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Ricordate le battaglie di piazza Verdi? Undici anni dopo, 25 condanne (a pochi mesi)

Nel maggio 2013 in zona universitaria in due occasioni arrivò la celere per sgomberare delle assemblee con cassa e microfono. La seconda fu respinta, ma prima della carica un dirigente della Digos fu udito chiedere a un collaboratore del sindaco: “Allora che si fa?”. Ieri la conclusione del processo di primo grado.

24 Aprile 2024 - 11:27

“Un microfono collegato a una cassa. È contro questo mirabolante ritrovato della tecnologia che, ieri sera, qualcuno ha spedito decine di agenti in tenuta antisommossa in via Zamboni. Obiettivo: impedire un’assemblea con le lavoratrici della Sodexo che lottano contro il licenziamento. Perchè? Perchè c’era di mezzo un microfono collegato a una cassa”. Iniziava così all’indomani dei fatti un’editoriale di Zic del 24 maggio 2013, titolato “Peggio (perfino) di Cofferati“, perché era ancora fresco il ricordo dell’amministrazione più securitaria del dopoguerra bolognese e della particolare dedizione al manganello che dimostrò la polizia in quegli anni. Nel 2013 al posto di Cofferati a Palazzo d’Accursio c’era il suo ex assessore all’Urbanistica, Virginio Merola, oggi deputato, ma la musica non era cambiata poi tanto. C’era un regolamento di polizia urbana che vietava di usare strumenti di amplificazione in piazza, e non faceva differenza tra un concerto heavy metal e un’assemblea sindacale: con le buone o con le cattive, il divieto andava fatto rispettare.

Una clamorosa conferma arrivò quattro giorni dopo. I collettivi sfidarono nuovamente il divieto, i reparti antisommossa non mancarono l’appuntamento e la redazione di Zic intercettò un interessante scambio: un dirigente della Digos si avvicinò a un funzionario dello staff del sindaco e gli chiese: “Allora che cosa si fa?”. Il secondo si attaccò al telefono e poco dopo, cercando invano di non essere udito, rispose: “Possono passare solo se non portano il megafono… altrimenti no!”. La polizia cercò anche stavolta di impedire l’assemblea amplificata (orrore!) ma le oltre mille persone in piazza la costrinsero a ritirarsi.

Nel giro di una settimana la Procura ebbe premura di comunicare che sei persone erano indagate per i fatti di entrambe le giornate, 19 solo per il 27 maggio, quattro solo per il 23 maggio. Altre furono identificate nei giorni successivi. Mooolto più tempo c’è voluto per arrivare a celebrare un processo: quello di primo grado si è chiuso ieri con 14 assoluzioni e 25 condanne a pene comprese tra i 4 e i 7 mesi. La Procura aveva chiesto condanne da otto mesi a due anni e quattro mesi per l’unica accusa non ancora prescritta, vale a dire quella di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Gli altri reati contestati, come lesioni a pubblico ufficiale, getto pericoloso di cose, accensioni pericolose e manifestazione non autorizzata, si erano infatti già prescritti prima dell’avvio del processo nel giugno 2021. Per quasi tutti i condannati è stata disposta la sospensione condizionale della pena. Fanno eccezione cinque persone, una delle quali ha chiesto e ottenuto, tramite il suo legale, di vedersi commutata la condanna a sei mesi in una multa.