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Carceri, non si ferma il sovraffollamento

Nonostante il Covid-19 sono ancora centinaia le persone detenute oltre la capienza negli istituti dell’Emilia-Romagna. Mancano spazi per pernottamento e attività lavorative, mentre soprattutto chi non ha legami con la regione fatica a trovare un reinserimento sociale all’esterno.

01 Giugno 2020 - 13:16

L’emergenza coronavirus, nonostante i lutti, le tensioni e le difficoltà che ha determinato per i detenuti nelle carceri, non ha comunque consentito che si azzerasse lo strutturale sovraffollamento di quelle emiliano-romagnole. Sono infatti 177 le persone in più ristrette nel carcere di Bologna, 105 in più quelle a Ferrara, 99 a Reggio Emilia e 79 a Piacenza. Secondo il Garante regionale dei detenuti dell’Emilia-Romagna, intervenuto durante la commissione Parità e diritti di viale Aldo Moro, nei penitenziari della regione “c’è grande carenza di spazi per il pernottamento, ma anche per le attività lavorative e per quelle di rieducazione”, inoltre, ha detto ancora il Garante, “in Emilia-Romagna sono detenute molte persone che non hanno un legame con la regione, quindi diventa difficile il reinserimento sociale”. Per quanto riguarda i numeri, prima dell’emergenza si registravano quasi 4.000 detenuti, rispetto a una capienza regolamentare inferiore a 3.000 posti, “poi gradualmente questa presenza si è ridotta, soprattutto a causa della necessità di provvedere ai trasferimenti (in totale 457) a causa delle rivolte nelle carceri di Modena, Bologna e Reggio Emilia”.

Un’altra criticità è rappresentata dalla detenzione delle donne, in particolare quelle con bambini, rispetto alle quali -ha detto ancora il Garante- “si è cercato di verificare che non fossero presenti nelle carceri in questa fase emergenziale, perchè la presenza di bambini nelle carceri è un problema serio nella nostra regione”. Nel 2019, infatti, in Emilia-Romagna “sono stati 15 i neonati presenti, rimasti diversi giorni nelle nostre carceri nonostante non siamo dotati dell’istituto a custodia attenuata per madri detenute, di casa famiglia protetta o della sezione penitenziaria nido”.

Fra i temi evidenziati dalla commissione regionale inoltre è emerso quello dell’assenza dei domicili che consentirebbero di svolgere la detenzione domiciliare, mentre l’utilizzo di piattaforme digitali per i colloqui dei detenuti con l’esterno dovrebbero proseguire, abbandonando l’uso dei telefoni a gettoni.