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I rifugiati: “C’è ancora molto da fare”

Parlano i migranti che dopo la fine del piano nord Africa hanno, faticosamente, ottenuto le ex scuole Merlani in autogestione: “Non bisogna illudersi di aver risolto definitivamente il problema”.

10 Luglio 2013 - 12:32

“Per noi questa è una grande vittoria”. A parlare è Eric, uno dei 51 rifugiati che, riuniti nell’Associazione Freedom and Justice, hanno ottenuto dal Comune in autogestione e autorecupero le ex Scuole Merlani, in via Siepelunga, sui colli.

“Dopo tante lotte per far valere i nostri diritti – continua – finalmente siamo arrivati a questo risultato: la casa”. Eric e gli altri, migranti nordafricani fuggiti dalla guerra in Libia, fino allo scorso febbraio hanno vissuto nelle strutture predisposte nell’ambito dell’Emergenza nord Africa (Ena), il piano del Ministero dell’Interno per l’eccezionale flusso migratorio verso l’Italia avvenuto poco dopo le insorgenze del 2011 nei paesi del mediterraneo. Quando vengono meno i finanziamenti del governo, la Croce Rossa smobilita dal centro San Felice dei Prati di Caprara, il più grande allestito in provincia, e ai migranti vengono dati mille euro e un biglietto nella speranza che andassero più lontano possibile.

Come era facile immaginare, in diverse decine rimangono. Viene concesso di rimanere ancora qualche settimana nella struttura, a cui progressivamente vengono meno servizi e utenze, poi interviene la polizia. Sostenuti da Asia Usb, Ya Basta e altre associazioni, per i rifugiati iniziano le assemblee, i presidi, le petizioni, le manifestazioni, l‘occupazione di uno stabile in via Toscana. Qualcuno (non certo tutti) ottiene un letto nelle strutture del piano freddo del Comune. Palazzo d’Accursio sapeva da sempre che il sostegno del Viminale e della Protezione Civile sarebbe venuto meno quest’anno e che l’amministrazione avrebbe dovuto, in qualche modo, affrontare il problema. Ciò nonostante ha aspettato di sbatterci contro, lasciando per mesi decine di richiedenti asilo nell’incertezza. Infine la trattativa con Freedom and Justice, costituitasi durante la mobilitazione, e le altre associazioni, si è sbloccata arrivando all’assegnazione delle ex Merlani.

“C’é ancora molto da fare. Nessuno di noi ha un lavoro e dobbiamo trovare il modo di ripagare i costi della ristrutturazione e del mantenimento dell’edificio. Ma, soprattutto, è importante non dimenticare che in Italia ci sono ancora decine di migliaia di rifugiati senza una sistemazione stabile. L’apertura di questa nuova struttura è un grosso passo avanti, ma non bisogna illudersi di aver risolto definitivamente il problema”. Anche perché l’assegnazione è per un anno. Poi, chissà.

La ristrutturazione dell’edificio va veloce: in due settimane i migranti ridipingono i muri e sistemano le parti più critiche. Ognuno mette a disposizione le proprie competenze: ci sono imbianchini, muratori, saldatori… Le utenze sono allacciate, per l’arredamento si ricorre all’autofinanziamento.

“Questo è un posto accogliente – continua Thomas Adutwum, un altro dei rifugiati – e vorremmo che tutti i cittadini, e in particolare i nostri vicini di casa, si sentissero liberi di venire a trovarci e di confrontarsi con noi. Noi siamo aperti all’incontro, speriamo lo siano anche loro”. L’appuntamento è perciò l’11 luglio, per un aperitivo e un‘assemblea pubblica. “Una prima occasione per dire chi siamo e cosa facciamo”, conclude Thomas.