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Covid-19, nel bolognese persi 11.000 posti di lavoro

Ma per risolllevare la situazione “nessuna fiducia” a Mario Draghi, secondo Rete dei Comunisti e Noi Restiamo ieri in piazza Nettuno. Nelle ore precedenti ha manifestato anche l’Assemblea per la salute del territorio: “Basta profitti sulla pandemia”. Scuole secondarie verso boom iscritti alle prime, Cobas: “Rischio classi pollaio, ma istituzioni rimpallano responsabilità”.

08 Febbraio 2021 - 17:34

Ammortizzatori sociali e blocco dei licenziamenti non sono bastati per fare fronte alle conseguenze della pandemia sull’occupazione. Nel bolognese a nel corso del 2020 ci sono 11.156 occupati in meno, secondo l’elaborazione della Città metropolitana sui dati Infocamere. A pagare il prezzo più caro i dipendenti delle agenzie di viaggio e del settore dei servizi di supporto alle imprese (-3463 addetti) , poi quelli di hotel e ristorazione (-2770), trasporti e magazzinaggio (-1944), commercio (-1847), manifattura (-1621).

Spetterà al prossimo governo, con tutta probabilità guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, invertire la tendenza, avvalendosi dell’iniezione di liquidità del programma Next Generation Eu? Non sono di questo avviso Rete dei Comunisti e Noi Restiamo, che ieri sera hanno manifestato in piazza Nettuno. Scrive la prima: “Questa crisi di governo corre verso la creazione di un esecutivo guidato da Mario Draghi, sotto dettatura della finanza europea e di Confindustria. Nessuna fiducia a Mario Draghi e all Unione Europea!”. Rincara la dose il collettivo: “Vaffanculo i tecnici perché noi lo sappiamo che i tecnici non esistono, esistono solo scelte politiche. E Draghi è il rappresentante degli interessi delle banche, della finanza, delle industrie europee. Draghi ha fatto pagare la crisi creata dalle banche ai lavoratori, ai giovani e alle donne. Nel nome dell’austerità ci troviamo ora con una disoccupazione giovanile al 30%, con un’emigrazione giovanile di massa, con l’esclusione sociale di migliaia di donne e uomini. Ma ci troviamo anche con un sistema produttivo distrutto, con una sanità al collasso, senza gli strumenti necessari a gestire la crisi del Coronavirus. Oggi Draghi vuole farci credere che non servono più le lacrime e sangue, che ci hanno distrutto abbastanza. Ora serve il ‘debito buono’. Questo ‘debito buono’ serve a salvare di nuovo il settore privato. Serve ad aumentarne la competitività e a supportare il progetto imperialista europeo. Serve ‘più Stato per il mercato’. E i costi di questo ‘debito buono’ saranno scaricati di nuovo sui lavoratori, sui giovani e sulle donne”. Assicura il collettivo che “non resteremo a guardare” ma “ci organizzeremo nelle piazze, nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro per spazzarvi via”.

Oltre al fronte economico resta in primo piano quello sanitario. L’Assemblea per la salute del Territorio nella giornata di ieri ha messo in atto una passeggiata informativa, con striscione e volantini, al grido di “basta profitti sulla pandemia, basta brevetti sui vaccini” e promuovendo un’assemblea pubblica per sabato 20 in piazza Maggiore, volta a costruire la Carta della salute, un “manifesto condiviso con tutta la città sul tema della salute, che dia la possibilità a tutti e tutte a di individuare le problematiche, le contraddizioni esistenti, le responsabilità di un sistema che non ha saputo proteggerci dalla pandemia, le rivendicazioni che come popolazione dobbiamo portare per un sistema in cui la salute non sia sottoposta a logiche di profitto”.

Resta un nervo scoperto la scuola. Scrivono i Cobas: “È passato un anno dall’esplosione della pandemia: le scuole sono state chiuse, hanno riaperto e alcune hanno richiuso per riaprire a metà. Cosa ci possiamo aspettare per il prossimo anno scolastico?”. Il sindacato riporta dati secondo cui nel bolognese ci sarà, a settembre, un boom di iscritti alle classi prime delle scuole secondarie e chiede “come verranno sistemati tutti questi ragazzi?”.

Proseguono i Cobas: “Per le future classi prime il numero oltre cui non si riesce a scendere è quello di 24- 25 alunni per classe; mancando gli spazi, non si può fare altrimenti.In questa situazione non potrà essere garantita né la sicurezza degli alunni e delle alunne, né quella dei docenti né tantomeno quella attenzione ai processi e ai bisogni educativi che la situazione vissuta negli ultimi due anni meriterebbe. È una questione che abbiamo posto già alla prima chiusura delle scuole: la pandemia ha portato allo scoperto una situazione da anni problematica che ora non si può rimandare ulteriormente.Occorre avere delle classi più piccole per permettere lo svolgimento dell’attività didattica in sicurezza ed avere un’autentica ripresa – questa volta al 100%-, non esistono altre soluzioni. Il nodo delle classi numerose e degli spazi per ridurre il numero degli alunni per classe deve essere sciolto immediatamente; ma da chi? Ancora una volta paghiamo la frammentazione della frammentazione delle competenze da parte delle istituzioni pubbliche: con chi si deve parlare per dire basta alle ‘classi pollaio’Ma per risolllevare la situazione “nessuna fiducia” a Mario Draghi, secondo Rete dei Comunisti e Noi Restiamo ieri in piazza Nettuno. Nelle ore precedenti ha manifestato anche l’Assemblea per la salute del territorio: “Basta profitti sulla pandemia”. Scuole secondarie verso boom iscritti alle prime, Cobas: “Rischio classi pollaio, ma istituzioni rimpallano responsabilità”.? I dirigenti scolastici, l’Ufficio scolastico regionale, la Regione, la Città metropolitana? Quando abbiamo posto la questione c’è stato un costante rimpallo di responsabilità, con ogni passaggio di consegna che aveva una sua giustificazione normativa”.