Il ministro fa il forte coi deboli? L’assessore pure. Il ministro adora gli sgomberi? L’assessore di più. Ecco che i partiti di Governo non hanno un’opposizione, ma spesso si trovano alleati, nella loro battaglia di desertificazione degli spazi urbani, nella riqualificazione scaccia-poveri e nella guerra contro le marginalità.
Come chi amministra questa città rincorre gli ululati securitari del ministro dell’Interno. Ma ne faremmo volentieri a meno.
“Hai detto Salvini? E che c’entra Salvini?”
“No, no, ho detto Aitini!”
“Aitini, Aitini chi?!”
Questo potrebbe essere l’inizio di una discussione tra due persone di fronte all’ennesima (sob!) dichiarazione contro la realtà autogestita Xm24. E’ proprio vero che la capacità della politica (centrale e locale) di essere un corpo estraneo nei confronti della città e della società ci viene ricordata ogni volta che un esponente dell’amministrazione comunale attacca le esperienze sociali. Parole rivolte contro chi da più di 17 anni fa politica attiva, radicata nel territorio, trasversale e gratuita. Un arco di tempo in cui si sono susseguite amministrazioni, sindaci sceriffi, assessori con la sete di potere che poi si sono dovuti accontentare di un bicchiere d’acqua sgasata. Quasi 20 anni di esperienza in città non possono essere in balia di un qualsiasi assessore che, molto probabilmente, finirà nel dimenticatoio della politica istituzionale.
E bisogna riflettere sulle modalità con cui questa amministrazione lancia battaglie condivise dalla Lega e dalla destra più destra. Ovviamente il terreno della sicurezza sotto questo profilo è quello più fertile e non è un caso che Aitini, che è entrato in Giunta assumendo questa delega poco più di un anno fa, abbia già collezionato una discreta serie di iniziative e dichiarazioni che parlano da sole. Già solo con le notizie di cui si è occupato questo giornale si fa un bell’elenco. Per cominciare, subito dopo la nomina ad assessore, proprio nei giorni di alta tensione sul tema fascismo a seguito dei fatti di Macerata, Aitini trovò il tempo per partecipare alle iniziative contro i parcheggiatori abusivi all’ospedale Maggiore organizzate dal già leghista Manes Bernardini, che qualche tempo fa nello stesso luogo organizzava ronde “anti-rom”. E poi avanti di proclami (e azioni) sul fronte degli sgomberi di accampamenti di chi vive senza un vero tetto sulla testa, vedi il nodo Lungoreno: “Voglio prendere la questione di petto, da quando sono arrivato due mesi fa abbiamo già provveduto a tre-quattro sgomberi e stiamo monitorando costantemente la zona. Verrà programmata una pattuglia quotidiana” e “se vediamo che nella notte spunta qualcosa, siamo pronti a intervenire e sgomberarlo”. Similmente, è targata Aitini anche la caccia insistentemente operata dalla “task-force antidegrado” per scovare e gettar via materassi e altri materiali nascosti dai senzatetto per ricavarne un giaciglio notturno: se lo fa la Lega a Trieste il Pd bolognese si indigna, se succede sotto le Due torri invece va tutto bene. E i richiedenti asilo? Per l’assessore sono un’ottima risorsa per pulire i muri e le strade, naturalmente a gratis. Ancora, Aitini si è molto indignato per uno striscione appeso in vicolo Bolognetti che recitava “Con ogni mezzo necessario, contro il fascismo”: secondo l’assessore “sono messaggi che non devono passare”. Non sia mai. L’assessore si è poi dedicato alla sperimentazione di un drone da un milione di euro in grado di sorvegliare da cento metri di altitudine tutto il territorio cittadino, senza tralasciare le puntuali e sempre più estese ordinanze “anti-movida” e l’uso del Daspo urbano che, toh, ha spinto proprio Salvini a prendere Bologna come modello da seguire. Ma il punto più basso, forse, l’assessore l’ha toccato dopo la scomparsa di un attivista di un centro sociale cittadino. In sua memoria sono comparse alcune scritte sui muri e la Lega, in Comune, ne ha prontamente approfittato per lanciarsi in dichiarazioni scandalizzate e invocare punizioni contro il centro sociale in questione. Pensate che Aitini, di fronte ad un episodio come quello citato, abbia evitato di prestarsi ad una così meschina operazione di sciacallaggio? Ovviamente, no. “Non trovo nessuna ragione al mondo per scrivere sul muro”, ha dichiarato il cinico assessore, invitando “chiaramente” la Lega “a denunciare l’accaduto”.
Eppure, il pugno di Aitini non è sempre così duro. Puntualmente pronto a mostrarsi forte con i deboli, in altre occasioni i toni dell’assessore si fanno misurati e i provvedimenti non risultano poi così drastici. Di fronte ai venditori di gadget nazifascisti che infestano la città, dagli uffici dell’assessore è uscito un regolamento che vieta il commercio solo degli oggetti “riferiti al Partito fascista” e senza neanche prevedere delle sanzioni. Così come si potrebbe citare il caso delle auto blu parcheggiate nell’area pedonale di piazza Verdi. Ma c’è anche la fontana del Nettuno. Accogliendo le lamentele della destra per qualche disperato pizzicato a pescare le monetine lanciate nella vasca, l’assessore non si è fatto pregare per mettere in campo o promettere più vigili, recinti, telecamere e chi più ne ha più ne metta. Pochi mesi dopo, però, tifosi e giocatori di una squadra di basket in festa hanno avuto la possibilità di salire saltellanti sul bordo della stessa vasca. Non era stata installata la grata che solitamente viene collocata intorno al Nettuno in previsione di occasioni del genere. La notizia è finita sulla stampa e ne è nata qualche polemica. Ma per Aitini, stavolta, tutto appostissimo: le misure di tutela predisposte sono state “adeguate alle circostanze ed attuate in maniera efficace”, ha dichiarato, evitando accuratamente anche il minimo rischio di inimicarsi gli appassionati di pallacanestro.
Ecco, è su questo sfondo che fa bella mostra di sì quella voglia matta. Sempre quella. “Sgomberiamo i centri sociali, compagni!”. E qui si vede bene: è proprio vero che Aitini fa rima con Salvini.
Per carità, anche prima dell’avvento di Aitini questa città di sgomberi ne ha visti a mucchi, molti dei quali sotto i due mandati Merola. Ma ora si fa proprio fatica a non notare la stessa retorica, la stessa voglia di potere e la stessa spocchia con cui dichiara “abbiamo deciso”. Anche se nelle feste di partito o in qualche dichiarazione, la parola “partecipazione” non manca mai, come nei tavoli di quartiere, così tanto inutili da far gonfiare il petto d’orgoglio.
“Quindi la soluzione sarebbe una caserma?”
“No”
“Allora un centro dove fare cultura?”
“No, ehm… quello in realtà c’è già e si chiama Xm24”
“Allora che ci fanno?”
“Un cohousing come quello che a Porto15, così saranno contenti pure loro che replichiamo l’esperienza”
“Aspetta, che mi sembra di aver letto qualcosa su loro Facebook…”
«Porto 15 si dissocia dalle dichiarazioni (…) dove si fa esplicito riferimento all’esperienza del Cohousing Porto15 per descrivere i progetti dell’amministrazione relativi all’immobile dell’ex Mercato Ortofrutticolo, oggi sede di Xm24. Tale affermazione non riguarda uno stabile in disuso e associa la progettazione e la replicabilità di un ‘progetto positivo quale l’esempio Porto15’ con uno sgombero. Replicare prendendo posizione dopo essere stati esplicitamente tirati in causa cisembra doveroso. Non accettiamo di venire messi in concorrenza con spazi sociali che già, come Porto15, contribuiscono a dare concretezza alle sempre più ristrette prospettive di inclusione, di non discriminazione e di mutuo riconoscimento». E poi: «Per rispetto dello spirito di questo progetto crediamo di non dover essere mai associati alla parola sgombero, di Xm come di nessun’altra realtà autogestita, in questa città o altrove. La nostra esperienza non è compatibile con la messa in concorrenza del diritto alla casa con quello alla cultura, né con la distruzione degli spazi sociali realmente inclusivi che esistono a Bologna, anzi ambisce ad essere esempio di welfare trasversale e a potenziare tutto questo assieme» (dal Facebook di Porto15, 30 novembre 2018).
Una decina di appartamenti. Questo è tutto. Tra le tante priorità che può avere questa città a livello sociale, economico e di gestione del territorio, l’idea brillante è quella di sgomberare uno spazio vivo e accogliente per far posto ad un progetto di cohousing: ma se è vero che di risposte al disagio abitativo c’è un gran bisogno, per altro con ovvie responsabilità di chi amministra e governa, è altrettanto vero che di stabili vuoti (vuoti, attenzione, ripetiamo: vuoti!) sul territorio ce ne sono a bizzeffe e magari avrebbe senso partire da quelli, per cominciare ad intervenire seriamente su un’indecenza che grida vendetta.
“Gran bella idea quella di sgomberare una realtà dove hanno sede decine e decine di progetti gratuiti, accessibili e trasversali, per fare delle case per dieci famiglie”
“Beh, le potrebbero mettere nello stabile vuoto proprio accanto a Porto15”
“Oppure in uno dei tanti cantieri falliti e fermi nella bellissima Trilogia Navile, che più che una Trilogia pare un cimitero di cemento”
Non è una conversazione surreale. E’ un esempio di come viene gestita questa città. Guerre e litigi interni ad un partito oramai in decadenza che si giocano sulla pelle di chi si batte per una città più giusta, accogliente e solidale: nei fatti e non nei proclami. Non è altro che la riprova che i partiti di Governo non hanno un’opposizione, ma spesso si trovano alleati, nella loro battaglia di desertificazione degli spazi urbani, nella riqualificazione scaccia-poveri e nella guerra contro le marginalità.
Di questi personaggi invece ne faremmo volentieri a meno.