Collettivi, realtà autogestite e sindacati di base sollevano dubbi e criticità sull’ordinanza con cui Regione e ministero della Salute hanno sospeso scuole, università ma anche manifestazioni ed eventi pubblici, mentre le mobilitazioni in corso devono fare i conti con la situazione inedita.
Gli unici casi positivi di Covid-19 in regione sono stati registrati, finora, nel solo territorio piacentino, ma precauzionalmente ieri viale Aldo Moro e il ministero della Salute hanno emanato un’ordinanza che sospende fino a domenica 1 marzo compreso le attività di scuole, asili e università, manifestazioni, eventi e ogni forma di aggregazione in luogo pubblico o privato, gite di istruzione e concorsi. Il sindaco Virginio Merola ha parlato di una misura precauzionale e ha chiesto seccamente “di applicarla quindi e di non perdere tempo a discuterla”. L’ordinanza, a quanto si apprende, non coinvolge i dormitori pubblici, mentre non è ancora chiaro che succederà alle mense che distribuiscono cibo ai senza dimora.
Tra le iniziative di base e autogestite, di alcune è stato comunicato il rinvio, come l’assemblea pubblica di Non una di meno prevista per domani: “Non abbasseremo comunque la guardia di fronte al virus del patriarcato e alla violenza strutturale: ci vogliamo vive, oltre che in salute. Le donne saranno ancora una volta coloro che si sobbarcheranno il peso maggiore di quel lavoro di cura che è quotidianamente necessario alla riproduzione sociale. Un lavoro che si è ulteriormente intensificato con la chiusura delle scuole e di altri servizi pubblici. Un lavoro che faremo gratuitamente o addirittura dovendo perdere una parte significativa dei nostri già magri redditi, perché siamo anche precarie e lavoratrici autonome povere. È anche per questi motivi che non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare il percorso politico di comunicazione e agitazione permanente verso lo sciopero femminista e transfemminista globale dell’8 e 9 marzo. Le nostre vite valgono e troveremo il modo di farci vedere e sentire”.
Stanno discutendo il da farsi gli attivisti della campagna per la liberazione di Patrick Zaky: l’intenzione, dopo la notizia della proroga della carcerazione in Egitto dello studente dell’Alma Mater, era quella di tornare presto in piazza, ma ora, dice la presidente del Consiglio studentesco d’ateneo Anna Zavoli, “sarà difficile”.
Sospenderà fino al 1 marzo le attività, comprese quella della palestra Gino Mili ma escluso il bar, il circolo Guernelli, pur esprimendo forti dubbi sull’ordinanza: “Questa mattina gli autobus erano murati fino al soffitto nel solito orario di punta. Nei supermercati le code alle casse erano grupponi di 40/50 persone gomito a gomito. All Cup una marea di persone faceva la fila in uno stanzone pieno. Gli uffici postali sono come al solito pieni”. Quindi, “cosa riguarda la sospensione? Risposta… ogni forma di aggregazione… ovvero la gente che in forma autonoma si riunisce per fare cultura, politica, divertimento”.
Sulle restrizioni intervengono inoltre gli studenti di Fridays for future Bologna: “La città si mobilita con urgenza per l’emergenza corona virus, panico dilagante, chiusa l’università e probabilmente annullato ogni tipo di evento in settimana. Eppure a Bologna il limite giornaliero delle polveri sottili solo a gennaio é stato superato più di 11 volte, il limite giornaliero del particolato più pericoloso per la salute umana (PM 2.5), di 25 µg/m³, più di 17 volte. Ogni anno sono oltre 30.000 i nuovi casi di tumore in Emilia Romagna , circa 87 al giorno. Si stimano in media 35-40 decessi per tumore ogni giorno in regione. E come si sta procedendo? Approvando progetti per l’ampliamento della tangenziale e dell’autostrada, incrementando il traffico cittadino con una mobilità pubblica insufficiente, cara e centrocentrica. La verità che passa inosservata é che l’aria che respiriamo ogni giorno a Bologna ci uccide ma si decide lo stesso di investire sulla morte, facendo finta di niente manipolando le notizie. Perché si tace quando si tratta di crisi climatica? Perché ci sono troppi interessi in ballo!”.
Sgb ha scritto stamane di aver chiesto di essere convocata dal presidente della Giunta regionale “per approntare le misure nei luoghi di lavoro per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019”, contestando che a un tavolo programmato per oggi siano state chiamate “solo alcune organizzazioni sindacali, come se l’emergenza sanitaria in atto, riguardasse solo una parte del mondo del lavoro. L’organizzazione sindacale chiede di essere convocata immediatamente”. Il sindacato ritiene inoltre che “le contraddizioni contenute nella ordinanza congiunta Regione-Ministero Salute, sono molteplici e oltre a non garantire una omogeneità di misure preventive e di sicurezza nei vari ambiti lavorativi, non sciolgono il nodo delle lavoratrici e dei lavoratori in appalto che rischiano di vedersi decurtato lo stipendio a causa della chiusura delle scuole ed allo stesso tempo non normano in alcun modo le necessità di chi non può recarsi al lavoro per cura ed assistenza della prole”. Tra le altre richieste inviate ai vari enti, la convocazione di Rsu e Rls, la “convocazione straordinaria della riunione periodica della sicurezza in tutti gli uffici”, l’aumento di personale nella turnazione degli ospedali e il divieto di doppi e tripli turni. Sui posti di lavoro Sgb chede l’adempimenti di legge riguardanti il rischio biologico e la corretta informazione dei lavoratori. “Ribadiamo che SGB chiede che sia garantito lo stipendio pieno a tutti i lavoratori pubblici e privati ed il completo mantenimento dei diritti contrattuali, i costi dell’emergenza non devono ricadere sui lavoratori! Ove queste misure non venissero accolte, SGB dichiarerà lo stato d’agitazione su tutto il territorio regionale prevedendo forme di mobilitazione”, conclude il sindacato.
Interviene anche Usb: “Nella gestione dell’emergenza da Coronavirus la priorità è garantire la tutela della salute e dei diritti di cittadini e utenti, ma anche i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici e privati. Riteniamo necessario richiedere alle istituzioni competenti un costante aggiornamento nell’emanazione di direttive, precise e inequivocabili soprattutto per adeguare il livello dei servizi pubblici alla situazione che si è creata nel territorio. Le strutture sanitarie devono essere urgentemente dotate di personale e mezzi per affrontare la situazione, garantendo il massimo livello di sicurezza possibile per la salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Le misure di contenimento della diffusione del Coronavirus non possono ricadere sulle lavoratrici e lavoratori: ogni necessario provvedimento di sospensione o chiusura di servizi o attività produttive non può ledere i diritti di chi lavora o comportare una perdita di salario, comprese le assenze dovute alla chiusura dei nidi e scuole. Chiediamo da subito l’attivazione di uno specifico tavolo di crisi regionale per l’adozione dei provvedimenti necessari alla tutela dei diritti delle lavoratrici e lavoratori che garantisca anche una omogeneità dei provvedimenti sul territorio, a partire dall’attivazione di ammortizzatori sociali ordinari e in deroga. Gli enti e le aziende, pubbliche e private, devono adeguare immediatamente le misure di salute e sicurezza, dalla valutazione dei rischi ai provvedimenti di informazione e di dotazione dei dispositivi di protezione individuale utili al contenimento dell’epidemia”.
I Cobas del Comune hanno inviato alcune richieste al sindaco. La prima è “valutare la chiusura o almeno procedere all’invio di istruzioni più dettagliate riguardo lo svolgimento del servizio di apertura delle biblioteche (sia di quelle facenti parte dell’Istituzione Biblioteche che di quelle afferenti all’Istituzione Bologna Musei) che -da numerose segnalazioni pervenuteci- si trovano in una situazione di estrema incertezza organizzativa a causa della modifica alla prima versione dell’ordinanza decisa nella tarda serata di ieri (decisione che -non lo nascondiamo- ci lascia estremamente perplessi, vista la finalità dell’ordinanza) che ne ha decretato l’esclusione dalla chiusura al pubblico (deliberata invece per tutti gli altri istituti e luoghi della cultura previsti dall’art.101 del Codice beni culturali)”. La seconda: “Valutare la chiusura degli uffici di ricevimento al pubblico, almeno fino alla fornitura al personale di adeguati facciali filtranti protettivi e, negli casi di alto rischio contagio, di guanti usa e getta”. Infine, i Cobas chiedono di “dare indicazione alle imprese di pulizia di utilizzare prodotti disinfettanti sulle superfici che vengono maggiormente a contatto (maniglie, telefoni ecc.)”.