A San Pietro in Casale oggi si è svolta una passeggiata con intitolazione simbolica delle vie “alle donne che hanno lottato per costruire un mondo più bello”. Nuove iniziative in programma sia per avvicinarsi allo sciopero femminista e transfemminista che nella stessa giornata di martedì, prima del corteo finale.
In cammino verso l’8 marzo? “Facciamoci strada”. Si intitola così l’iniziativa che si è svolta oggi a San Pietro in Casale con l’associazione Primo Moroni, Falling book, Anpi, Udi e Aidos: “Passeggiata con intitolazione simbolica delle strade di San Pietro alle donne che hanno lottato per costruire un mondo più bello”. Un modo per immaginare “una nuova toponomastica che tragga ispirazione dalle loro vite e dal loro l’attivismo”, spiegano le realtà che hanno promosso la passeggiata, che è partita da piazza Calori ed è arrivata in piazza dei Martiri dove è stata espressa la richiesta di dedicare a Osanna Lambertini la Biblioteca ragazzi.
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Alle iniziative attorno all’8 marzo già segnalate da questo giornale, intanto, si aggiungono nuovi appuntamenti. Stasera “Party strike” di Non Una Di Meno all’ExCentrale di via Corticella 129: dalle 18 banchetti di autoproduzione e d.i.y transfemministe, dalle 21 dj set. “A pochi giorni dallo sciopero vogliamo incontrarci, parlare e festeggiare per far rimbombare ovunque il grido dello sciopero”, scrive Non Una Di Meno. Per l’8 marzo, invece, Usb convoca un presidio alle 8 davanti alla biglietteria Tper di via Marconi: “Le lavoratrici delle biglietterie Tper di Bologna in appalto alla Holacheck si mobilitano per rivendicare giuste condizioni di lavoro e di salario, per denunciare la politica aziendale di compressione dei diritti e il sistema degli appalti, che nei servizi pubblici si traduce in abbassamento della qualità del servizio alla cittadinanza e impoverimento di lavoratrici e lavoratori”. Sempre l’8 marzo, Laboratorio Cybilla e Cua danno appuntamento alle 9 in via Zamboni: “Blocchiamo l’Università”, è l’appello dei due collettivi, “interrompiamo la riproduzione del patriarcato all’interno della nostra Università – rompiamo la norma, spezziamo il disciplinamento, abbattiamo lo stereotipo! Interrompiamo la produzione dell’azienda Unibo, contro lo sfruttamento dell3 student3 e il ricatto del merito!”. Nella stessa giornata, alle 9 si terrà anche un presidio sindacale davanti alla Prefettura promosso da Sgb e Cobas. “Contro la violenza verso le donne e contro la guerra– scrive Sgb– appuntamento a tutte le lavoratrici e i lavoratori” per dire: “Non un soldo per la guerra, investimenti su welfare e servizi pubblici”. Lo sciopero globale femminista e transfemminista dell’8 marzo è uno “strumento politico, intersezionale, internazionalista- affermano i Cobas scuola– in grado di unire e sostenere le lotte locali e le lotte transnazionali mettendo in relazione soggettività diverse e sfruttate in tutto il mondo e denunciando l’intersezionalità dello sfruttamento patriarcale che non è solo sessista ma anche classista e razzista”.
Le tante realtà che hanno deciso di mobilitarsi per l’8 marzo confluiranno poi nella manifestazione lanciata da Non Una Di Meno in piazza XX Settembre: concentramento alle 17, poi alle 18 partirà un corteo che si concluderà in piazza Maggiore: “Lungo il tragitto – via Indipendenza, viale Angelo Masini, viale Berti Pichat, Porta San Donato, via Irnerio, via Indipendenza, via Rizzoli – ci saranno degli interventi tematici che sottolineeranno le ragioni dello sciopero femminista e transfemminista e perché questa lotta è ancora necessaria e urgente”, comunica Non Una Di Meno. L’8 marzo “scendiamo in piazza insieme a Non Una di Meno per lo sciopero femminista e transfemminista. Scendiamo in piazza come migranti e donne che non hanno mai smesso di ribellarsi contro violenza maschile e razzismo”, scrive il Coordinamento Migranti: “Scendiamo in piazza contro il ricatto del permesso di soggiorno sulle nostre vite e su quelle dei nostri figli e le nostre figlie, per lottare contro lo sfruttamento che alimenta. Scendiamo in piazza contro la guerra per rifiutare che milioni di persone, per sfuggire alle bombe, debbano accettare di essere rinchiuse in campi profughi e sfruttate in condizioni miserabili in tutta Europa”.