Opinioni

Pacchetto sicurezza: il governo Meloni contro le lotte e la marginalità

Riceviamo e pubblichiamo un commento sui tre disegni di legge approvati nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri: di fronte alle crescenti difficoltà vissute da studentesse/i, lavoratrici/ori e pensionate/i “l’unica risposta del Governo è una stretta securitaria e repressiva durissima: più polizia, più carcere”.

27 Novembre 2023 - 09:28

di Ettore Maiorana

Il governo Meloni affila le armi della repressione prendendo di mira le rivolte nelle istituzioni totali e le lotte di operai e ambientaliste/i. “Una stretta securitaria micidiale”, secondo qualche voce dell’opposizione. Eppure, non si può ignorare che il pacchetto sicurezza dell’esecutivo in carica si inserisce in un solco che, negli anni passati, anche il centrosinistra ha attivamente contribuito a scavare.

Lo scorso 16 novembre, dopo aver incontrato i sindacati di forze armate e polizia, il Consiglio dei ministri ha approvato tre disegni di legge che introducono nuove norme in materia di sicurezza pubblica, ordinamento penitenziario e tutela delle forze di polizia. Nello stesso pomeriggio, sulla sua pagina social, la premier Giorgia Meloni si è definita “orgogliosa” del nuovo pacchetto sicurezza. I disegni di legge prevedono più tutele per le forze dell’ordine e un inasprimento delle pene per chi resiste o fa violenza a pubblico ufficiale, ulteriormente aggravate nel caso in cui l’agente svolga funzioni di pubblica sicurezza o polizia giudiziaria. Alle forze di polizia, inoltre, auspicando un novello “far west” all’italiana, il governo Meloni concede di portare fuori servizio un’arma privata e senza licenza.

Il pacchetto sicurezza introduce poi il delitto di rivolta in istituto penitenziario. Dopo le rivolte carcerarie nei primi mesi di diffusione del coronavirus e la violenta mattanza dell’aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il governo Meloni risponde al sovraffollamento cronico delle patrie galere (al 119% secondo il report di Antigone Onlus) criminalizzando chi lotta per la dignità della pena all’interno delle mura carcerarie. Lo stesso vale per chi prova ad alzare la testa nei Cpr, strutture per straniere/i in attesa di rimpatrio che, pur non avendo commesso alcun reato, sono private/i della loro libertà e detenuti sotto il controllo delle forze di polizia. Sui Cpr è stato in queste settimane pubblicato un approfondito report dell’Associazione Naga e della Rete Mai Più Lager Rete – No Cpr che denuncia l’opacità nella gestione del Cpr di Milano e le violazioni alla dignità personale che subiscono le/i trattenute/i. Secondo il comunicato stampa del Consiglio dei ministri “si punisce lo straniero che, durante il trattenimento presso i centri per i rimpatri, mediante atti di resistenza – anche passiva – all’esecuzione degli ordini impartiti dalle autorità promuove, organizza, dirige una rivolta”. Si precisa poi che “per il solo fatto di partecipare alla rivolta, la pena è la reclusione da uno a quattro anni”. Ma gli obiettivi repressivi del Governo non si esauriscono qui.

La premier Giorgia Meloni ha infatti annunciato “un’ulteriore stretta” sul blocco stradale. Ripenalizzato da Matteo Salvini nel Decreto Sicurezza del 2018, il reato di blocco stradale all’epoca mirava chiaramente a frenare la stagione di lotte operaie nel settore della logistica. Questa volta, invece, sembrerebbero le/gli ambientaliste/i di Ultima Generazione ed Extinction Rebellion il bersaglio del governo Meloni che infatti propone pene aumentate per chi organizza blocchi stradali a scopo dimostrativo e per chi imbratta e danneggia monumenti. Una vera e propria campagna di criminalizzazione del dissenso.

Di fronte al sempre più diffuso disagio abitativo, al dilagante caro affitti e al fenomeno delle case sfitte, il governo Meloni risponde inasprendo le pene e velocizzando le procedure di sgombero delle occupazioni abitative. Ed è anche contro la marginalità e la piccola criminalità che si fa più duro l’intervento dello Stato. Non sarà più obbligatorio ma facoltativo il rinvio di esecuzione della pena per donne in stato di gravidanza. Secondo il ministro Piantedosi si tratterebbe di una misura per colpire “le borseggiatrici sui mezzi di trasporto”. A questo proposito è inoltre rafforzato lo strumento del Daspo, con il cosidetto Daspo ferroviario per tenere lontane dalle stazioni chi è anche solo accusato di furto. Viene poi esteso da tre a dieci anni il periodo utile per la revoca della cittadinanza concessa alla/o straniera/o in caso di reati gravi.

Alle crescenti difficoltà economiche di studentesse/i, lavoratrici/ori e pensionate/i, al caro vita – con l’inflazione attestata al 6,7% nell’ottobre 2023 – al crescente disagio sociale ed esistenziale che attraversa il nostro paese, l’unica risposta del governo Meloni è una stretta securitaria e repressiva durissima: più polizia, più carcere.