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“No alla schiavitù”, la prima volta in piazza degli studenti africani dell’Unibo

Domani corteo da piazza Verdi alla Prefettura. Ieri, intanto, protesta dei collettivi contro l’Anvur. Cua: “Soldi per l’uso del 38 dopo le 19, inaccettabile”. Prosegue la campagna dei Fuori sede non fuori casa.

01 Dicembre 2017 - 15:13

No agli accordi tra Italia e Libia, no anche ai Daspo urbani applicati dal Comune di Bologna. Si presenta così la manifestazione indetta per domani dal Comitato studenti migranti e dal Coordinamento migranti (concentramento in piazza Verdi dalle 15) con l’adesione di varie sigle tra cui Asahi, associazione Cheikh Anta Diop, Cobas, Comunità Eritrea democratica, Comunità pakistana, Comunità del Bangladesh, Csa Grotta Rossa, Diaspora ivoriana, Made in Woman, Oeds-Organizzazione dei migranti per lo sviluppo del Senegal, Non una di meno, Aprimondo, circolo anarchico Berneri, Usi e Yerèdemèton. “Per la prima volta gli studenti migranti dell’Università di Bologna, provenienti da diverse nazioni africane- spiegano i promotori, che ieri hanno tenuto una conferenza stampa- hanno deciso di scendere in piazza contro la schiavitù per la libertà dei migranti, contro gli accordi italiani ed europei in Libia e con i governi africani, contro le restrizioni della libertà che i migranti che sono riusciti a superare il Mediterraneo subiscono nel sistema dell’accoglienza in questo paese, contro i ritardi e i costi nel rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio”. Da piazza Verdi si prevede la partenza di  un corteo che attraverserà il centro città per andare a protestare sotto le finestre della Prefettura e fare poi ritorno in zona universitaria.

Sempre in Ateneo, intanto, ieri si è svolta la protesta annunciata da diversi collettivi (Exarchia, Link, Noi Restiamo e Rethink) contro la presenza a Bologna dell’Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca. “La suddivisione in Università di serie A, al nord, e di serie B al sud Italia non fa altro che aumentare le migrazioni di studenti dalle facoltà del meridione in un polo di eccellenza, come quello di Bologna, che però ha poi problemi di sovrannumero di studenti, in cui le aule non riescono a contenerli”, hanno spiegato i collettivi in presidio: l’Anvur ha il compito di ripartire i fondi nelle Università italiane sulla base dell’efficienza della didattica e la qualità della ricerca ma secondo i collettivi “accentua, con il suo meccanismo di concorrenza premiale, il processo di definanziamento dell’Università pubblica”.

Questa, invece, è la segnalazione diffusa dal Cua sul tema dell’uso degli spazi dell’Ateneo: “Quello che sta accadendo all’Università di Bologna è sintomatico di una precisa volontà da parte del rettore Ubertini di chiudere gli spazi a studenti e studentesse, di limitarne la fruibilità e di garantirne l’accesso solo a seguito di un ulteriore pagamento. Anche in via Zamboni 38, da qualche mese, sarebbe infatti obbligatorio versare una somma in denaro per l’utilizzo delle aule in orario extra curriculare (dopo le 19): non basta più insomma versare la tassazione annuale (tra le più alte d’Italia tra l’altro), si aggiunge un’ulteriore costo, come si dovesse prendere temporaneamente in affitto un bene privato (sic!). Nonostante all’Alma Mater ci siano sempre meno spazi, il rettore pensa sia fondamentale chiudere quelli rimasti e riservarli a chi ha la disponibilità e la volontà di pagare per poterne usufruire. È inaccettabile che quest’anno anche la Scuola di Lettere sia costretta ad attuare questo regolamento che già da qualche tempo vige nel resto dell’Ateneo”. , che prosegue: “Questo non solo colpisce la libertà degli studenti di aggregarsi in iniziative libere e autoconvocate, ma toglie ancora libertà decisionale ai dipartimenti, che non soltanto si trovano sotto l’egida dei giudizi Anvur a dover uniformare i propri corsi di studio e i propri orizzonti disciplinari in base ai criteri valutativi e le esigenze strutturali dell’università azienda di stampo neoliberale, penalizzando la ricerca e la molteplicità di saperi che l’università dovrebbe ospitare, ma anche per quanto riguarda gli spazi fisici sono costretti a sottostare ai diktat di un rettore sempre più accentratore che non consente di decidere sui propri spazi né agli studenti, che sono costretti a pagare, nè ai dipartimenti che a causa di questo provvedimento si trovano privati di un’ulteriore spazio di autonomia decisionale. È inaccettabile che in università si continuino a chiudere spazi, soprattutto dopo i noti avvenimenti del 36, pensiamo che sia non solo giusto ma necessario usufruire delle aule dopo l’orario didattico con iniziative culturali e di socialità autoconvocate e autogestite, senza dover versare denaro, richiesta spregevole da fare a studenti e studentesse in condizione di totale precarietà, magari pure senza casa, magari pure borsisti, magari pure lavoratori a tempo determinato a 5 euro l’ora a Fico. Per questo settimana scorsa abbiamo occupato il 38. Abbiamo ospitato il djset di o’ Zulu, storica figura dell’underground italiano, così come nella serata di ieri centinaia di studenti e studentesse si sono riappropriati degli spazi universitari per trascorre una serata di socialità. In quegli stessi corridoi che ogni giorno attraversano correndo, da una lezione all’altra, dal posto di lavoro all’aula studio all’esame senza fermarsi un attimo. Nei prossimi giorni altre iniziative riempiranno gli spazi della scuola di lettere, a partire da domani in cui verrà presentato il libro ‘Carne da macello’ a cura dei S. i. Cobas, cui seguirà – il 7 dicembre – la presentazione del libro ‘Hevalen – Perchè sono andato a combattere in Siria’ assieme al Laboratorio Crash! e con l’autore Davide Grasso e WuMing 1. Settimane fa impedimmo di parlare ad un gruppo fascista che in Università voleva “discutere” di guerra in Siria, convinti che solo dall’ipotesi di nuova società in costruzione in Rojava possano arrivare veri e lucidi sguardi su quella complessa situazione geo-politica, sulla lotta contro l’Isis, solo dai combattenti donne ed uomini delle Ypg e Ypj. Pensiamo che all’Unibo e in generale negli atenei italiani, che si allontanano sempre di più dai bisogni di studenti e studentesse, avvicinandosi piuttosto agli interessi dei privati che sull’università investono, sia necessario dare spazio a chi si batte per la libertà di tutti e tutte. Per questo parleranno i facchini e le facchine della logistica che in un generale rifacimento dello spazio urbano coi propri corpi difendono i loro diritti e la propria libertà di autodetermiazione per non sottostare ai ricatti del mercato; così come chi lascia la propria città, la propria casa, per unirsi alle unità di protezione popolare (Ypg) per combattere contro l’Isis contribuendo con il proprio corpo alla libertà di tutti e tutte noi”.

Infine, prosegue la mobilitazione degli studenti Fuori sede non fuori casa: “A partire da ottobre, come studenti fuorisede, ci siamo mobilitati per provare a trovare insieme delle soluzioni al problema dell’emergenza abitativa che, quest’anno più che mai, ha coinvolto migliaia di giovani, costretti a rinunciare al proprio percorso formativo perché senza una sistemazione stabile in città. Dopo un primo momento di confronto collettivo, che ha visto Nautilus Autogestito come crocevia di differenti esperienze nel trovare casa, abbiamo deciso di chiedere agli attori cittadini coinvolti delle soluzioni concrete. Siamo quindi andati da Er.Go, l’ente regionale per il diritto allo studio, e una volta entrati negli uffici siamo riusciti a parlare con la responsabile, ottenendo una proroga dell’invio dell’autocertificazione necessaria per ricevere la borsa di studio come studenti fuorisede con l’aggiunta della possibilità di immettere i propri dati nel modulo anziché quelli del proprietario di casa, permettendo, quindi, anche a chi ospitato di avere più tempo per organizzarsi. A fronte di questa prima, seppur piccola, vittoria, siamo successivamente andati più volte in Rettorato chiedendo l’apertura di un tavolo permanente tra Università, Er.Go e Comune; dopo l’iniziale apparente chiusura dell’Università nei confronti di chi senza casa, abbiamo ottenuto un incontro con la Prorettrice agli studenti, Elena Trombini, con la quale abbiamo ribadito la necessità di dialogo tra studenti e i vari attori coinvolti in questa situazione. Abbiamo quindi ottenuto un nuovo incontro previsto per il 20 dicembre, che vedrà partecipare noi studenti, la prorettrice e il prorettore vicario, Mirko Degli Esposti, in vista di un successivo tavolo che coinvolgerà anche Er.Go. Convinti che questo problema non possa più essere ignorato e appurata la necessità di soluzioni reali, abbiamo stilato una lista di proposte che presenteremo all’incontro di dicembre: blocco delle tasse universitarie per gli studenti che, presentando certificazioni adeguate, dimostrano di non essere riusciti a trovare una sistemazione a causa del problema riscontrato da questa mobilitazione; nell’ottica di permettere anche a questi studenti di iscriversi all’Università di Bologna e di non rinunciare al pagamento della tassa di iscrizione, dovuta al fatto di non aver trovato casa, così da avere ancora tempo per organizzarsi nell’ottica di trasferirsi in città; contratti di affitto ad hoc per gli studenti universitari con patto di locazione tra Università e proprietari di case, riconoscendo il fatto che la condizione degli studenti in città è una condizione specifica che, come tale, merita specifici contratti e agevolazioni; stante il fatto che i cambiamenti urbani della città di Bologna impongono l’utilizzo di mezzi pubblici, chiediamo un sistema di trasporti che permetta anche agli studenti che vivono lontano dalle proprie facoltà di viaggiare in tempi modici a prezzi esigui”.