Nel decalogo dell’inquilino: “Segnala le occupazioni”. Intanto all’esterno di Palazzo d’Accursio installazione #stopAirbnb, all’interno Lepore nega che il boom turistico sia causa della difficoltà abitativa di studenti e lavoratori. Imola, sfratto rinviato.
Il presidente di Acer Alessandro Alberani mercoledì ha tenuto una conferenza stampa, rispetto alla quale ieri è entrato in polemica il sindaco Virginio Merola, contrariato dall’accento posto sul dato del 52% di migranti tra gli assegnatari dell’ultimo bando Erp (ma attualmente a vivere nelle case popolari gli italiani sono l’82%).
Ma dietro il fumo alzato di questa querelle abbastanza sterile, si rischia di farsi sfuggire due dettagli. Che visti da vicino tanto dettagli non sono più. Il primo: Acer dichiara di gestire 19.705 alloggi nell’area metropolitana di Bologna, e di dare alloggio a 19.196 famiglie. Farebbero 509 appartamenti vuoti. Il secondo è la presentazione della lista delle “10 azioni per l’inquilino delle case popolari”. Molte sono facilmente intuibili: “Non fare rumore”, “paga l’affitto”, “tieni pulito” e così via. Però in fondo all’elenco c’è anche: “Combatti l’illegalità e segnala le occupazioni”. Nero su bianco, la duplice logica perversa per la quale il male assoluto sarebbero qualche decina di occupazioni e non centinaia di appartamenti sfitti, e per la quale si chiede ai meno abbienti di farsi poliziotti contro chi è ancora più indigente. Un palese invito alla guerra tra poveri, peraltro già in corso: Acer si vanta di aver “sventato” 84 occupazioni illegali, di cui 37 grazie alle segnalazioni di inquilini.
Altri dati sono contenuti in un report diffuso ieri dal Dipartimento di Sociologia e diritto dell’economia dell’Alma Mater. Sono state 4.696 le domande presentate al bando Erp 2018, per un totale di 14.062 soggetti coinvolti. Il valore Isee medio dei nuclei richiedenti è pari a 4.212 euro, una “situazione di estrema fragilita’”, si sottolinea nel report. Sono state invece 851 nel 2018 le domande di accesso ad alloggi a canone calmierato, con 2.583 persone coinvolte, con un Isee medio di 11.861 euro (erano 13.391 nel 2009).
“La domanda di casa e’ uno straordinario osservatorio sul cambiamento sociale che sta intervenendo nella nostra città e più in generale nel paese”, ha detto Maurizio Bergamaschi, responsabile della cura scientifica del report insieme a Marco Castrignanò. “Sappiamo che la povertà aumenta ed è sempre più intensa, ma nella condizione di povertà la domanda di casa incide in modo significativo. Sappiamo che le persone che vivono in condizione di povertà relativa o assoluta spesso si trovano in questa condizione perche’ l’affitto incide pesantemente sul reddito delle famiglie. Quindi guardare in specifico il tema della casa ci permette di registrare un cambiamento che sta
intervenendo nel corpo sociale”.
“C’e’ una domanda particolarmente elevata di alloggi Erp”, ha aggiunto Bergamaschi, “ma solamente una parte minima viene soddisfatta. Siamo di fronte a persone che hanno un diritto riconosciuto ma che non è esigibile”.-
Nell’edilizia privata il clima non è granché migliore. Il mercato degli affitti a lungo termine si è ristretto per la concorrenza di quelli turistici, i prezzi si sono impennati, studenti e lavoratori hanno enormi difficoltà a trovare casa. Ieri il tema era al centro della commissione Politiche abitative del Comune, mentre all’esterno apparivano sagome cartonate di ragazzi e ragazze corredate di fumetti che testimoniavano le difficolà di chi cerca una sistemazione e di hashtag #stopAirbnb. Le foto dell’installazione sono state diffuse sulla pagina Facebook di Lubo, insieme a un comunicato a firma “Laboratorio per il diritto alla città“.
“La situazione abitativa di questa città ha bisogno di soluzioni immediate su diversi fronti – si legge nel post – Ben venga il turismo ma, senza politiche pubbliche che regolamentino il fenomeno, aumenterà il rischio di provocare gravi problemi sociali. Non possono bastare vaghe dichiarazioni d’intenti con città in cui la natura del turismo è molto diversa – leggasi accordo di cooperazione stretto negli ultimi giorni tra i comuni di Bologna e di Barcellona. Chi si sposta a Bologna per studiare o lavorare da fuorisede deve affrontare un’interminabile Odissea in cui non è raro imbattersi in irregolarità come il nero o il mancato rispetto del contratto a canone concordato; l’ateneo è per il momento incurante della necessità di prendere dei provvedimenti per aiutare almeno la popolazione studentesca; gli studentati Ergo, per la prima volta, non hanno posti sufficienti a soddisfare le richieste di tutti i borsisti idonei, e intanto varie voci circolano sulla costruzioni di studentati privati e di lusso; i fondi stanziati per l’edilizia sociale e per scongiurare gli sfratti per morosità incolpevole sono decisamente insufficienti, mentre la tassa di soggiorno continua a venire impiegata per opere di gentrificazione nelle zone turistiche della città; il solo centro storico di Bologna ospita decine e decine di stabili demaniali sfitti. È il momento di chiedere concretezza all’amministrazione su tutte queste tematiche: non si può continuare a convivere con un mercato del turismo egemonizzato dalle piattaforme e privo di regolamentazione, che costringe chi cerca una stanza a continui sprechi di tempo e di denaro; non è possibile che Bologna, col suo ateneo in grado di attrarre studenti da tutto il mondo, non abbia una precisa linea politica sull’abitare; non è possibile che l’amministrazione ritenga più importante stanziare fondi pubblici per far sbranare la città al turismo piuttosto che tutelare le fasce sociali più bisognose di sostegno economico. La creazione del Laboratorio sul Diritto alla Città è, da parte nostra, un modo per fare leva sulle istituzioni e costringerle a discutere di diritto all’abitare, in modo da trovare le soluzioni migliori per ciascun aspetto della questione e da non mettere più nessuno e nessuna, che si tratti di studenti, lavoratori o senzatetto, nella condizione di privazione del diritto alla casa, ed è un modo per aprire e rendere pubblica una discussione oggi assente sui processi di trasformazione della città legati al turismo e alle nuove dinamiche economiche”.
In commissione a Palazzo d’Accursio l’assessore Matteo Lepore ha affermato che incontrerà il ministro del Turismo Gian Marco Centinaio (Lega) per avanzare le proposte dell’amministrazione rispetto alla regolamentazione delle piattaforme che offrono affitti brevi, ossia un limite alle case messe in condivisione, un tetto ai giorni in cui gli appartamenti possono essere messi a disposizione sulle piattaforme online, un codice identificativo per le licenze degli host. Lepore ha anche detto che sulle piattaforme online risultano “3.349 affitti brevi attivi a Bologna negli ultimi 36 mesi, con un tasso di occupazione dal 46% di gennaio al 77% di ottobre”, che “si stima che gli affitti brevi rendano 9.000 euro all’anno in piu’ rispetto a quelli lunghi”, ma che nonostante tutto ciò a suo dire le difficoltà di studenti e famiglie in citta’ “non e’ dovuta a Airbnb, ma alle dinamiche di mercato”, ovvero alla tendenza dei bolognesi di mettere in vendita le case vuote e non in locazione. Dunque a cosa serve la regolamentazione, di che va a parlare l’assessore con il governo fasciostelle? Delle preoccupazioni degli albergatori minacciati dal low cost?
A proposito delle politiche abitative del Comune, c’è un primo scoglio sul “piano dei mille alloggi” entro il 2021 strombazzato la settimana scorsa dal Sindaco: alcuni alloggi andrebbero ricavati da Villa Celestina, confiscata alla mafia nel 2008 e ormai fatiscente: “Non sarà facile ristrutturare questo immobile – ha affermato nei giorni scorsi Lepore – speriamo di fare partire l’intervento entro il mandato”.
Si registra infine un nuovo sfratto rinviato a Imola. Scrive lo Sportello Antisfratto: “Oggi P. e G., sotto sfratto per morosità dopo aver perso il lavoro, avevano un incontro, richiesto oltre un mese fa, con l’assessora alla casa Dhimgjini. Mentre l’assessora ha disertato l’incontro, lo Sportello Antisfratto Imola ha volantinato sotto al Comune in solidarietà con la famiglia sotto sfratto. Servono risposte concrete da parte delle istituzioni, e non il solito scaricabarile verso l’Asp o il terzo settore. A conclusione del presidio abbiamo avuto una piccola buona notizia, perchè lo sfratto, che si temeva imminente, è stato rinviato a gennaio, dando così un attimo di respiro alla famiglia per cercare una soluzione. Non è possibile però che il Comune continui a lavarsene le mani: il problema abitativo è causato dalla malagestione del patrimonio pubblico, dallo sfitto e dallo spreco di risorse. La povertà e la precarietà non sono colpe, ma problemi strutturali, sociali, collettivi, che le istituzioni non possono più ignorare!”.