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Virus, a Bologna 2.000 aziende chiedono deroghe per restare aperte

Intanto la Regione annuncia: tamponi agli operatori sanitari. Sgb al Comune: “Basta reticenze”. Dall’Xm24 sostegno alle lotte dei detenuti e ai mercati contadini obbligati alla chiusura. Letteradi un gruppo di operatrici/ori del Servizio di assistenziale domiciliare per anziani e disabili adulti: “Abbandonati, ma siamo professionisti non martiri”.

26 Marzo 2020 - 15:38

A Bologna sono quasi 2.000 le aziende che si sono rivolte alla Prefettura per chiedere deroghe e poter restare aperte nonostante la sospensione delle attività produttive non essenziali stabilita per l’emergenza coronavirus. L’accordo raggiunto ieri a livello nazionale dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) ridurre l’elenco dei codici Ateco e quindi delle imprese che hanno la possibilità di non chiudere: intanto, però, come si può vedere c’è una vera e propria corsa alla deroga. Intanto il prefetto ha disposto l’apertura di un tavolo permanente che lavorerà per settori, dando la precedenza nell’analisi delle richieste ai comparti alimentari e farmaceutici.

Nel frattempo, ieri la Regione Emilia-Romagna ha annunciato che tra domani e sabato inizierà un’attività diffusa per fare i tamponi agli operatori sanitari: queste analisi saranno “fatte con i  tamponi di sierologia. Se questi dovessero rilevare una positività faremo test più accurati, intanto cominciamo a fare questa attività di tipo preventivo su tutti gli operatori”, ha detto il commissario Sergio Venturi. Intanto prenderà anche il via la sperimentazione con un farmaco da somministrare a casa alle persone positive al covid-19 in cura a domicilio, molto probabilmente partendo dal Comune di Medicina. A Bologna, assicura poi il Sant’Orsola, “abbiamo un piano per cui riusciremo a testare periodicamente gli operatori sanitari” impegnati negli ospedali contro il coronavirus.

L’Sgb intanto non molla la presa sul Comune, chiedendo di “sapere quanti sono i contagiati da coronavirus, dove sono e cosa sta facendo l’amministrazione per contenere la pandemia” perchè “siamo stanchi di inseguire le situazioni di contagio e di essere noi come organizzazione sindacale ad avvisare i lavoratori sui nuovi casi di contagio”. Per Sgb: “non è più il tempo delle reticenze”, pertanto si avanzano diverse richieste a cominciare dalla “chiusura di tutte le strutture non strettamente indispensabili” e dalla “seria sanificazione di tutti i locali dove si son verificati dei casi di coronavirus”.

Un comunicato diffuso sul sito di Xm24, invece, prende posizione sulla situazione nelle carceri e le rivolte che si sono susseguite nelle scorse settimane. “Noi non abbiamo nessun dubbio: la strage è di Stato. Come collettività- è un passaggio del comunicato- crediamo che espropriare le persone della possibilità e dello spazio per recuperare il senso dalla propria esperienza, isolarle, emarginarle, reprimerle, punirle, costringerle in condizioni disumane, non possa essere sostenibile: disumanizzazione e violenza non saranno mai sinonimi di protezione e sicurezza. Pensiamo anche ai centri per l’identificazione e l’espulsione per ‘stranieri’, i centri di permanenza per il rimpatrio, luoghi dove il sistema di ‘accoglienza’ diventa detenzione amministrativa e privazione della libertà personale, dove il bisogno si trasforma in espropriazione, controllo e profitto. Confidiamo che questa rivolta che ha infuocato il paese possa essere l’occasione per costruire una riflessione più profonda per tuttx noi, che affronti il tema del carcere e delle istituzioni totali oggi, verso una più ampia lotta in senso abolizionista, per emanciparci collettivamente da luoghi disumani che non ‘proteggono’ nessunx, per il desiderio di un mondo senza recinti, frontiere, barriere, galere, ma soprattutto per considerare criticamente la realtà senza dimenticare mai i rapporti di forza che la regolano, perchè è questo che facciamo ogni giorno, dal basso, riducendo il danno di un mondo in cui trovare il proprio posto è impossibile, accanto alle ultime e agli ultimi”. Per questi motivi “ci impegneremo per sostenere e dare voce alla mobilitazione che si sta creando, perché le richieste di indulto e amnistia urlate con forza dalle rivolte di questi giorni nelle carceri di tutta la penisola vengano ascoltate. Con il conflitto, con la lotta, attivando canali reti e possibilità, con mezzi legali e con tutte quelle azioni di solidarietà non visibili subito a prima vista ma necessarie e importanti!”.

Dall’Xm24 anche un messaggio sui mercati agricoli, anche questi sospesi. “Supermercati aperti, ma mercati contadini chiusi: non c’è logica razionale dietro queste direttive, ma precise scelte politiche”. Oggi più che mai “abbiamo bisogno di cibo sano, a kilometro zero per stare bene e prenderci cura di noi. Ora più che mai abbiamo bisogno di luoghi all’aperto dove poterlo acquistare, senza doverci ammassare dentro i supermercati, dove tra l’altro è maggiore il rischio di contagio”, continua il comunicato, diffuso per condividere un appello lanciato da CampiAperti con una petizione (su Change.org) rivolta al Comune per chiedere l’istituzione di “sbocchi di mercato per i prodotti alimentari contadini locali a Bologna”.

Infine, si registra una lettera aperta a firma di Un gruppo di operatori ed operatrici del Sad Anziani e Disabili adulti del Comune di Bologna indirizzata ai colleghi, agli utenti e alle famiglie, alle cooperative, alle istituzioni politiche e sanitarie, ai sindacati e alla stampa. Il Sad è il Servizio assistenziale domiciliare e gli operatori dicono di sentirsi “abbandonati” nello svolgimento dei propri compiti. “Se il lavoro sul campo deve continuare, ebbene ciò deve avvenire in un clima di collaborazione, ricerca di strategie sostenibili (non solo nell’ottica dei costi economici), protezione, senso di responsabilità e, lo sottolineiamo, trasparenza!”, protestano le operatrici e gli operatori. “Alle nostre domande di chiarimento, ci è stato risposto: ‘Navighiamo a vista, non sappiamo cosa dirvi, ma avete le spalle larghe!’. E così noi continuiamo a lavorare, come sempre con impegno e responsabilità, ma con la tensione indotta dalla paura di essere veicoli di trasmissione della malattia, dal terrore di portarci a casa un nemico invisibile per aver preso l’autobus sbagliato o aver fatto una partita a briscola di troppo a casa dell’utente; quando sarebbe sufficiente una ristrutturazione completa del servizio Sad per ridurre entro limiti ragionevolmente accettabili la nostra esposizione, e quella dell’utenza, al contagio”. Alla luce di tutto ciò, “cercheremo di autotutelarci e tutelare l’utenza nei modi che riterremo più opportuni, nei limiti consentiti dalla legge, e ci stringeremo uniti attorno al diritto di vederci riconosciute tutte le ore di lavoro che abbiamo perso e che perderemo nelle prossime settimane. Siamo professionisti, non eroi ed eroine, né tantomeno volontari o martiri!”. Nella lettera ci sono diverse proposte: “La rimodulazione degli interventi domiciliari; la distinzione tra interventi veramente ‘essenziali’, perché volti alla soddisfazione di bisogni primari, ed interventi che possono essere sospesi in quanto basati, come spesso accade nel Sad Disabili Adulti, su progetti educativi di “socializzazione ed attività sul territorio” (la cui prosecuzione appare quanto mai fuori luogo, per non dire grottesca, in questo momento in cui le città sono blindate e a un passo dal coprifuoco); oppure su bisogni di persone parzialmente autosufficienti, che sono differibili o di cui, in molti casi, si potrebbero fare carico i familiari o altri care givers (spese, pulizie, interventi di monitoraggio/socializzazione), per quanto riguarda il Sad Anziani; la riduzione della durata degli interventi domiciliari e la razionalizzazione degli orari degli stessi, al fine di evitare una pericolosa sovraesposizione dell’utenza e degli operatori (costretti a muoversi da un punto all’altro della città e talvolta dovendo usufruire del servizio di trasporto pubblico) al rischio di contagio; l’utilizzo degli ammortizzatori sociali previsti dalla Legge e dall’accordo raggiunto dalle ‘parti sociali’ riguardo al Terzo settore, per compensare eventuali riduzioni dell’orario di lavoro, dovute tanto alla suddetta ridefinizione degli interventi quanto in generale agli effetti dell’emergenza sanitaria in corso (rinuncia al servizio di una parte degli utenti etc.); è inaccettabile che a questo fine possano essere utilizzate flessibilità oraria, permessi o ferie obbligatori e simili. Così come in generale è inaccettabile il ricatto ‘salute o reddito'”.