenuti e un conseguente generale aggravamento delle condizioni di sofferenza psichica”.

Per ogni ulteriore approfondimento, Antigone rimanda alle relazioni relative ai singoli istituti e riportate di seguito.

* * *

Modena (maggio)

Nel mese di maggio si è svolta la visita della Casa circondariale Sant’Anna di Modena. Al momento della visita la popolazione detenuta era nettamente superiore alla sua capienza regolare (369) nonostante il ripristino dell’agibilità degli spazi danneggiati nel corso delle rivolte del 2020: i detenuti uomini erano, infatti, 387 e le detenute donne erano 21.

Le attività trattamentali scolastiche e di formazione sono ridotte – in particolar modo l’offerta riservata alle detenute del reparto femminile – e gli educatori pochi (tre) nonostante l’alto numero di detenuti definitivi (229). Dal punto di vista strutturale, alcuni dei locali docce non versano in buone condizioni nonostante i recenti rifacimenti di gran parte dei reparti di istituto; le salette della socialità sono spesso spoglie e le finestre delle sezioni visitate sono tutte schermate. Negli interventi di rifacimento della struttura post-rivolta, sono stati anche potenziati gli spazi e le dotazioni riservate al comparto sanitario. Si segnala, altresì, la significativa presenza di psicologi in istituto (sono garantite 96 ore settimanali) e la presenza, molto limitata, dei medici psichiatri (14 ore settimanali).

Piacenza (maggio)

Nel mese di maggio abbiamo visitato la Casa Circondariale di Piacenza, che ospita in totale 334 persone detenute di cui 206 stranieri (62%), su 416 posti disponibili. Nell’istituto è presente una sezione femminile di circuito Alta Sicurezza, che al momento della visita ospitava 17 detenute (15 delle quali AS3), e l’unico Rop – Reparto di Osservazione Psichiatrica per gli uomini detenuti della regione Emilia-Romagna, con cinque posti.

Anche grazie all’impegno della nuova Direzione, gli spazi comuni sono stati tinteggiati e gli ambienti risultano curati in entrambi i padiglioni, tuttavia gli ambienti di quello nuovo, inaugurato nel 2014, sono decisamente più ampi e luminosi; inoltre le celle del vecchio padiglione non sono in buone condizioni e necessiterebbero di rinnovamento. Sono stati avviati alcuni progetti di formazione e lavoro sia per donne che per uomini, e una buona percentuale di persone detenute lavora alle dipendenze dell’amministrazione (151 tra uomini e donne). A partire dallo scoppio della pandemia, è stata adottata una modalità di sorveglianza per cui non è più permesso ai detenuti muoversi liberamente all’interno delle sezioni.

Ferrara (luglio)

Nel mese di luglio siamo state in visita presso la Casa circondariale “Costantino Satta” di Ferrara, ove erano ristrette 319 persone delle quali ben 284 condannate in via definitiva. Il carcere di Ferrara si caratterizza per l’alto numero di circuiti differenziati: si contano infatti cinque sezioni di media sicurezza, una sezione dedicata ai familiari di collaboratori di giustizia, una sezione per collaboratori di giustizia e una sezione di Alta Sicurezza 2.

L’istituto ha registrato fin dallo scoppio della pandemia, percentuali piuttosto basse di detenuti positivi al Covid-19. Continua ad essere mantenuta una modalità di custodia cd. a celle aperte, con la possibilità per i detenuti di muoversi liberamente all’interno delle sezioni. Appaiono buone le condizioni strutturali e buona appare anche l’offerta in tema di corsi scolastici, di attività culturali e ricreative e di formazione professionale. Tra gli elementi di criticità si segnala l’alto numero di trasferimenti che questo carcere subisce da altri penitenziari presenti in regione e fuori.

Bologna (luglio/settembre)

La casa circondariale “Rocco D’Amato” di Bologna al momento della visita (luglio) ospitava 738 detenuti (di cui 389 stranieri), a fronte di una capienza regolamentare di 500 posti. Sono stati assunti a fine settembre 3 funzionari giuridico pedagogici ad arricchire un organico del tutto insufficiente per le oltre 700 presenze e con un alto numero di detenuti con pena definitiva (483). Rimane insufficiente il personale di Polizia Penitenziaria (sono in servizio 435 agenti su 541 unità previste). Il caldo torrido estivo è stato particolarmente pesante per la popolazione detenuta che, oltre al sovraffollamento carcerario, ha dovuto fronteggiare anche quest’anno l’assenza di acqua al terzo piano. Persiste il grave problema della presenza di scarafaggi, in particolare al secondo piano, nonostante il potenziamento della disinfestazione. La situazione legata ai contagi da Covid-19 sembra sotto controllo: a fine luglio circa il 70% della popolazione detenuta era vaccinata con la terza dose. Stanno lentamente riprendendo i corsi e le attività trattamentali.

Nel reparto femminile, visitato a settembre con un secondo accesso, le donne recluse sono 76, 3 delle quali occupano gli spazi dedicati all’articolazione della salute mentale (reparto Girasole). Complessivamente la struttura appare in buone condizioni: i laboratori, gli spazi dedicati alla scuola, la palestra e il campetto sportivo, nonché la nuova sezione nido, recentemente inaugurata, appaiono ben tenuti. Tuttavia, nonostante le buone condizioni strutturali del femminile, la presenza di una bella ludoteca nella sezione nido, di un’area verde e delle nuove “casette” dedicate ai colloqui nell’area verde, al momento della visita i colloqui tra le detenute e i propri cari – compresi quelli con i bambini – si stavano svolgendo in una stanza piccola e spoglia, decisamente molto affollata e poco adatta, soprattutto per ospitare l’incontro con i minori.

Quanto all’area sanitaria, abbiamo registrato la grave carenza di organico di medici e infermieri. Ancora in corso il rifacimento e la riorganizzazione degli ambulatori specialistici che, una volta completati, costituirà un evidente miglioramento per l’offerta di cura del penitenziario.

Rimini (novembre)

Il 16 novembre siamo stati in visita alla Casa Circondariale di Rimini, un carcere di dimensioni medio-piccole (132 presenze, di cui circa 70 definitivi, seguiti da una sola educatrice), con una decisa vocazione trattamentale, resa possibile anche grazie ad un sempre più consistente coinvolgimento delle realtà territoriali e di volontariato.

A livello strutturale, anche quest’anno abbiamo riscontrato le pessime condizioni della sezione 1, nella quale sono ristretti detenuti definitivi e prevalentemente di origine straniera, anche se finalmente il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha messo a disposizione i fondi necessari al rinnovamento dei locali e alla ristrutturazione della ex sezione 6, individuata come nuovo polo per le formazioni. I restanti spazi, sia detentivi che destinati alle attività comuni, si presentano in condizioni decorose. Oltre alle sezioni ordinarie, è presente un reparto a custodia attenuata per 12 detenuti tossicodipendenti. Significativa l’incidenza della tossicodipendenza (circa 70 detenuti).

Ravenna (novembre)

La Casa Circondariale di Ravenna, visitata a novembre, è un piccolo istituto maschile, con 79 detenuti presenti su una capienza tollerabile di 85 posti. Il carcere presenta delle criticità a livello strutturale, legate alla ristrettezza degli spazi: le celle sono piccole e buie e i locali per le attività sono ritenuti insufficienti per lo svolgimento di tutto ciò che prevede la ricca offerta trattamentale dell’istituto; inoltre è presente un ballatoio al secondo piano, in cui la mobilità risulta decisamente limitata.

A fronte di un alto numero di persone con condanna definitiva (50 su 79), è presente una sola funzionaria giuridico-pedagogica, anche se i due operatori ex art. 80 garantiscono un apporto significativo in termini di gestione e copertura oraria. Incrementato di quattro ispettori il personale di polizia penitenziaria. Anche a Ravenna si segnala un grave sottorganico di medici e di infermieri: manca un referente Ausl del comparto e vi sono da dicembre solamente tre medici su cinque; le infermiere presenti a tempo pieno sono solo due.

Forlì (novembre)

Il carcere di Forlì, visitato a novembre, ospita 162 detenuti (su 180 posti), di cui 122 definitivi. Oltre alle sezioni comuni, ci sono una piccola e ben funzionante sezione femminile (20 posti), la sezione Oasi (protetti) e la sezione Orizzonti (dimittendi e autorizzati al lavoro esterno). L’istituto è collocato all’interno di una rocca medievale: la struttura è quindi vetusta e gli ambienti detentivi inadeguati. Gli spazi esterni appaiono davvero sacrificati.

Nonostante i limiti strutturali, l’offerta trattamentale è consistente, con una partecipazione significativa di realtà produttive e associative del territorio. Si registrano livelli crescenti di conflittualità attribuiti ai trasferimenti in ingresso di detenuti problematici (diagnosi psichiatriche e disturbi comportamentali). Uno stato di grave crisi è riferito al pesante sotto-organico di medici, anche in considerazione del fatto che Forlì è l’unico istituto romagnolo dotato di un centro clinico strutturato, con copertura medica h24. Problematiche anche le carenze di organico della polizia penitenziaria, aggravate da tassi di malattia molto elevati degli agenti. Inoltre si registra la mancata attivazione, per la prima volta, dei corsi di scuola media e superiore.

Reggio Emilia (dicembre)

Il carcere di Reggio Emilia, visitato a dicembre, è un istituto di dimensioni contenute (346 detenuti) ma ad alta complessità: presente l’Articolazione per la Tutela della Salute Mentale (ATSM, unica in Regione per gli uomini, con 47 posti totali), una sezione per persone transgender (11 persone) e una sezione femminile (12 persone), suddivisa a sua volta in un reparto per detenute comuni e uno per l’alta sicurezza (AS3) e congiunte dei collaboratori di giustizia (c.d. Sezione “Z”). Tale frammentazione (e il numero esiguo di persone ristrette in alcune sezioni) ostacola un’equilibrata distribuzione delle risorse, soprattutto in termini di opportunità trattamentali e di spazi. Assolutamente carente, l’offerta destinata a donne e trans, sia per quanto riguarda l’istruzione (non sono attivi corsi scolastici), la formazione e il lavoro, che per le altre attività ricreative.

Ci viene riferito che la presenza dell’ATSM comporta il trasferimento in istituto di un elevato numero di persone con disagio mentale provenienti da tutta Italia, caratterizzando anche la composizione della popolazione detenuta comune. Il numero di Trattamenti Sanitari Obbligatori (extra-ospedalieri) eseguiti negli ultimi due anni è notevolmente più alto rispetto alla media regionale, anche considerando la presenza della ATSM. La grave carenza di funzionari giuridico-pedagogici (tra luglio e novembre 2022 ne era in servizio uno sui cinque previsti, a fronte dell’alto numero di detenuti condannati in via definitiva, 269) ha avuto delle conseguenze particolarmente significative nella gestione dei programmi di trattamento. Ci viene comunicato che il Magistrato di Sorveglianza ha fatto un solo ingresso in istituto negli ultimi tre anni, a marzo 2020 (dopo la rivolta) e quattro collegamenti video nel 2020, quattro nel 2021 e due nel 2022. A livello strutturale l’istituto continua a presentare un grave problema di infiltrazioni e manca l’acqua calda in tutte le celle, nonostante siano attivi progetti di riqualificazione degli ambienti.

Parma (dicembre)

La Casa di reclusione di Parma, unico carcere di massima sicurezza della regione Emilia Romagna, visitata a dicembre 2022, ospita diversi circuiti: media sicurezza, alta sicurezza (AS3 e AS1), reparto SAI (Servizio di assistenza intensivo), reparto “Crupi” (ove sono ristretti detenuti paraplegici) e 41 bis. I detenuti sono 684, di cui 228 stranieri, quasi esclusivamente concentrati in media sicurezza.

All’interno delle sezioni di media sicurezza e in particolare in quelle collocate all’interno del vecchio padiglione (sei sezioni) si riscontrano pessime condizioni strutturali, con problemi di infiltrazione che rendono insalubri gli spazi e un generale clima di abbandono, in specie nelle tre sezioni dell’ala B del padiglione, ove continua a registrarsi la mancanza di riscaldamento, problema sollevato anche dal Garante regionale nelle settimane precedenti alla nostra visita.

Nella sezione 3B, che appare destinata alla popolazione detenuta più marginale, abbiamo riscontrato almeno tre celle con infiltrazioni di acqua dal tetto e muffe diffuse: le celle sono state chiuse nel corso della nostra visita con il ricollocamento altrove dei detenuti lì alloggiati. A livello strutturale, anche le celle del reparto “Crupi” appaiono poco curate. Diversa la situazione dell’alta sicurezza ove pare esserci un clima maggiormente disteso e, in generale, una cura maggiore degli spazi. Buone invece le condizioni strutturali del nuovo padiglione dedicato alla media sicurezza, anche se mancano gli spazi per le attività, che vengono quindi svolte al vecchio padiglione. L’istituto ha visto l’arrivo di un direttore incaricato solo a settembre 2020 dopo un’assenza di circa dieci anni e manca la figura di un vice-direttore. Anche l’area educativa ha visto per alcuni periodi la presenza unicamente di uno o due operatori giuridico-pedagogici; di recente, sono stati assunti nuovi educatori per un totale di 6. Si segnala, infine, l’assoluta scarsità di opportunità di formazione professionale e lavoro, in particolar modo per la media sicurezza.

Castelfranco Emilia (dicembre)

La casa di reclusione a custodia attenuata di Castelfranco Emilia, visitato a dicembre 2022, un istituto a vocazione fortemente trattamentale. Presenti 37 detenuti e 40 internati, per un totale di 77 persone, di cui 15 stranieri. Da metà gennaio è prevista l’apertura di una nuova sezione, che aumenterà di una trentina i posti dedicati alla custodia attenuata. Il clima generale appare disteso e collaborativo tra le diverse aree (trattamentale, sanitaria e sicurezza).

Gli spazi comuni (interni e esterni) e le celle appaiono in buone condizioni. Ricca l’offerta trattamentale e lavorativa, buoni i rapporti con il comune e con la realtà territoriale. Notevole l’azienda agricola, con terreno di 22 ettari ed ampie serre, che impiega una quindicina di persone, destinatarie anche di corsi di formazione professionalizzanti (agricolo, biologico, guida trattore e muletti). Oltre agli ortaggi, l’azienda agricola produce vino, miele e candele, che vengono venduti al mercato cittadino.

Istituto Penale per Minorenni “Pietro Siciliani” di Bologna (luglio/novembre)

L’istituto penale minorile di Bologna, visitato in luglio e novembre 2022, ha visto raddoppiare la capienza regolamentare tra ottobre 2021 e gennaio 2022 (da 22 a 40). A tale ampliamento non è corrisposto un parallelo adeguamento dell’organico: l’area educativa è stata integrata solo da un esperto pedagogista (per un totale di quattro educatori e due esperti pedagogisti) e la polizia penitenziaria ha visto l’assegnazione di ulteriori sette unità rispetto alle pregresse 41 effettive. I referenti di ciascuna area denunciano che in ragione della contrazione proporzionale del personale, il sistema è attualmente incapace di rispondere alle esigenze del singolo detenuto, e segnalano altresì un generico e preoccupante aggravamento delle condizioni di sofferenza psichica in associazione a farmaco-dipendenza, soprattutto con riferimento alla fascia più giovane dell’utenza. Ha risposto più positivamente l’area sanitaria (ASL), garantendo una maggiore copertura del medico di base, dei servizi di supporto psicologico, neuropsichiatria infantile, psichiatria adulti, SERT e medici specialisti.

In ragione di fattori endogeni, quali la chiusura dell’IPM di Treviso e il sovraffollamento degli istituti minorili di Milano e Torino, l’istituto di Bologna è interessato da numerosi ingressi disposti da altri territori; al sovraffollamento che ne deriva (attribuito anche ad un trend di aumento delle disposizioni di custodia cautelare nelle carceri minorili, rispondenti a un allarme sociale intorno a fenomeni di delinquenza giovanile e baby gang) e al mancato reperimento di Comunità educative e terapeutiche in Emilia-Romagna, l’istituzione risponde con trasferimenti fuori territori, soprattutto nel Sud Italia.

Gli stessi funzionari segnalano che nemmeno la struttura, instaurata nel complesso di un ex Convento del Quattrocento, sembra pronta a reggere la riapertura del secondo piano, dal punto di vista della sicurezza. Sono i referenti delle aree, e alcuni detenuti che hanno attraversato la trasformazione, a riferire con preoccupazione che le conseguenze più tangibili hanno investito negativamente i percorsi individuali dei minori e giovani adulti reclusi presso l’IPM di Bologna, riflettendosi in una grave diminuzione qualitativa dell’offerta educativa.