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Pm contro Si Cobas e Usb, anche Bologna alza la voce: “Le lotte non si arrestano!”

Su iniziativa della Procura di Piacenza, nell’ambito di un’inchiesta sulle vertenze nel mondo della logistica, diversi dirigenti dei due sindacati sono stati colpiti da arresti domiciliari e altre misure cautelari. Nelle proteste scattate a livello nazionale si inserisce anche il capoluogo emiliano: stamattina presidio davanti alla Prefettura e poi corteo.

20 Luglio 2022 - 13:31

Anche Bologna alza la voce contro una pesante offensiva giudiziaria che ieri ha colpito il sindacalismo di base e conflittuale interessando, con arresti domiciliari e altre misure cautelari richieste dalla Procura di Piacenza, diversi dirigenti del Si Cobas e dell’Usb con accuse che a vario titolo riguardano le lotte che negli ultimi anni hanno caratterizzato il mondo della logistica. A Bologna entrambi i sindacati hanno convocato per la mattinata di oggi un presidio davanti alla Prefettura in piazza Roosevelt, rilanciato anche da diverse altre realtà cittadine, che si è poi trasformato in un corteo nel centro città.

All’alba di ieri mattina “sono state emesse pesantissime misure cautelari dalla Procura di Piacenza- hanno scritto i Si Cobas– dirette tra le altre agli arresti di quattro dirigenti nazionali dell’organizzazione sindacale Si Cobas. Agli arresti domicilari Aldo Milani, Arafat Elnaahhas Ali Mohammed, Carlo Pallavicini, Bruno Scagnelli. Colpiti dalle medesime misure anche due esponenti nazionali di Usb mentre altre due misure cautelari sono state emesse per altri due esponenti locali di Usb. Questa operazione ha l’obbiettivo di infangare e screditare il sindacalismo conflittuale nel suo insieme, strumentalizzando singoli episodi, del tutto fisiologici, di dialettica interna tra i lavoratori di diversa appartenenza di sigla all’interno di singoli magazzini, travisando volutamente i fatti, i termini e i contenuti di alcune dure vertenze sul territorio piacentino allo scopo di presentare le lotte contro lo sfruttamento e i salari da fame come una sorta di ‘faida’ tra sindacati per accaparrarsi qualche iscritto in più. I capi d’accusa vanno dall’associazione a delinquere a violenza privata, resistenza, interruzione di pubblico servizio, sabotaggio. Negli atti si evidenzia come ‘gli esponenti sindacali abbiano agito per ottenere condizioni migliorative per i lavoratori rispetto a quelle già previste dai contratti nazionali’, una logica quella sostenuta dalla procura piacentina propria di un sistema che si blinda a difesa di se stesso per continuare ad operare indisturbato cercando di azzerare anni di conflitto sindacale. Le lotte che la Procura vuole criminalizzare hanno portato in centinaia di aziende e magazzini a un miglioramento delle condizioni di vita e salariali di lavoratori e lavoratrici al superamento di quel sistema di sfruttamento e caporalato in cui hanno da sempre sguazzato finte cooperative spesso legate alla criminalità organizzata e che, con la complicità dei sindacati confederali, si è allargato e alimentato come un cancro proprio grazie alla compiacenza e all’omertà di quelle stesse Istituzioni e di quelle stesse procure che oggi si accaniscono contro il Si Cobas e l’Usb. Si tratta di uno schema, oramai consolidato, di ‘giustizia’ politica ad orologeria, laddove la Procura di Piacenza obbedisce ai richiami del governo Draghi che solo pochi giorni fa, attraverso un colpo di mano parlamentare, ha introdotto una nuova norma nel Codice civile che cerca di garantire alle grandi multinazionali della logistica l’immunità totale per tutti i furti compiuti dai loro fornitori sulle buste paga dei drivers alludendo alla possibilità di far venir meno il principio della responsabilità solidale negli appalti. Di fronte alla sfacciata ipocrisia della giustizia dei padroni Si Cobas ha proclamato lo sciopero nazionale con effetto immediato con mobilitazioni dentro e fuori ai luoghi di lavoro, e si impegna a fare sì che si sviluppi la massima convergenza ed unità d’azione con l’insieme delle forze sindacali, sociali e politiche di classe e antigovernative, a partire da Usb che è come noi bersaglio di questo squallido teorema accusatorio”.

Dopo anni di “denunce, anche alla magistratura, e di lotte contro un sistema che schiavizza i lavoratori della logistica”, è il testo diffuso dall’Usb, ieri mattina all’alba “alcuni dirigenti dell’Usb della logistica e del Si Cobas hanno avuto l’amara sorpresa di ricevere la visita della polizia che gli ha comunicato provvedimenti cautelari. La cosa non ci sorprende visto l’enorme volume di iniziative sindacali portate avanti in questo vitale segmento del mondo del lavoro, ma non è facile da digerire. Mentre tutti i responsabili della catena degli appalti e subappalti, del lavoro precario, ricattato, schiavistico, sono ormai nelle loro residenze estive, i compagni che da anni portano avanti le lotte per ottenere migliori condizioni di lavoro e per l’assunzione di migliaia di lavoratori precari o costretti a continui cambi di appalto sono stati oggetto ‘dell’attenzione’ della magistratura e oggetto di indagini o di pesanti limitazioni alla libertà personale e, aggiungiamo noi, sindacale. A questi compagni è stata notificata una lunga serie di reati quali ‘scioperi, picchetti, occupazioni, blocchi stradali ecc.’ ossia esattamente quello che si dovrebbe fare quando il lavoro non rende liberi ma schiavi. A questi compagni si contesta, sostanzialmente, il reato di fare sindacato, e di non essere complici delle aziende, mediante accordi migliorativi raggiunti con le lotte e che i padroni vorrebbero far passare come ‘estorsione’. Rivendichiamo con forza il diritto di fare sindacato a difesa delle condizioni lavorative e salariali di tutti i lavoratori, ad iniziare da quelli della logistica, e rivendichiamo l’uso di metodi di lotta, come quelli oggetto della repressione poliziesca e padronale, finalizzati al miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Siamo consapevoli che ai padroni questi metodi non piacciono, visto che li costringono ad arrivare ad accordi sindacali che non sono da loro dettati, come accade con altre organizzazioni sindacali. Questa violenta operazione poliziesco/padronale, finalizzata a rompere il ciclo di lotte consolidatosi in questo determinante settore della catena del valore e per porre ulteriori limiti al diritto di sciopero, di cui sono state interpreti le nostre organizzazioni sindacali e le migliaia di lavoratori che ad esse aderiscono, ci conferma che la rottura della catena dello sfruttamento e dell’oppressione padronale è possibile e la reazione scomposta della magistratura, le denunce padronali, gli omicidi durante i picchetti, i licenziamenti e tutto l’armamentario che aziende e cooperative hanno messo in campo in questi anni ne sono la riprova”. In tutta Italia sono già ieri sono partite “le mobilitazioni, i presidi, gli scioperi nella logistica” e la giornata di oggi si prevede piena di appuntamenti “ancora più intensi con iniziative in tutte le piazze Italiane”. Il governo e la magistratura “vogliono metterci il bavaglio, ribelliamoci a questo disegno repressivo e scendiamo nelle piazze per rivendicare il nostro diritto a fare sindacato e per la difesa dei lavoratori con le forme di lotta più idonee al raggiungimento di questi obiettivi”.

Numerosi gli attestati di solidarietà espressi da diverse realtà sociali, sindacali e politiche bolognesi. Tra queste, riceviamo dall’Sgb e pubblichiamo: “Una tesi aberrante con la quale si criminalizzano tutte le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori portate avanti in migliaia di luoghi di lavoro, insieme alle organizzazioni sindacali alternative al sistema di concertazione sindacati/governi/padroni con il quale hanno cercato di rendere completamente subalterni gli interessi della classe lavoratrice a quelli dell’economia del mercato e della finanza. Oggi, con il nostro paese in guerra per conto della Nato che ci ha catapultati dentro una economia di guerra fatta di recessione ed inflazione contemporaneamente, salari più bassi di quelli di trenta anni fa, milioni di disoccupati e di poveri anche fra chi un lavoro ce l’ha; la voglia di regime di chi ha portato a questa condizione, sembra materializzarsi davanti i nostri occhi. Esprimiamo solidarietà e vicinanza ai compagni vittime di una campagna che sempre più si configura come un attacco politico al diritto di sciopero e contro il sindacato di classe e le lotte dei lavoratori e nel confermare la nostra internità al comune percorso di lotta contro le politiche del Governo Draghi, dichiariamo la nostra disponibilità per le iniziative pubbliche che si vorranno intraprendere”.

Riceviamo dai Cobas: “Questo ripetuto accanimento contro le lotte che vengono equiparate a reati, riguarda tutti coloro che confliggono contro contrattazioni inique, diritti violati, governi inadempienti e per la difesa dei territori;in particolare nel settore della logistica da quando questa attività è divenuta centrale nell’industria, nel commercio e nella grande distribuzione, e che grava particolarmente sui lavoratori addetti, ipersfruttati e vittime di repressione per qualsiasi rimostranza. Tanto che le istituzioni si muovono in soccorso di questo apparato di sfruttamento (invece di indagare sulla catena dei sub appalti, irregolarità, sfruttamento schiavista), fino a tentare di inserire il settore della logistica nella L 146/90 , ‘equiparandolo a servizio pubblico essenziale’, con lo scopo di eliminare la conflittualità e gli scioperi; ed insieme, la modifica al Pnrr con il DL 36/22 sullo scarico di responsabilità del committente (voluta da centrodestra e accettata dal governo Draghi) che evita al committente in capo all’appalto qualsiasi responsabilità contrattuale e penale. La Confederazione Cobas ritiene gravissimo, ingiusto e preventivamente punitivo l’arresto degli indagati a cui va la nostra solidarietà e l’impegno per la loro pronta liberazione”.