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Dozza, tre detenuti in ospedale

La rivolta è ancora in corso. Sul territorio dell’Emilia-Romagna crescono ancora i contagi, Regione pensa a chiusura bar alle 18 in tutte le province. Allarme dal Coordinamento Migranti: “Strutture dell’accoglienza sovraffollate”. Sgb: “Le rivendicazioni degli educatori vanno avanti”.

09 Marzo 2020 - 19:35

I detenuti che hanno dato via alla sommossa ancora in corso nel carcere cittadino, a quanto si apprende, avrebberi incendiato lenzuola e materassi e si sarebbero barricati al piano terra della struttura, mentre 3 di loro (insieme a due agenti) sono stati condotti in ospedale in condizioni non gravi. La situazione sarebbe ancora tesa. Decine di persone accorse di fronte al carcere alcune hanno esposto uno striscione con la scritta ‘Amnistia subito! Liber* tutt*!’.

Sono 80 le positività al Covid-19 registrate a Bologna (18 in più di ieri), di cui 35 nel cirondario imolese (+8). In Emilia-Romagna i casisono complessivamente 1.386 i contagi, 206 in piu’ rispetto a ieri, a fronte di 4.607 tamponi refertati. In isolamento a casa con sintomi lievi o nessun sintomo ci sono 601 persone, mentre 90 sono ricoverate in terapia intensica (+15), cinquantasei (+14) i decessi. Salgono a 30 (+3) le guarigioni, 29 delle quali riguardano persone “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione e una dichiarata guarita a tutti gli effetti perché risultata negativa in due test consecutivi.

Per quanto riguarda le altre province, a Piacenza ci sono in tutto 602 casi (+74), a Parma 279 (+3), a Rimini 164 (+51), a Modena 116 (+19), a Reggio Emilia 103 (+33), a Ravenna 19 (+6), a Forli’-Cesena 16 (+1), a Ferrara sette (+1).

La chiusura dei bar alle 18, imposta dal governo nella “zona arancione” e decisa autonomamente anche dal Comune di Bologna, potrebbe essere presto estesa all’intera regione. Lo ha spiegato in conferenza stampa il governatore Stefano Bonaccini. Verso lo stop anche gli impianti sciistici. Occorre limitarsi ad “andare al lavoro e fare spesa quando necessario”, ha detto il commissario regionale per l’emergenza Sergio Venturi.

Intanto il Coordinamento migranti ha pubblicato una lettera alle istituzioni scritta da chi vive nelle strutture dell’accoglienza cittadine: “Da molti giorni scuole, università, cinema sono chiusi. Tutti gli eventi pubblici sono stati annullati; manifestazioni e scioperi sono vietati. Per ridurre le probabilità di contagio dal coronavirus, il Governo ha stabilito che le persone non devono incontrarsi in massa. Chi di noi aveva un appuntamento all’ufficio immigrazione per il permesso di soggiorno ha dovuto aspettare fuori all’aperto e siamo stati fatti entrare in gruppi di tre. Tutte queste misure sanitarie non valgono però quando lavoriamo e dormiamo – insieme ad altri migranti e italiani – in condizioni di affollamento. Molti di noi lavorano uno accanto all’altro notte e giorno all’Interporto, dove in alcuni magazzini il lavoro è raddoppiato per star dietro alla grande richiesta di merci causata dal panico dell’epidemia. Quando dobbiamo riposare ritorniamo all’affollamento dei centri di accoglienza. In via Mattei viviamo in più di 200 e dormiamo in camerate che ospitano 5 o più persone, spesso anche 10, con letti vicini, uno sopra l’altro. Molte di queste stanze non hanno nemmeno le finestre per cambiare l’aria. Alcuni dormono in container, anch’essi sovraffollati, anch’essi senza finestre. La situazione non è molto diversa in altri centri della città, come lo Zaccarelli e Villa Aldini. Sappiamo che al Centro di via Mattei hanno riservato un container per isolare gli eventuali ammalati, ma prevedere l’isolamento in un container in caso di contagio è sicuro per le cure del contagiato e la salute degli altri? A molti di noi la legge Salvini impedisce perfino di avere una tessera sanitaria e un medico di base, ci costringe a pagare i farmaci a prezzo intero e spesso ci mancano i soldi per curarci. Noi ci teniamo alla nostra salute perché pensiamo anche alla salute della città dove viviamo. Anche la sicurezza sanitaria delle donne e degli uomini migranti è importante e il corona virus, almeno lui, non discrimina tra bianchi e neri. E allora perché le scuole chiudono ma la preoccupazione delle istituzioni per la salute dei nostri figli finisce sulle porte dei centri dove siamo costretti a vivere? Perché Prefettura, Questura, Regione e Comune non considerano l’affollamento dei centri di accoglienza un rischio per il contagio? Perché se ne fregano delle condizioni igienico-sanitarie del centro di Via Mattei, dove le perdite dei tubi degli scarichi ristagnano a cielo aperto mettendo a rischio la nostra salute e quella di tutti? Per conquistare la nostra libertà abbiamo attraversato situazioni molto più rischiose di questa. Sappiamo far fronte alle emergenze sanitarie e anche questa volta ci organizziamo per evitare il rischio del contagio, per pulire e igienizzare l’ambiente dove viviamo, per richiedere agli operatori e alle cooperative che ci sia fornito tutto il necessario per farlo. Ma non accettiamo che la nostra vita sia messa in pericolo dal silenzio razzista delle istituzioni. Sono loro i responsabili dell’affollamento. Sono loro che dovrebbero intervenire immediatamente aumentando i posti letto in strutture e stanze adeguate. Prefettura e Questura, Regione e Comune che cosa intendono fare?”.

Infine, si è svolto oggi davanti al Comune il presidio annunciato dall’Sgb sulle problematiche riguardanti gli operatori dei servizi educativi. Nel corso dell’iniziativa “abbiamo incontrato, nuovamente, il direttore generale Valerio Montalto che ha ribadito il massimo impegno a garantire il 100% della paga ai lavoratori in appalto presso le scuole di Bologna in accordo con le cooperative; nel merito delle regole contrattuali che impediscono all’amministrazione comunale il pagamento senza l’erogazione del servizio avrebbero attivato una richiesta diretta al Governo; sui servizi scolastici a domicilio non esiste ad oggi una progettazione neanche per un singolo caso che porti alla richiesta di svolgere il progetto educativo a casa degli alunni, che è una valutazione che deve essere fatta caso per caso, ma non ha sorvolato sul problema di sicurezza che noi invece abbiamo portato con forza. Quindi qualsiasi richiesta di domiciliari da parte della coop al momento non sarebbe autorizzata dal Comune”. Il presidio trasformato poi in assemblea “ha deciso di continuare, anche con mezzi a distanza, le nostre discussioni e rivendicazioni”, aggiunge il sindacato.