Acabnews Bologna

Comune gli nega residenza, Ayad:
”Qui c’è Merola o Salvini?”

Il Coordinamento Migranti segnala il caso di un richiedente asilo che non è riuscito ad ottenere l’iscrizione anagrafica: “L’accoglienza di Merola è un bluff”. In un’altra intervista, invece, a parlare è Ibrahim: “Così nella logistica si reclutano i richiedenti asilo per avere manodopera più sfruttabile”.

03 Aprile 2019 - 15:28

“Ma al Comune c’è Merola o Salvini? La Bologna ‘accogliente’ che nega la residenza ai migranti”. Così il Coordinamento Migranti introduce l’intervista ad Ayad, nome di fantasia, “richiedente asilo in attesa da quasi tre anni del parere della Commissione territoriale, che ci mostra quanto accogliente sia il Comune di Bologna: Merola pratica l’accoglienza a parole, siglando patti simbolici e chiedendo la sospensione altrettanto simbolica del decreto Salvini, ma poi lo applica alla lettera negando la residenza ai richiedenti asilo”. La segnalazione della vicenda di Ayad arriva in vista della giornata di mobilitazione organizzata per sabato. “Negare la residenza- scrive il Coordinamento Migranti- significa negare ai migranti la carta di identità, ovvero non avere i documenti per poter lavorare e accedere a servizi di ogni tipo, compreso il medico di base. Forse al Comune non sanno che, come sostenuto da diversi giuristi e dal Tribunale di Firenze e secondo l’indirizzo seguito da alcuni comuni, la legge non vieta ai richiedenti asilo l’iscrizione all’anagrafe, ma abolisce soltanto la procedura semplificata. La verità è che l’accoglienza di Merola è un bluff, è la faccia umana del razzismo di governo, che vuole i migranti sempre sull’orlo della clandestinità e pronti a essere sfruttati. È ora che il sindaco giochi a carte scoperte e dica chiaramente da che parte vuole stare: dalla parte di Salvini o dalla parte delle e dei migranti?”.

Ayad racconta nell’intervista: “Vivo in Italia da 2 anni e 9 mesi e da allora sto aspettando di essere chiamato dalla Commissione. Ho un permesso di attesa richiesta asilo che mi viene rinnovato ogni sei mesi ma non ho i documenti per poter lavorare”. E poi: “Vivo ospite in una camera di una parrocchia. Vorrei poter lavorare per potermi permettere un’altra vita. Ma senza l’iscrizione all’anagrafe non ho la carta di identità e trovare un lavoro, aprirsi un conto in banca perché mi paghino lo stipendio o anche semplicemente prendere la patente è impossibile. Non posso neanche prendere il medico di base”. A dicembre 2018 “sono andato all’anagrafe- racconta sempre Ayad- per chiedere la residenza e per avere la carta di identità. Mi avvertono che avrebbero mandato la polizia municipale all’indirizzo dove abito. La polizia municipale fa il controllo e va tutto bene. Dopo qualche giorno mi arriva la notifica dal Comune che mi nega la residenza perché ho fatto domanda dopo che la legge Salvini è entrata in vigore. Ma al Comune c’è Merola o Salvini? Ora ho fatto ricorso e sono in attesa di avere una risposta. Intanto, sono senza documenti e non posso fare niente. E sono pure quasi tre anni che aspetto la Commissione. Che cosa deve fare un migrante in Italia per costruirsi una vita?”.

Intanto, sempre da parte del Coordinamento Migranti prosegue l’inchiesta sul mondo della logistica. In questo caso l’intervista è a Ibrahim (nome di fantasia), facchino alla Dhl di Bologna, “dove l’agenzia interinale Randstad sta reclutando sempre più richiedenti asilo per avere forza lavoro ancora più ricattabile e sfruttabile, nonché per aggirare le conquiste sindacali ottenute negli ultimi anni nei magazzini Dhl”, scrive il Coordinamento. Racconta Ibrahim: “La paga è di 7,5 euro all’ora, che quando togli le tasse diventano 5 euro. A noi fanno contratti da pochissime ore, anche da 6 ore alla settimana ma poi ogni giorno aggiungono sistematicamente 3 o 4 ore di straordinario non pagato. Un turno di 4 ore diventa di 6-8 ore e un turno di 8 ore diventa di 10 ore. Se non fai gli straordinari non ti chiamano più. Io ho un contratto da 10 ore alla settimana, attacco a lavorare alle 16.30 e poi quando hai finito ti dicono che devi rimanere un’altra ora, e poi un’altra… e vado avanti fino alle 3 di notte. Quando finisco spesso non ho il passaggio in macchina e devo aspettare i primi autobus del mattino per poter tornare a casa. Alcuni ragazzi vengono in bicicletta e fanno un sacco di chilometri”. E ancora: “Se ti rifiuti di fare gli straordinari non ti chiamano più a lavorare. Avanti un altro! Siamo tanti, loro non hanno problemi. Se lavori poco non ti chiamano ma anche se lavori per troppo tempo, per esempio un anno, poi non ti chiamano più perché a un certo punto dovrebbero farti un contratto migliore. Se hai un contratto a tempo indeterminato non possono non pagarti gli straordinari. Lo fanno con i contratti brevi, soprattutto quelli da una o due settimane. «Tu non hai un contratto lungo» dicono «se vuoi lavorare devi darti da fare»”. Come sottolinea infine il Coordinamento, “il ricatto del permesso di soggiorno prova a mettere divisione anche tra i migranti. Ma se si resta uniti, come faremo vedere il 6 aprile, possiamo dire basta agli straordinari non pagati, basta allo sfruttamento e ai ricatti…”. Ibrahim: “Sì. Ci vuole fatica, ma le cose cambieranno. Tutti insieme possiamo dire basta!”.