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Dopo sette anni nelle scuole un’educatrice si licenzia: “Non ci pago affitto e bollette”

Racconta di “amare follemente” il suo lavoro, che però “non viene riconosciuto come lavoro professionale e meritevole di tutele”. Sgb: “Il contratto nazionale delle coop sociali prevede salario povero e precarietà senza fine”.

20 Dicembre 2023 - 15:51

“Sono una donna di 29 anni compiuti, lavoro come educatrice professionale da 7 anni, laureata da 7 anni, ho avuto riscontri positivi da parte delle scuole con cui ho collaborato, mai avuto problemi sul mio comportamento o il mio lavorato all’interno della cooperativa. Oggi mi vedo costretta a cambiare totalmente mestiere per le condizioni in cui versano i contratti in questo settore”. La testimonianza, di una lavoratrice che preferisce restare anonima, è riportata dal Sindacato generale di base, “un contratto, quello delle Cooperative sociali che, pur non essendo pirata, prevede un salario povero e condizioni precarie a tempo indeterminato”, peraltro in attesa di rinnovo, ma la cui “trattativa è tenuta segretissima dai firmatari (Cgil, Cisl, Uil e Legacoop, Confcooperativa,  Agci)” e “non migliorerà le condizioni salariali e probabilmente non recupererà neanche l’inflazione”.

Tra le storture segnalate nella lettera dell’educatrice, che nel 2023 è stata retribuita in media 1094 euro al mese, ci sono i contratti da dieci mesi, con gli altri due mesi all’anno in cui “occorre cercare un altro impiego che mi vedrebbe impegnata nei mesi estivi senza la possibilità di prendermi le ferie di cui ogni lavoratore avrebbe diritto” e il “continuo cambiamento di orario”, poiché “i contratti – si spiega – sono tutti part time ma spalmati all’interno della giornata in modo tale da non riuscire a cercarsi un altro impiego, salvo sabato e domenica, giorni di riposo settimanale”. Ancora, contratti che variano “due-tre volte l’anno”, anche “al ribasso” e “per qualsiasi imprevisto non vengo pagata”.

Prosegue l’educatrice: “Mi sono posta delle domande a cui mi sono data una risposta, ma le rivolgo anche a voi che leggete. Davvero una persona che vuole semplicemente lavorare e avere una vita dignitosa può pensare di fare un’esistenza lavorativa così precaria pur non essendolo di fatto? Davvero una donna di 29 anni si deve ridurre ad avere o un compagno/a o una famiglia benestante per poter anche solo permettersi un monolocale? Davvero nel 2023 il lavoro dell’educatore professionale nelle scuole, che ci vede impegnati con bambini e ragazzi portatori di grandi fragilità dove succede non così raramente di essere coinvolti in situazioni pericolose per la nostra salute (ossa rotte, calci, pugni, lesioni a noi e ai nostri oggetti personali come occhiali da vista vestiti ecc.), non viene riconosciuto come lavoro professionale e meritevole di tutte le tutele economiche e sociali al pari di – per esempio – un insegnante di sostegno? Davvero una lavoratrice che ama follemente questo lavoro, che ha studiato e continua a farlo, che si impegna, che non si è mai alzata pensando ‘che due scatole devo lavorare’, che ha sempre cercato di sopravvivere con questo mestiere si deve ritrovare a dimettersi per scegliere un lavoro che odierà ma che le permetterà di pagare una bolletta e un affitto? Sì”.