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Quattromilatrecentottantotto modernissimi giorni

S’inaugura il Modernissimo nei locali dell’ex Arcobaleno, occupato e sgomberato nel 2011: tra annunci e ritardi, ci sono voluti anni su anni per riaprire gli spazi sotterranei di piazza Re Enzo. Ma non sono affatto invecchiate le parole d’ordine del movimento che riempì la sala in nome di Santa Insolvenza e Occupy: leggere per credere.

06 Ottobre 2023 - 12:07

L’annuncio da parte di Comune, Fondazione Cineteca e Confindustria Emilia Area Centro è arrivato qualche settimana fa: il Cinema Modernissimo di piazza Re Enzo aprirà il 21 novembre. “Una data attesa dai cittadini bolognesi e dai tanti cinefili internazionali che in questi anni hanno seguito con passione lo sviluppo di un cantiere che restituirà il Cinema Modernissimo alla sua bellezza primo-novecentesca”, tintinna il comunicato, segnalando che negli anni il progetto ha ricevuto il sostegno del ministero della Cultura, della Regione Emilia-Romagna e di una sfilza di soggetti privati, oltre alla già citata associazione degli industriali: Hera, Pelliconi, Gaumont, Pathé, Fondazione Golinelli, Gd, Ima, Bonfiglioli, Marchesini, Marposs, Lamborghini, Unicredit, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Lloyds Farmacia, Mare termale bolognese, Bper, Ibc Movie, Furla, Nute partecipazioni, Brunelleschi, NoemaLife, Ottica Garagnani. La nuova sala diventerà “una perla nel cuore di Bologna per tutta la città e per tutti coloro che amano il cinema”, promettono Comune, Cineteca e Confindustria.

Se così sarà, ben venga. Ognuna/o potrà giudicare se quello del Modernissimo è il progetto giusto e più adatto per ridare vita agli spazi (di proprietà della Emmegi Cinema Srl) che un tempo ospitavano un altro cinema, l’Arcobaleno, attivo fino al 2007. Ma di certo meglio una nuova destinazione, a maggior ragione se finalizzata alla pubblica fruizione, che l’inutilizzo a cui per anni questi locali sono stati condannati e per di più dopo uno sgombero, circostanza che accomuna l’ex Arcobaleno ai tantissimi immobili che in città sono stati abbandonati, riaperti grazie a un’occupazione, richiusi da un intervento delle forze dell’ordine e quindi di nuovo abbandonati: un triste destino che negli anni scorsi abbiamo mappato con l’inchiesta “Chiedi alla polvere”.

Ebbene, la notizia dell’inaugurazione del Modernissimo non può nascondere l’altra faccia della medaglia: l’ex Arcobaleno, occupato per essere trasformato in un “community center” aperto alla cittadinanza e alle sue istanze sociali, fu sgomberato nel 2011 e da allora al fatidico 21 novembre saranno trascorsi 12 anni. Ben 626 settimane, per la precisione 4.388 giorni. Una lunga telenovela infarcita di annunci e rinvii. Certo, di mezzo ci sono stati anche ostacoli oggettivi come la pandemia e le più recenti difficoltà nel reperire le materie prime per molte tipologie di lavori, ma che l’ex cinema sia rimasto chiuso per così tanto tempo nel cuore di una città affamata di spazi è semplicemente inaccettabile. Ancora di più se si fa un passo indietro e si realizza che quello sgombero, nel pieno di una crisi devastante i cui effetti arrivano dritti fino all’oggi, sfrattò dall’ex Arcobaleno un esperimento di autorganizzazione e partecipazione le cui motivazioni e parole d’ordine – all’interno di un’agitazione globale capace di scuotere le istituzioni politiche ed economiche di mezzo mondo – risultano ancora adesso incredibilmente attuali: leggere per credere.

Questo articolo, dunque, si propone di mettere davanti allo specchio due storie che hanno molto da raccontare: il pieno di un movimento che aveva ragione da vendere e il lungo vuoto di un vecchio cinema.

OCCUPY E SANTA INSOLVENZA

In Italia, quelli alla fine del 2011 sono i giorni caldi della caduta del quarto governo Berlusconi: il Caveliere abdica il 12 novembre e passa la guida del Paese al neo senatore Mario Monti, sotto la regia del presidente della Repubblica “Re Giorgio” Napolitano. Dal circo berlusconiano (a proposito, molti dei ministri di allora sono in primissima fila anche oggi: Raffaele Fitto, Roberto Calderoli, Anna Maria Bernini, Ignazio La Russa e ovviamente Giorgia Meloni) al feroce verbo dell’austerità.

A pochi mesi prima risale la famigerata lettera all’Italia della Banca centrale europea, spedita il 5 agosto e resa pubblica il 29 settembre: in calce le firme del presidente uscente Jean Claude Trichet e del suo successore designato Mario Draghi (altro salvatore della Patria, qualche stagione politica dopo). Cosa esige l’Eurotower dall’Italia? Ad esempio “la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala”; ma si sottolinea anche “l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione”. Se non altro, parole chiare.

Non a caso, la missiva della Bce è un ottimo sunto delle politiche portate avanti a livello planetario per amplificare ancora di più le disuguaglianze economiche e sociali, a pochissimi anni di distanza dalla terribile crisi dei mutui subprime del 2007/2008. La voce della protesta contro quel capitalismo tanto marcio quanto spietato, contro lo strapotere della finanza e l’impoverimento di fasce sempre più larghe di popolazione, era quella del movimento Occupy. “We are the 99%”: a maggio Madrid con l’acampada degli Indignados a Puerta del Sol; a settembre New York con le occupazioni di Wall Street, del ponte di Brooklyn e di Zuccotti Park; a novembre Oakland con il blocco del porto… In Italia una data clou è quella del 15 ottobre: a Roma una grande manifestazione e prolungati scontri con le forze dell’ordine nell’ambito di una giornata di protesta globale lanciata dalle acampadas spagnole.

A Bologna l’appuntamento con l’ex Arcobaleno arriva l’11 novembre: o meglio l’11.11.11, data di mobilitazione transnazionale promossa questa volta dalle/gli occupanti di Wall Street. Numerose le iniziative annunciate in città: un corteo studentesco lanciato dal Cas, l’OccupyUnibo Parade conclusasi con l’occupazione del 38 di via Zamboni, un flash mob con corteo a firma Gli indignati e le indignate in assemblea; il giorno precedente i Draghi ribelli avevano occupato l’ex Mercato di mezzo in via Clavature, quello successivo un’altra occupazione sarebbe scattata al liceo Sabin. Ma è il giorno 11 a concludersi con un ingresso a sorpresa nell’ex cinema di piazza Re Enzo, di proprietà privata e abbandonato da molti anni, è la processione di Santa Insolvenza promossa dall’Assemblea degli Insolventi e dalla rete TimeOut che su iniziativa di diversi collettivi cittadini (Bartleby, Vag61, Utòpia, Antagonismogay, Laboratorio Smaschieramenti) aveva dato vita, nelle settimane precedenti, a una serie di partecipate assemblee in Sala Borsa e a molte altre iniziative.

Lei, Santa Insolvenza, si era manifestata per la prima volta in piazza Cavour, davanti alla sede bolognese della Banca d’Italia, nel corso di una manifestazione convocata da più realtà diverse con l’intento di rispedire al mittente la succitata lettera della Bce e caratterizzata da violente cariche da parte delle forze dell’ordine: in quell’occasione una manganellata rompe quattro denti a una studentessa del collettivo Sadir e l’agente identificato come responsabile, nonostante le reticenze del VII reparto mobile, in seguito sarebbe stato condannato a 16 mesi per violenze gravissime.

Le parole chiave a cui si rifacevano gli Insolventi devoti a una Santa sono racchiuse, ovviamente, in una preghiera:

Santa Insolvenza,
protettrice delle precarie e dei precari,
dacci oggi il nostro reddito quotidiano
e allontana da noi i nostri debiti
perchè non siamo noi i veri debitori.

Santa Insolvenza,
piena di rabbia, frega per noi peccatori
la ricchezza che produciamo ma altri detengono
perchè abbiamo diritto a casa,
mobilità, saperi e desiderio.

Santa Insolvenza,
che sei nei nostri pensieri,
sia generalizzato il tuo nome
e venga lo sciopero precario.
Non privarci della tentazione
ma liberaci dal banca e dall’ufficiale giudiziario.

Nel comunicato diffuso al momento dell’occupazione, i locali dell’ex Arcobaleno vengono ribattezzati Community Center Santa Insolvenza. Ovvero “una piazza coperta in cui costruire iniziativa politica contro la crisi”, scrivono le/gli occupanti: “Bologna è fatta di studenti e studentesse, precari e precarie, lavoratori sfruttati, artisti, migranti senza diritti, cassaintegrati, uomini, donne e trans sotto sfratto o i cui beni vengono pignorati. Queste persone devono potersi incontrare in un luogo dove poter ribaltare la povertà in possibilità di costruire autorganizzazione sociale e solidarietà reciproca”.

Il sindaco Virginio Merola, oggi parlamentare del Pd, reagisce invitando a “non drammatizzare” le occupazioni e addirittura definisce l’incursione in via Clavature “un’occasione di riflessione per tutta la cittá”; sono i giorni della spallata al governo Berlusconi e probabilmente dalle parti del Pd si calcola che strizzare un po’ l’occhio alle proteste che attraversano il Paese possa tornare utile: il sindaco si fa perfino fotografare con il volto coperto da una maschera dei Draghi ribelli. Ma il 12 il Governo cade e nel giro di un giorno esatto Merola compie una vera e propria “virata” o un esplicito “dietrofront”, come sottolinea anche la stampa mainstream: “Informo che ho predisposto un’ordinanza di sgombero urgente per la struttura occupata dell’ex Mercato di mezzo”, fa sapere il primo cittadino (lo sgombero poi non ci sarà, in virtù di un accordo in base al quale le/gli occupanti usciranno dallo stabile dopo aver ottenuto l’uso temporaneo del teatro San Leonardo). Al contempo, Merola invita le/gli attiviste/i di Santa Insolvenza ad uscire dall’ex Arcobaleno. “Protestare a difesa dei beni comuni non può diventare un danno al bene comune della città, non drammatizzare significa anche correggere comportamenti che rischiano di esasperare la situazione. Questo tipo di protesta illegale provoca disagi e danni ai privati e alla collettività”, sono le accuse del sindaco.

Nel frattempo nel Community Center si cominciano a sistemare i locali e a produrre iniziative pubbliche: tra queste molte proiezioni gratuite che di fatto riportano la sala alla sua vecchia funzione, tanto che in quel contesto si forma il gruppo dei Cineasti Arcobaleno da cui nascerà il progetto Kinodromo. Ma si svolgono anche “laboratori attorno ai temi della mobilità, delle condizioni abitative, sull’insolvenza che si incarna nell’opporsi allo strozzinaggio di Equitalia” e si elaborano “progetti di asili nido autogestiti e contro la precarietà e il lavoro non retribuito”, scrivono le/gli occupanti, sottolineando come un ex cinema in disuso da molti anni venga ora “attraversato da migliaia di persone che hanno dato vita ad assemblee e laboratori di discussione e di proposta su università, nuove pratiche comunicative, diritto all’insolvenza contro il debito delle banche e per un reddito di cittadinanza, e libero accesso a saperi, arte e cultura”. Il Community Center, non a caso, riceve moltissimi attestati di solidarietà che arrivano dalla città e non solo.

Per le/gli Insolventi, in ogni caso, le attività e le relazioni costruite grazie all’occupazione vengono prima dell’utilizzo in sè dell’ex cinema: “Abbiamo cercato un rapporto col proprietario dicendogli che siamo disposti a trattare, con la mediazione del Comune, su una data di uscita. Questo è il messaggio che noi mandiamo alle istituzioni: se veramente il Comune sembra intenzionato a proseguire sulla linea del dialogo, allora noi siamo disposti a sederci a un tavolo in cui discutere insieme una soluzione che possa garantire la continuità dei nostri progetti”, recita un comunicato diffuso il 14.

Il giorno dopo le/gli occupanti incontrano l’amministrazione comunale, ma le aperture al dialogo sbandierate Merola solo pochi giorni prima sono già un ricordo: il sindaco “non ci ha fatto alcuna proposta concreta, né ha tracciato un percorso o una tempistica per rispondere al bisogno di partecipazione che in questi giorni si è espresso con forza in città”, fa sapere il Community Center nella notte tra il 15 e il 16. “Se non se ne vanno è opportuno un intervento delle forze dell’ordine”, cala definitivamente la maschera (sic!) il sindaco, spalleggiato dal suo assessore forte e coordinatore di Giunta, Matteo Lepore, attuale sindaco della città, che dichiara: “Escano in fretta”.

Quale sia il vero volto di Palazzo D’Accursio, del resto, si è visto appena il giorno prima sulla pelle delle/i migranti che da lungo tempo si trovano costrette/i a vivere per strada fuori dal centro di accoglienza Beltrame di via Sabatucci. La sede del centro sociale Vag61 è proprio lì di fianco e questo è l’episodio, “gravissimo”, reso noto dal collettivo: “Un ingente spiegamento di Polizia municipale e Carabinieri in tenuta antisommossa ha militarizzato la zona di via Sabatucci per identificare le persone che ormai da mesi si accampano lì per passare la notte e sequestrare loro le coperte (in parte fatte distribuire, per tragico paradosso, dalla stessa amministrazione). Da queste stesse persone abbiamo saputo che le forze dell’ordine hanno anche scavalcato la recinzione invadendo il cortile del nostro spazio libero autogestito, dove ogni notte decine di migranti si riparano sotto la tettoia che abbiamo attrezzato per quanto possibile così da offrire un po’ di riparo in più”.

Come promesso da Merola, lo sgombero dell’ex Arcobaleno arriva presto: la mattina del 16 novembre almeno 50 agenti tra Polizia e Carabinieri arrivano in piazza Re Enzo, le/gli Insolventi si radunano all’ingresso e rifiutano di allontanarsi, costringendo le forze dell’ordine a spostarle/i di peso. In seguito a carico delle/gli occupanti arriveranno ben 59 denunce da parte dell’autorità giudiziaria.

Lo sgombero dell’ex cinema pone così fine al Community Center, ma non all’esperienza di Santa Insolvenza che ancora per diverso tempo continuerà ad apparire in città ed agitarne le acque. Uno strascico molto pesante riguarderà purtroppo il collettivo Bartleby: a pochi giorni dallo sgombero dell’Arcobaleno, l’amministrazione comunale annuncerà (per bocca dell’assessore alla Cultura, Alberto Ronchi) la decisione di interrompere il confronto aperto da tempo con il collettivo per l’individuazione di una nuova sede, visto che l’Università si era rifiutata di rinnovare la convenzione per l’utilizzo dei locali di via San Petronio Vecchio assegnati alle/gli attivisti (il cui sgombero arriverà poi all’inizio del 2013). “In questa vera e propria operazione di rappresaglia dell’amministrazione comunale nei nostri confronti, si può leggere la volontà politica di costruire assai opinabili distinzioni fra buoni e cattivi, fra spazi compatibili cui fare concessioni unilaterali e percorsi rispetto ai quali il dialogo è subordinato alla dismissione di determinati percorsi politici”, commenta Bartleby.

(continua)