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Otto marzo, “lo sciopero per chi crede che unite siamo più forti”

Finalmente un’intera giornata di mobilitazione, dopo due anni condizionati dalle limitazioni anti-Covid. Al mattino manifestazione in piazza Maggiore, poi il corteo pomeridiano, preceduto da due concentramenti studenteschi. Diverse le iniziative di avvicinamento.

02 Marzo 2022 - 11:40

Torna lo sciopero generale transfemminista dell’otto marzo promosso da Non una di meno e finalmente nella sua formula di piazza più completa, dopo due anni di forti limitazioni dovute alla pandemia da Covid-19.  Sui posti di lavoro lo sciopero è stato proclamato da Slai, Usb, Cub, Cobas, Si Cobas e Usi-Cit. Due le manifestazioni previste: la prima è dalle 9 alle 12 in piazza Maggiore. Alle 17 invece è previsto un corteo, con partenza in piazza XX Settembre: per raggiungerlo, sono stati inoltre convocati due concentramenti studenteschi, alle 15 da piazza Verdi e alle 16 da piazza dell’Unità.

“Siamo donne, persone lgbt*qia+, lavoratrici, disoccupate, delegate sindacali, migranti, sex workers attive nel movimento transnazionale Non Una di Meno“, si legge nel comunicato di indizione, “due anni di pandemia hanno colpito duramente le nostre condizioni di vita e di lavoro e sentiamo il bisogno di dire perché, anche se oggi è più difficile organizzarsi, crediamo che il nostro sciopero contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere – che continua ad aumentare tutti i giorni – sia ancora più urgente. Troviamo insieme modi per farlo: lo sciopero femminista e transfemminista è per tutte e tuttə. Ci rivolgiamo alle lavoratrici e alle delegate sindacali, alle precarie con contratti a chiamata e bonus insufficienti per sopravvivere, costrette a non alzare la voce perché da quel lavoro dipende la possibilità di pagare l’affitto. Prima della pandemia ci siamo organizzate insieme per portare in ogni posto di lavoro la lotta contro la violenza patriarcale e spingere i sindacati a proclamare e organizzare lo sciopero. È stata da subito una grande sfida perché a causa della nostra precarietà scioperare ci espone al rischio di perdere anche le briciole di salario o di trovarci a gestire un aumento del carico di lavoro a nostre spese. Ora la situazione è ancora più complicata: aziende o cooperative di servizi hanno approfittato della pandemia per licenziare o cambiare i turni, che sono diventati ingestibili soprattutto per le donne madri. Nelle scuole e negli ospedali il lavoro è diventato senza fine. La transizione ecologica sta diventando il pretesto per licenziare ancora di più, mentre non risolve lo sfruttamento dell’ambiente e del nostro lavoro. Portiamo le ragioni dello sciopero nei luoghi di lavoro, organizziamolo insieme. Se l’interruzione dal lavoro non è fattibile, individuiamo insieme i modi perché quella giornata sia un momento di costruzione di forza e di condivisione. Lo sciopero dell’8M è per chi crede che unite siamo più forti”.

Prosegue il testo: “Ci rivolgiamo alle donne che sono state licenziate, che hanno dovuto lasciare il lavoro o sono state obbligate al part-time o allo smart-working perché a causa della pandemia e in assenza di servizi hanno dovuto occuparsi più di prima di figlie, figlə, anziani. Noi abbiamo scelto di chiamare sciopero la nostra lotta per dire che non vogliamo essere sfruttate due volte, dentro e fuori casa, mentre la casa diventa un luogo sempre più violento. Sappiamo che nessuna di noi è disponibile ad accettare questo ritorno obbligato a casa, e crediamo sia necessario più che mai esporre questo rifiuto collettivamente superando le difficoltà di comunicare, organizzarsi, lottare. Lo sciopero dell’8M è per chi vuole rompere l’isolamento. Ci rivolgiamo alle donne e persone Lgbt*qia+ di ogni età, a tutte e tuttə coloro che oggi – per la loro anzianità, per problemi di salute, perché hanno pensioni bassissime nonostante per anni hanno lavorato dentro e fuori casa, per la loro disabilità – sentono tutto il peso dei tagli al welfare e dell’incapacità di una sanità pubblica devastata dalle privatizzazioni, ma continuano a lottare per conquistare la possibilità di avere risposte ai propri bisogni. L’8M è l’occasione per recuperare insieme che è necessario per il nostro benessere e la nostra autodeterminazione. Ci rivolgiamo alle persone lgbtqai+ che nell’ultimo anno hanno subito ancora più pesantemente la violenza delle istituzioni che, appoggiate da un sedicente femminismo, hanno affossato una legge già di per sé insufficiente. La pandemia ha ristretto gli spazi del supporto e del riconoscimento reciproci, ma non ha soffocato i nostri desideri. I ruoli di genere che ci vengono imposti prevedono anche una sessualità normativa che non ci rappresenta. Per questo vogliamo costruire insieme l’8M e scendere in piazza in tante e tantə. Lo sciopero femminista e transfemminista è anche sciopero dei e dai generi. Ci rivolgiamo alle studentesse e student* che da più di due anni stanno lottando per poter avere un’istruzione che apra possibilità di autodeterminazione e non solo un destino precario, e contro le politiche pandemiche che hanno trattato la scuola come qualcosa di irrilevante, che si può interrompere in ogni momento mentre la produzione deve andare a tutti i costi. Sappiamo quanto è pesato l’isolamento della didattica a distanza sulle vite di tutte e tuttə, quanto ha aumentato la difficoltà di sentirsi e liberə da situazioni familiari opprimenti e dal peso delle disuguaglianze sociali. L’8M è per chi in tutte le scuole sta lottando per liberare l’istruzione dalle disuguaglianze, per chi vuole un’educazione che finalmente riconosca la ricchezza delle nostre differenze. Ci rivolgiamo alle donne migranti: sappiamo che i licenziamenti fanno ancora più paura quando bisogna rinnovare il permesso di soggiorno. Sappiamo che questo ricatto costringe ad accettare condizioni di lavoro molto pesanti, o rapporti con uomini violenti. Sappiamo che non avere i documenti rende quasi impossibile ribellarsi, soprattutto se si lavora nelle case giorno e notte. Conosciamo le lotte quotidiane per non dover sopportare tutto questo in silenzio. L’8M è l’occasione per gridare insieme che non è possibile porre fine alla violenza se il razzismo continua. Lo sciopero femminista e transfemminista è per noi che non sopportiamo il razzismo e la violenza dei confini. Ci rivolgiamo anche agli uomini che riconosco l’urgenza e il valore della nostra lotta, affinché l’8M si astengano dal lavoro produttivo per assumersi la responsabilità e il carico del lavoro di cura di altre, garantendoci partecipazione e protagonismo nelle piazze che promuoviamo. Noi continuiamo a parlare di sciopero anche se portare questa lotta femminista e transfemminista nei posti di lavoro non è mai stato facile, e oggi è ancora più complicato perché tante di noi un posto di lavoro non ce l’hanno più, lavorano in casa, o non sono nemmeno riconosciute come lavoratrici. Ma lo sciopero femminista e transfemminista non è mai stato e non è soltanto interruzione della produzione o dei servizi, anche se rimane un nostro obiettivo bloccarli per fare sentire in questo modo tutta la nostra forza contro la violenza patriarcale. Lo sciopero femminista è l’occasione che abbiamo per ribellarci contro l’oppressione, per mettere in collegamento le diverse condizioni in cui viviamo e conquistare la forza di dire che non vogliamo più essere vittime o solo numeri nelle statistiche della violenza, dei femminicidi, della disoccupazione, della povertà. Nessuno parlerà per noi, dobbiamo parlare in prima persona. L’8M dimostriamo che non siamo sole e solə, che siamo una forza collettiva. Facciamo in modo che partecipi chiunque non vuole più subire violenza, povertà, razzismo. Ne siamo convinte: lo sciopero femminista e transfemminista è per tutte e tuttə. L’8M può essere un grande momento per far sentire la nostra rabbia, i nostri bisogni, le nostre richieste. Insieme a quelli di tante e tantə che in tutto il mondo, quello stesso giorno, sciopereranno e scenderanno nelle piazze insieme a noi. Con amore e rabbia”.

Diverse le iniziative di avvicinamento. Tra quelle già annunciate, questa sera alle ore 19 in via Zamboni un incontro promosso dal Laboratorio Cybilla dal titolo Non siamo taglie uniche: “In un’università in cui ci sono sempre meno spazi fisici e di discussione, in cui ci vengono propinati saperi dati e cristallizzati, in cui i nostri corpi e i nostri comportamenti vengono costantemente normati, come Laboratorio su generi e transfemminismi abbiamo sentito negli scorsi mesi e continuiamo a sentire la necessità di riappropriarci di questi spazi. Per noi è impellente continuare a costruire saperi dal basso femministi e transfemministi, mostrarci in tutte le nostre varietà e diversità, parlare di tutti quei corpi che sono costantemente invisibilizzati”. E continua: “Fin da quando siamo piccolə ci troviamo a dover fare i conti con una continua rappresentazione normata e standardizzata dei nostri corpi. Il modello del corpo perfetto è sempre stato quello che la società eteropatriarcale in cui viviamo raffigura come magro, alto, snello, pulito, senza peli, senza cellulite. Tutti gli altri corpi non sono dunque rappresentatibili, o, se lo sono, solamente in una modalità eccezionale o denigratoria. L’estetica del corpo bello contro quello brutto, della cura di sé contro la sciatteria, sono sempre stati i cardini che la norma eteropatriarcale ha portato avanti in diversi ambiti della vita di tutti i giorni: dalla rappresentazione mediatica alle pubblicità, per citarne solamente alcuni. Nell’era del pink washing il progressismo istituzionale è arrivato solamente a dirci che “dobbiamo accettarci così come siamo, nonostante…: sappiamo però che accettarci nonostante non è ciò che vogliamo, ciò che pretendiamo è di essere liberə di essere chiunque siamo, senza nascere e crescere nel costante paragone del nostro corpo con quello dell’altrə e dello stereotipo, del mantra che inculca che ciò che è bello e magro è buono e sano. Vogliamo quindi porre al centro tutti quei corpi non conformi agli standard estetici imposti dalla società, come i corpi grassi, vecchi e disabili che sono costantemente invisibilizzati e derisi. Sappiamo quanto ancora la grassezza sia un mezzo tramite il quale la società continua a schernire le persone grasse arrivando anche a normalizzare episodi di denigrazione o di aggressione. Per questo sentiamo la necessità di approfondire il tema della grassofobia e dello stigma che ne consegue al quale contrapponiamo i nostri corpi non conformi per riaffermare che non siamo invisibili, e vogliamo attraversare spazi fisici e non solo inneggiando alla libertà di essere”.

Domani, giovedì 3 marzo, alle 18,30 in Piazza Scaravilli, il collettivo La mala Educaciòn chiama “un’assemblea pubblica aperta a tutta la comunità accademica, per costruire un momento di confronto verso lo sciopero femminista e transfemminista” aggiungendo che “gli ultimi due anni hanno profondamente cambiato le nostre condizioni di vita, di studio e di lavoro. La Dad e lo smart working hanno aumentato il carico di lavoro nelle nostre case, i luoghi della formazione continuano a perpetrare un sapere misogino ed eterocispatriarcale che esclude le soggettività dissidenti dalla storia, lo studio delle pratiche abortive, gli studi di genere. La ricerca accademica continua a seguire le esigenze del mercato, mentre le nostre vite sono intrappolate nel dogma del merito e della prestazione”.

Sempre per domani presso il Vecchio Son di via Sacco 14, alle 17, Osa promuove un dibattito “verso un 8 marzo di lotta”. Scrive Osa: “Precarietà, oppressione e sfruttamento sono la conditio sine qua non se si parla di futuro delle giovani donne in Italia e in Europa. Una posizione sistemica di subalternità aggravata dalle condizioni materiali di crisi sanitaria, economica e ora anche da una guerra entro i confini europei, non fanno che alimentare la necessità di prendere parola su cosa voglia dire per noi oggi emancipazione di genere. Non saremo serve del mercato e degli standard di competizione e auto-realizzazione dell’Unione europea, ma studentesse, studenti, giovani in lotta al fine di ribaltare dalle fondamenta un sistema marcio, deformato in ogni sua espressione.”

In attesa dell’8 marzo, anche La Casona di Ponticelli promuove una “giornata internazionale delle donne”, un momento per ricordare “insieme le donne che hanno lottato per ‘creare un mondo più bello, immaginando una nuova toponomastica che tragga ispirazione dalle loro vite e dal loro l’attivismo!”. L’iniziativa è prevista per il 5 marzo alle 10,30 in piazza Calori a San Pietro in Casale.

Il Laboratorio Cybilla, La Mala educaciòn, Scuole in lotta e Split chiamano per l’8 marzo un preconcentramento in zona universitaria, in piazza Verdi, alle ore 15, per raggiungere la piazza di Non Una Di Meno: “Come studentess3 dell’università, giovani precari3, lavorator3, studentess3 delle scuole sentiamo la necessità di far sentire la nostra voce durante lo sciopero dell’8 marzo nelle strade, nelle piazze e nelle aule che attraversiamo ogni giorno con i nostri corpi. Ci vediamo fin dalla mattina in zona universitaria: blocchiamo la produzione e la riproduzione e facciamo sentire il nostro grido altissimo e feroce!” E continua: “Pensiamo sia impellente costruire una giornata di sciopero da un’università che sempre di più costituisce un luogo di produzione e riproduzione delle istanze capitaliste, siamo stanch3 di dover continuare a sottostare a continue pressioni, ricatti e scadenze. La progressiva aziendalizzazione dell’università e della scuola, così come il mondo della formazione tutto, continua a pesare sulle nostre vite: a tutti gli effetti costituiamo la parte di lavorator3 non salariat3 e per questo sfruttat3. Insieme a studentess3 delle scuole costituiamo tutta quella fetta di precariato giovanile a cui non è data la possibilità di immaginarsi un presente e un futuro ed è per questo che sentiamo l’esigenza di far scaturire tutta la nostra rabbia. Bloccheremo quello il quello che è il motore del mondo della formazione: l’università! Caratterizzeremo la zona universitaria con le nostre presenze multiformi e dirompenti per sottolineare che le strade, le piazze, le aule sono rese safer dalle soggettività che le attraversano. Interrompiamo la riproduzione del patriarcato all’interno della nostra università e delle nostre scuole – rompiamo la norma, spezziamo il disciplinamento, abbattiamo lo stereotipo!”.

Sempre l’8 marzo nuovamente Osa chiama una mobilitazione con concentramento in piazza dell’Unità alle ore 16 per raggiungere la manifestazione lanciata da Non Una Di Meno in piazza XX settembre. Scrivono le studentesse e gli studenti: “Rifiutiamo il ruolo che la ristrutturazione capitalista vuole assegnare a noi giovani, attraverso il pnrr e il Next generation Eu, incentivando le ragazze a intraprendere percorsi formativi professionalizzanti nelle materie stem, a mettersi in competizione tra di loro per diventare la self-made-woman del futuro, e poter liberamente realizzarsi nell’élite degli sfruttatori e dei potenti. Ci siamo stancate di questa politica paternalistica e falsamente progressista che crede di poter migliorare la condizione delle donne tingendo di rosa la retorica dell’imprenditorialità e parlando di empowerment femminile”. E continua: “Ci siamo stancate di un femminismo che non mette in discussione i rapporti di oppressione e sfruttamento imposti dal capitalismo. Il mercato e le imprese sono i primi nemici delle donne, non il loro mezzo di emancipazione. Non esiste una liberazione dall’oppressione di genere che sia individuale: è necessaria una lotta che metta in discussione l’intero modello di sviluppo attuale insieme ai rapporti patriarcali che ha storicamente sussunto”.