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8 marzo: “Lo sciopero femminista non si arresta”

Striscioni e cartelli nei punti più visibili della città per la giornata di agitazione indetta da Non una di meno contro “violenza, razzismo e sfruttamento”. Tanti messaggi affissi sui muri anche dai collettivi universitari. Sgb e Usb scioperano e tengono due diversi presidi, in Prefettura e davanti alla sede di Legacoop.

08 Marzo 2021 - 15:47

“Lo abbiamo detto all’indomani della proclamazione della zona rossa a Bologna: non possiamo rinunciare allo sciopero femminista e transfemminista e per questo ci siamo organizzate!” Sono le parole affidate a un comunicato diffuso da Non una di meno Bologna per lo sciopero dell’8 marzo, corredato di foto di numerosi striscioni appesi nei luoghi più attraversati della città, come i ponti Matteotti e Stalingrado, porta Lame, porta San Felice, porta San Vitale, piazza dell’Unità e la zona universitaria. Uno è stato affisso anche nei pressi dell’ex-mercato di via Fioravanti 24. Fra i messaggi: “Essenziale è il nostro sciopero”, “Femminismo è antirazzismo”, “Lotto tutti i giorni”, “Educate al consenso, non alla conquista”.

Spiega il collettivo: “La giornata dell’8 marzo comincia con le diverse forme di sciopero che donne, frocie, lesbiche, trans, migranti hanno messo in pratica per fare sentire la propria rabbia contro la violenza, il razzismo e lo sfruttamento dentro e fuori casa che la pandemia ha reso sempre più intensi. Oggi ‒ grazie alla copertura dello sciopero garantita dai sindacati di base che hanno risposto alla chiamata di Non Una di Meno – hanno scioperato ancora una volta le operaie migranti di Yoox, da mesi in lotta contro un’azienda che impone turni impossibili alle lavoratrici madri, costringendole a fare i salti mortali per potersi occupare di figlie e figli; hanno scioperato le operatrici sociali ed educatrici delle cooperative organizzando un presidio di fronte a Lega Coop, perché sono stanche di vedersi chiedere condizioni di lavoro impossibili nella gestione pandemica di asili e scuole, senza avere in cambio nessuna garanzia contrattuale e salariale. Hanno manifestato la propria partecipazione allo sciopero le insegnanti e docenti universitarie in DAD, che anche di fronte all’impossibilità di interrompere il lavoro – dovuta alle limitazioni imposte dalle nuove regole sugli scioperi – hanno organizzato lezioni dedicate allo sciopero femminista e transfemminista e alle sue rivendicazioni, oppure forme di ‘disconnessione’ da un’attività online diventata onnipervasiva e sempre più difficile da gestire insieme al lavoro riproduttivo e di cura. Ha aderito allo sciopero femminista e transfemminista la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, che da anni – e con ancora più ostinazione dall’inizio della pandemia – crea le condizioni perché le donne possano sottrarsi alle relazioni violente e conquistare la propria autonomia. Hanno organizzato presidi spontanei le mamme, che si sono trovate da un giorno all’altro con le scuole e gli asili chiusi, e che non intendono essere quelle che, con il loro lavoro di cura considerato naturale e scontato, devono farsi carico degli effetti di un governo della pandemia che chiude le scuole per tutelare la continuità delle attività produttive nonostante la crescita del contagio”.

Continua il comunicato: “Ognuna di queste azioni, e tutte quelle che ciascuna di noi ha messo in campo singolarmente sui social, sulle piattaforme digitali e in ogni luogo possibile, a Bologna come in decine di città in tutto il mondo, è parte dello sciopero femminista e transfemminista globale che abbiamo voluto rendere visibile anche in città appendendo su tutte le porte striscioni con le nostre parole d’ordine. In una situazione in cui l’unica mobilità consentita è quella che ci viene concessa per andare al lavoro, abbiamo scelto di muoverci in città per dire chiaramente che c’è un movimento che non si ferma neppure con la pandemia e con le restrizioni: un movimento che vive nella lotta di ogni donna che pretende di liberare il proprio tempo da un lavoro ormai totalizzante, in ogni migrante che rifiuta razzismo e sfruttamento, in ogni persona Lgbtq*ia+ che non accetta che la risposta alla propria libertà sia la violenza. Lo sciopero femminista e transfemminista vive nelle lotte e – mai come ora – per noi è essenziale!”.

In occasione dello sciopero femminista dall’Università si leva la voce del collettivo La Mala educacion, che ha attaccato manifesti e striscioni sotto i portici di via Zamboni e che scrive in un comunicato: “Oggi anche l’Università aderisce allo sciopero transfemminista globale chiamato dal movimento Non una di meno. Quest’anno il collettivo la Mala Educación mette al centro della mobilitazione universitaria gli effetti drammatici che la crisi pandemica ha avuto sul mondo della formazione e sulla comunità universitaria”. In particolare, spiegano, “i luoghi della formazione sono stati completamente abbandonati durante l’ultimo anno. La didattica a distanza ci ha fatto sentire più sole e isolate e lavorare in smartworking ha raddoppiato il carico di lavoro di molte lavoratrici in università che hanno dovuto occuparsi anche del lavoro di cura. È una situazione che denunciamo da sempre, ma che la pandemia ha fatto esplodere a causa del rallentamento o del venir meno di molti servizi educativi e di assistenza. Per questo oggi abbiamo deciso di praticare la disconnessione dalla didattica e dal lavoro, invitando professor@ e student@ a disconnettersi dalla DAD mettendo in sovrimpressione il banner dello sciopero e in alternativa a dedicare un momento di riflessione sulla giornata, come molt@ professor@ faranno”. Altro tema è quello degli spazi autogestiti, dato che “nel pieno della seconda ondata a novembre 2020 la governance universitaria ha deciso di chiudere l’unico spazio transfemminista in università : la consultoria la MalaConsilia che il collettivo aveva aperto nel 2019. In questo spazio noi attiviste svolgevano anche una essenziale attività di sportello di ascolto e mutuo aiuto per il contrasto a tutte le forme di violenza di genere dentro e fuori l’Università. Attività in questo periodo ancora più essenziale. Anche per questo oggi ci stiamo mobilitando e continueremo la nostra battaglia per ottenere un nuovo spazio”.

Anche il Laboratorio Cybilla ha affisso striscioni e cartelli in zona universitaria: “Oggi #8m abbiamo fatto vivere dalla mattina la zona universitaria delle nostre rivendicazioni.  Tutto il giorno attraverseremo la città con le nostre istanze femministe e transfemministe con Non Una Di Meno Bologna”.

Per l’8 marzo Resistenze in Cirenaica ha invece dato vita a un’azione di guerriglia odonomastica, intitolando alcune vie del rione Cirenaica a donne che hanno combattuto il fascismo e il colonialismo: “Una brigata di banshee infesta le strade del rione Cirenaica. Sono i fantasmi delle donne che si sono battute per la libertà, contro il fascismo e il colonialismo. Chiedono a gran voce di essere riconosciute e ricordate al fianco dei partigiani caduti per la Liberazione. L’8 marzo, percorrendo le vie della contrada ribelle potrete imbattervi nelle tracce delle loro scorribande. Sono solo alcune delle tante donne che compongono questa fantastica formazione meticcia di combattenti e arrivano in supporto alle compagne della “Piazzetta delle Partigiane” (un piccolo giardino in via Musolesi), che l’inopportuno e goffo cartello ufficiale continua a chiamare in un altro modo (piazzetta degli Umarells, ndr)”. Le strade sono state intitolate a Violet Gibson, Sylvia Pankhurst, Kebedech Seyoum, Lekelash Bayan, Vinka Kitarović, Tolmina Guazzaloca e Adalgisa Gallarani.

Fra le iniziative sindacali, Sgb (che come altri sindacati di base ha indetto la giornata di sciopero) ha tenuto in mattinata un presidio davanti alla Prefettura. Vaccini, permessi, fondi per nidi e scuole e centri antiviolenza sono le proposte che il sindacato ha portato a un incontro accordato dal capo di Gabinetto del sindaco e dal viceprefetto alla rappresentanza di Sgb: “Queste sono giornate drammatiche nella nostra città, a distanza di un anno il virus si sta propagando velocemente e gli ospedali, ancora una volta, sono al limite della tenuta con le terapie intensive piene. La responsabilità è in primis di una classe dirigente che ha voluto tenere aperti i luoghi di lavoro a tutti i costi e dove si applicano protocolli per la sicurezza ridicoli (sottoscritti con cgil,cisl e uil), una classe dirigente che non ha modificato nulla per ciò che concerne la sanità pubblica, la scuola e i mezzi di trasporto collettivo .Nonostante questa pesante situazione, non abbiamo mai smesso di lottare dandoci come obbiettivo la massima sicurezza sanitaria ed economica per tutte/i , eliminando profitti e disuguaglianze.Oggi a tutti questi motivi si aggiunge la denuncia e l’opposizione alle pulsioni autoritarie insite nell’agire di questa classe dirigente che vorrebbe utilizzare l’emergenza da loro stessi coltivata, per impedire lotte e protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Anche Usb ha aderito allo sciopero e in città ha organizzato un presidio delle lavoratrici del sociale quali educatrici, operatrici sociali, OSS e assistenti sociali. Il presidio si è tenuto in mattinata davanti alla sede di Legacoop e il sindacato di base su Facebook ha pubblicato alcune fotografie dell’iniziativa con il messaggio: “Basta lavoro povero, basta scaricare i costi della riproduzione sociale sulle donne, basta sfruttamento!”.