E’ una delle richieste avanzate dallo Sportello per il diritto all’abitare – Adl Cobas durante un’iniziativa organizzata oggi davanti agli uffici dell’amministrazione in piazza Liber Paradisus: “Ci sono inquilini che pagano 450 euro per una singola in situazioni in cui si sfiora il rischio di morte”.
Iniziativa di denuncia pubblica della situazione abitativa sul territorio, oggi, promossa dallo Sportello per il diritto all’abitare – Adl Cobas davanti agli uffici comunali di piazza Liber Paradisus. “L’intenzione è quella di sollecitare le istituzioni cittadine preposte su alcuni temi. In primis- spiegano le/gli attiviste/i- rispetto alla proposta che facciamo al settore politiche abitative, e altri uffici preposti, circa una mappatura straordinaria di alloggi fatiscenti e pericolosi; riceviamo in continuazione segnalazione da parte di inquilini i quali, oltre a pagare anche 450 euro per una stanza singola, vivono continuamente in condizioni di pericolosità per la propria salute, con situazioni in cui si è sfiorato anche il rischio di morte. In più chiediamo ai settori competenti una revisione dei criteri per l’accesso alla transizione abitativa, che permettano una presa in carico più ampia e adeguata da parte dei servizi sociali territoriali, i quali si rifanno a criteri ormai insufficienti e poco pertinenti rispetto alle problematiche che osserviamo tutti i giorni. Sfratti per finita locazione un esempio su tutti”. Al presidio hanno preso parte anche “alcune persone, seguite dal nostro sportello, che vivono quotidianamente le problematiche sopra esposte”, segnala l’Adl.
Scrive ancora il sindacato di base: “Evidenziamo nuovamente le condizioni sociali ed abitative che caratterizzano il tessuto sociale bolognese. Difatti, sono all’ordine del giorno casi in cui singoli e famiglie – anche a medio reddito- sono costretti ad allontanarsi dalle proprie abitazioni in maniera forzata, senza che prima abbiano trovato un’altra sistemazione adeguata. Tutto ciò perché la normalità oggi, purtroppo, significa vivere in edifici molto lontani dall’agibilità abitativa, a costi esagerati -anche più del 50% del reddito- avendo, inoltre, a che fare con proprietari la cui unica finalità è massimizzare la rendita immobiliare. Stanze umide e senza finestre, fughe di gas, impianti costruiti quarant’anni fa e mai sottoposti a manutenzione. Sono solo alcuni dei problemi che spingono le persone a lasciare la propria abitazione, senza essere certi di sapere dove andare successivamente. A ciò è necessario aggiungere il tema degli sfratti e delle finite locazioni, le quali riguardano ormai una grossissima fetta di popolazione che non rientra nei casi di grave emarginazione, ma che appartiene ad una fascia media, e che a causa del periodo che stiamo vivendo – costellato dall’inflazione, dall’aumento dei prezzi dei servizi e dell’energia, oltre che degli affitti stessi- avrà seri problemi a capire come arrivare a fine mese, figuriamoci a pagare un canone”.
Per questi motivi “oggi richiediamo la necessaria intermediazione delle istituzioni preposte -ossia l’assessorato alla casa ed al welfare- in primis per delineare una mappatura delle abitazioni fatiscenti e che mettono a rischio l’integrità psico-fisica degli inquilini, incentivando la manutenzione strutturale degli stessi, partendo innanzitutto dalla messa a norma. Oltre a ciò- continua l’Adl- rileviamo come i servizi sociali non siano adeguatamente calibrati rispetto alle nuove fragilità, che significa una composizione a medio reddito, la quale necessita di strumenti di welfare che supportino e aiutino una condizione di precarietà abitativa, piuttosto che favorire l’allontanamento dalla città. Un piccolo ampliamento del patrimonio a disposizione dei progetti di transizione abitativa non ammortizzerà la precarietà economica e sociale che affligge sempre più persone in città. Oltre a ciò siamo a suggerire una revisione parziale dei criteri di accesso agli stessi. Questi non permettono maggior supporto a situazioni che di fatto sono emergenziali, in particolar modo ciò a cui facciamo riferimento è la presa in carico di almeno sei mesi, l’ostatività dei contratti di lavoro indeterminati, il criterio della residenza per i singoli, dato che è stato ampliato quello per i nuclei misti”.