Manifestazione promossa da Non Una Di Meno, con partenza da piazza dell’Unità e corteo verso il centro, “per denunciare la violenza strutturale maschile e di genere contro le donne, che solo in Italia ha fatto più di 48 vittime dall’inizio dell’anno”.
Non Una Di Meno torna in piazza e insieme a tante altre realtà cittadine si riprende le strade di Bologna al grido: “Non abbassiamo la testa, non restiamo in silenzio”. La manifestazione (che rientra nella settimana di attivazione transfemminista transnazionale, in vista del Rivolta Pride di sabato) si è svolta nella serata di oggi con partenza da piazza dell’Unità per dirigersi verso il centro città, nel giorno corrispondente alla data ufficiale dell’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, con momenti performativi pensati “per denunciare la violenza strutturale maschile e di genere contro le donne, che solo in Italia ha fatto più di 48 vittime dall’inizio dell’anno compresa la giovanissima Chiara Gualzetti“, uccisa pochi giorni fa a Valsamoggia. Durante la manifestazione è stato ricordato anche Orlando (il 18enne omosessuale morto suicida a Torino), si è dato risalto alle tematiche connesse al sex working ed è stato riproposta l’azione comunicativa “Un violador en tu camino”.
“In Italia, in Europa e in tutto il mondo, l’attacco patriarcale e la violenza contro le donne e le soggettività LGBT*QIA continuano ad intensificarsi”, scrive Non Una Di Meno spiegando le motivazioni della manifestazione: “Eppure il contrasto alla violenza maschile e di genere e il sostegno ai Centri antiviolenza non hanno nessuno spazio nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e nella ricostruzione post pandemica della società”. La violenza “è sempre gestita in maniera emergenziale” e “senza un reddito di autodeterminazione e un permesso di soggiorno svincolato dalla famiglia e dal lavoro- continua Nudm- non sempre è possibile costruire percorsi di fuoriuscita dalla violenza; mancano ore di educazione sessuale ed affettiva nelle scuole; Il blocco dei licenziamenti non è riuscito a preservare i nostri posti di lavoro (a dicembre 2020 su 101.000 posti di lavoro persi ben 99.000 erano di donne); i continui attacchi alla libertà di decidere sui nostri corpi e sulle nostre vite, al diritto all’aborto, hanno sfruttato l’emergenza Covid-19 per negare l’autodeterminazione e riaffermare la narrazione della famiglia tradizionale e eterosessuale, come quella messa in scena dal primo ministro Draghi nella vergognosa passerella degli Stati Generali della Natalità e quella dell’opposizione reazionaria al Ddl Zan”.