Sentenze fotocopia per due migranti, un lavoratore dipendente e uno autonomo, ai quali, adducendo gli effetti del decreto Cutro, era stata negata la possibilità di convertire il permesso per protezione speciale, quello rilasciato alle potenziali vittime di persecuzione, in permesso di lavoro.
Da anni e anni la Questura di Bologna è accusata dalle associazioni di migranti e antirazziste di rendere la vita particolarmente difficile ai migranti, con le lungaggini di qualsiasi pratica e i dinieghi a molte richieste. Il decreto che il governo Meloni ha beffardamente intitolato alla strage del 26 febbraio 2023 al largo delle coste di Cutro, in Calabria, ha posto ancora più ostacoli nel percorso di migliaia di persone verso una vita dignitosa. Ma stavolta piazza Galileo è stata più realista del re.
Le storie sono quelle di M.D.N.., lavoratore con all’attivo già plurimi contratti a tempo determinato e di O.A., titolare di un’impresa individuale di commercio ambulante di abiti e accessori. Entrambi hanno un permesso di soggiorno per protezione speciale in corso di validità e ne hanno chiesto la trasformazione in permesso di lavoro.
La protezione speciale è quella riconosciuta a persone che nel paese di origine possano “essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali” o possano “rischiare di essere rinviato verso un altro Stato” dove non siano protette dalla persecuzione.
La Questura ha rigettato entrambe le domande adducendo proprio gli effetti del “decreto Cutro”, che tra le tante cose abroga un comma del Testo unico sull’immigrazione che sanciva appunto questa convertibilità. M.D.N e O.A. hanno fatto ricorso al Tar, che ha dato loro ragione con due sentenze fotocopia.
Il tribunale amministrativo regionale, in entrambi i dispositivi, scrive che la nuova legge, “a differenza di quanto sostenuto dalla Questura di Bologna” nel negare la richiesta, “non consente di ritenere che le istanze di conversione” presentate “dopo l’entrata in vigore del decreto Cutro non possano trovare accoglimento”. Questo perché in un comma dello stesso decreto Cutro è prevista una disciplina transitoria in virtù della quale per tutti i permessi per protezione speciale “in corso di validità” alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (5 maggio 2023) “resta ferma la facoltà di conversione del titolo di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, se ne ricorrono i requisiti di legge”. Così entrambi i rigetti impugnati sono annullati, “restando salvo il potere/dovere” della Questura “di valutare la sussistenza dei requisiti sostanziali per il rilascio al ricorrente” del permesso di lavoro.