Il Comune l’ha acquisita per le opere del pittore, ma ora il museo si farà altrove e per l’immobile di via Azzo Gardino, abbandonato dallo sgombero del 2003 insieme al grande cortile, non c’è un vero progetto e all’orizzonte si affacciano i privati. Il sindaco ostenta idee chiare un po’ su tutto: e su questo?
Come in una versione bolognese del Monopoli, nelle ultime settimane il Comune ha annunciato un vero e proprio valzer di palazzi, opere d’arte e musei. Ma se a qualcuna/o dovesse girare la testa, tranquille/i, un punto fermo (è il caso di dire) c’è: il destino della Palazzina Magnani di via Azzo Gardino, che pure rientra nell’ultima girandola di novità, resta avvolto dalla nebbia. Questo quando ormai il periodo di inutilizzo e abbandono dell’edificio ha ormai abbondantemente superato il ventennio: un oblio interrotto solo da due occupazioni, quella da cui partì il percorso di Vag61 nel 2003 e poi la più recente incursione temporanea targata Infestazioni del 2022.
E’ una vicenda di cui questo giornale si è già occupato più volte. Vale la pena ricordare, però, che prima dell’occupazione del 2003 lo stabile di proprietà pubblica, un tempo adibito a Dopolavoro dei Monopoli di Stato, era già rimasto inutilizzato per alcuni anni. Poi, dopo l’intervento delle forze dell’ordine, l’ennesimo caso a Bologna di uno spazio sgomberato e poi di nuovo consegnato alla polvere, con buona pace dei progetti che puntualmente vengono sbandierati quando c’è da interrompere un’esperienza di autogestione: in questo caso un progetto pure triste, visto che la proprietà non trovò di meglio che parlare di un deposito dei cedolini delle giocate del Totocalcio, un impiego a dir poco assurdo per un edificio di quel tipo e nel cuore della declamata Manifattura delle arti. Semplicemente, in ogni caso, gli accessi della Palazzina Magnani sono rimasti murati per un paio di decadi e c’è voluta l’occupazione del 2022 per consentire di nuovo la fruizione, almeno per qualche giorno, delle belle stanze e del grande cortile che compongono l’ex Dopolavoro.
Nel frattempo, a cavallo tra 2019 e 2020, era arrivata un po’ a sorpresa la mossa del Comune che decise di acquistare la palazzina dall’Agenzia del Demanio, al costo di 1,9 milioni di euro, con l’intento di trasformarla in un museo dedicato all’artista Giorgio Morandi. Certo, ben venga uno spazio dedicato alla cultura invece di un immobile abbandonato a sè stesso ma, come scrivemmo già allora: “E’ possibile che la soluzione debba essere che un ente pubblico spenda risorse pubbliche per comprare uno spazio pubblico da un altro ente pubblico che per anni lo ha negato all’uso pubblico?”.
Nel 2021, invece, sono iniziati i lavori nell’area adiacente alla Palazzina Magnani, dove sorgeva in questo caso l’ex cinema Embassy, anche questo scenario di diverse occupazioni e anche questo per lungo tempo lasciato all’inutilizzo e al decadimento: al suo posto, questo l’annuncio fornito ai tempi, il Demanio ha deciso di realizzare la nuova sede della direzione regionale dell’Agenzia.
E il Museo Morandi alla Palazzina Magnani? In realtà non se n’è più parlato e l’edificio, inesorabilmente, inutilizzato era e inutilizzato è rimasto. La novità si è presentata qualche giorno fa, quando il sindaco Matteo Lepore ha annunciato che il Museo Morandi si farà ma da un’altra parte, ovvero a Palazzo Pepoli Vecchio, grazie ad un accordo di comodato d’uso con la Fondazione Carisbo che ne è proprietaria di questo immobile e ha deciso di farlo uscire dal circuito museale del progetto Genus Bononiae. Il Museo Morandi dunque nascerà lì, entro il 2026 promette il Comune, specificando che una parte delle opere del pittore bolognese sarà invece collocata a Palazzo D’Accursio.
Ma l’amministrazione non aveva speso quasi due milioni per collocare Morandi nella Palazzina Magnani? Vero, ma “restaurarla- ha affermato il sindaco- avrebbe richiesto tempi molto più lunghi” e in più Palazzo Pepoli rappresenta un contenitore “molto più prestigioso. Quindi quando si è presentata questa occasione che allora non potevamo immaginare abbiamo valutato questa cosa, perchè per noi significa allestire e avere un museo pronto: davvero una grandissima occasione”.
Resta allora un piccolo dettaglio: lei, sì, la Palazzina Magnani. Che ne sarà ora, visto che lo scopo per cui era stata acquisita dal Comune è venuto meno? Il sindaco ha speso poche parole in merito, affermando che la destinazione dell’immobile resta comunque quella “culturale e museale” e difendendo la decisione di comprarlo: “Io sono ancora convinto della necessità di avere nella proprietà del Comune quell’edificio, perchè l’abbiamo acquisito dal Demanio quando poteva benissimo essere acquisita da un privato per negozi o uffici”. Invece, anche senza Morandi, la palazzina avrà comunque “un uso culturale e museale, legato al Mambo e alla Manifattura delle arti- ha aggiunto Lepore- ma vogliamo anche cercare investitori privati che abbiamo voglia di fare questa esperienza con noi”. Eccoli allora che rientrano dalla finestra, i privati. Dopo una storia tutta pubblica, nel bene e più che altro nel male, ora tocca finalmente a loro: arriva la cavalleria!
Ma, intanto, dalle vaghe parole del sindaco è una la realtà che trapela: un vero progetto sulla Palazzina Magnani non c’è. L’idea del Museo Morandi era rimasta sulla carta e ora che anche questa è svanita, a Palazzo D’Accursio non è in grado di fornire un’indicazione precisa sulla specifica destinazione dell’edificio, i tempi, i costi. Eppure, il sindaco sembra sempre avere le idee molto chiare e si mostra puntualmente sicuro dei progetti che l’amministrazione sforna a ripetizione per Bologna. Si faccia uno sforzo, allora, per una parola di verità su un bene che merita ben altro destino e su una vicenda che, francamente, rappresenta una vergogna in una città che ha gran fame di spazi per la socialità, per la cultura, per l’aggregazione, per l’abitare.
Perchè, finora, l’unico dato inconfutabile di questa storia è che l’immobile di via Azzo Gardino 61 continua ad essere un oggetto misterioso e a degradarsi ogni giorno di più. Chi nel 2003 ha avuto la fortuna di vedere quegli spazi vivi e vissuti, ormai, ha fatto in tempo a vedersi spuntare i capelli bianchi o a diventare nonno. Mentre lei, la Palazzina Magnani, resta lì con la sua facciata spenta e il cortile invaso dalle erbacce. Immutabile e inanimata, come in quadro di Morandi: natura morta.