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Ordinanze regionali prorogate, e più controlli in città

Saperi Naviganti: “Chiediamo blocco immediato delle bollette”. Associazione Bianca Guidetti Serra: “Dozza bomba epidemiologica pronta a esplodere”. Lavoratrici/ori del sociale: “Vogliamo il 100% di dignità, salute e salario”. Epidemia, ancora un leggero calo dei ricoveri in Emilia-Romagna.

04 Aprile 2020 - 21:10

Altre dieci persone nel territorio metropolitano dopo essersi ammalate di Covid-19 e sono stati acceratati altri 86 contagi, per un totale che arriva a 2127, di cui 302 nell’imolese (quattro in più di ieri).

In Emilia-Romagna i contagi sono complessivamente 16.540 (+608), a fronte di 67.075 test effettuati (+3393), i decessi 1902 (+75), i ricoverati in terapia intensiva 358 (sei in meno di ieri), e calano anche i ricoverati in altri reparti (3859, -56). In isolamento domiciliare ci sono 7166 persone (+214), quelle guarite 2040 (-188), di cui 688 risultate negative in due test consecutivi (+89). I posti letto aggiuntivi allestiti sono 5.074, di cui 569 di terapia intensiva (+9).

I casi nelle altre province: Piacenza 2.842 (31 in più), Parma 2.201 (118 in più), Reggio Emilia 2.908 (108 in più), Modena 2.551 (53 in più),  Ferrara 474 (106 in più), Ravenna 688 (32 in più), Forlì-Cesena 924 (58 in più), Rimini 1.523 (12 in più).

Il sindaco Virginio Merola ha annunciato un incremento dei controlli in città da parte delle forze di polizia, sostenendo che in città ci siano ancora “luoghi affollati”, e che saranno controllati anche i mercati alimentari che da lunedì potranno riaprire se all’interno di strutture coperte o in spazi pubblici recintati, come stabilito dall’ultima ordinanza regionale che per il resto ha prorogato al 13 aprile tutte le misure già in vigore.

Parlando delle campagne per il blocco di canoni di affitto e utenze, Saperi Naviganti spiega in un post su Facebook: “Sappiamo benissimo che, quando arriveranno, le bollette saranno più salate. Abbiamo perso il lavoro; siamo in cassa integrazione; molti giovani faticano a chiedere alle proprie famiglie, per l’ennesima volta, un aiuto per integrare i pochi risparmi messi insieme con lavori precari. Inoltre, dobbiamo restare tutto il tempo a casa: usare più acqua, più elettricità, più gas ed internet. Non solo abbiamo meno, ma tutto costerà di più. Dobbiamo restare a casa, certo! Ma dobbiamo poter cucinare, lavarci, accendere la luce e usare internet per attraversare la quarantena, senza avere l’ansia che il costo delle bollette sarà troppo alto: non possiamo rischiare lo stacco delle utenze, di indebitarci e di perdere tutti i nostri risparmi. Se il pagamento delle utenze si sta dimostrando un dramma, è perché la normalità da cui proveniamo era un problema: non possiamo pagare per soddisfare i nostri bisogni più essenziali. Chiediamo dunque il blocco immediato delle bollette: le persone devono poter vivere, senza perdere tutti i propri risparmi; che venga sancito uno fermo allo stacco delle utenze in caso di morosità, sul modello del blocco degli sfratti varato nel primo decreto d’emergenza”.

Sulla morte alla Dozza, intanto, torna a intervenire l’Associazione Bianca Guidetti Serra: “Ieri è morto Vincenzo Sucato, 76 anni, detenuto nella Casa Circondariale Rocco d’Amato (“Dozza”) di Bologna, positivo al Covid-19, come altri tre reclusi. Vincenzo è morto dopo il trasferimento all’Ospedale Sant’Orsola dove era stato subito ricoverato nel reparto di medicina d’urgenza, prova che al momento dell’arrivo dal carcere le sue condizioni dovevano essere già critiche. Da quando aveva cominciato a stare male? Per quanto tempo non è stato soccorso? Quanto è durata la sua sofferenza prima che si decidesse il ricovero, probabilmente tardivo”?

Prosegue l’associazione: “La Dozza è una bomba epidemiologica pronta ad esplodere. Presenta un sovraffollamento quasi doppio rispetto alla capienza regolamentare, con una presenza, al 18 febbraio di quasi 900 detenuti per 492posti. Secondo il rapporto dell’ASL del 2019 alla Dozza risultano presenti persone con problematiche fisiche di vario tipo, tra cui Hiv, epatite e tubercolosi: malattie che lo stato detentivo tende ovviamente ad acuire e non certo a migliorare e che espongono i reclusi che ne sono affetti ad un elevato rischio di letalità in caso di contrazione di Covid19. Già da giorni circolavano pubblicamente le notizie di operatori della Dozza risultati positivi al tampone: 9 medici, 15 infermieri e due agenti. Personale che prima di scoprire la positività ha avuto modo di venire a contatto con i detenuti, veicolando il virus nelle celle”

“È pertanto legittimo – si legge poi – temere che la morte di Vincenzo Sucato possa essere la prima ma non l’ultima e altrettanto legittimo è ritenerla una morte annunciata. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del coronavirus, si sono moltiplicati gli appelli, sottoscritti da centinaia di avvocati, giuristi e associazioni, affinché venissero adottati e attuati provvedimenti a tutela della popolazione detenuta, che andassero concretamente ad incidere sul sovraffollamento delle carceri. Provvedimenti quali la sospensione della pena per i detenuti ammalati e anziani, facilitazione ed estensione delle misure alternative, sospensione dell’obbligo di ritorno in carcere per i semiliberi, limitazione delle misure cautelari, fino ad un provvedimento di amnistia o di indulto. Appelli caduti nel vuoto uno dopo l’altro. Ciò che invece i decreti emergenziali hanno adottato sono misure che di fatto, non solo mostrano noncuranza verso l’elevato rischio epidemiologico nelle prigioni, ma che addirittura peggiorano la normativa pre-esistente in tema di concessione di misure alternative, oltre ad aggravare le condizioni detentive attraverso provvedimenti, quali la sospensione dei colloqui con i familiari, che meno di un mese fa hanno provocato, in quaranta penitenziari di tutta Italia, proteste e rivolte, risoltesi con uno sconcertante bollettino di morti, feriti e trasferimenti”.

In conclusione, “lasciare i detenuti alla mercé di un virus potenzialmente letale si tradurrebbe in una irresponsabilità di cui è lo Stato a doversi assumere il carico: è infatti alla Sua tutela che sono affidate le persone private della libertà. Affinché non si contino altre morti e le carceri non si trasformino in lazzaretti, sono necessari, ora più che mai, immediati provvedimenti di scarcerazione”.

E’ partita intanto una mobilitazione nazionale delle/i operatrici/ori sociali, dal titolo “Servizi sociali esternalizzati: vogliamo il 100% di dignità, salute e salario” che tra le molte adesioni a livello nazionale vede anche Sgb, Adl Cobas, Educatrici ed educatori di Bologna e provincia, Educatori uniti contro i tagli di Bologna: “Quello che noi, come lavoratori e lavoratrici chiediamo, è l’applicazione, da parte degli enti di prossimità, senza nessuna eccezione, dell’articolo 48 del decreto Cura Italia che ha autorizzato gli enti locali all’erogazione dei fondi già messi a bilancio preventivo per le attività socio-educative e il mantenimento dei servizi al 100%. Gli enti appaltanti possono – non devono – pagare il 100%: se non lo faranno se ne assumeranno la responsabilità politica e sociale. Attualmente, al momento in cui stendiamo questo comunicato, quasi nessun Comune e Città metropolitane ha recepito il Decreto nella sua ratio, cioè impegnandosi a pagare il 100% del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso l’istituzione del telelavoro. È travisando completamente gli obiettivi e le modalità del lavoro educativo perciò che, laddove sono partite rimodulazioni dei Servizi in telelavoro, per la maggior parte dei casi sono stati stanziati monte ore dimezzati rispetto a quelli a bilancio. In alcuni casi abbiamo notizie che le ore vengano erogate a seconda dei minuti effettivi svolti dagli operatori che sono costretti a lunghe, meticolose ed umilianti rendicontazioni, gettando loro ancora una volta nella logica del lavoro a cottimo che noi rifiutiamo. Gli enti appaltanti devono riconoscere, insieme al monte ore totale per ciascun utente che seguiamo e per ogni ora dei servizi assegnati, anche il 100% della nostra dignità professionale”.