Opinioni

Giustizia per chi lavora alla base dello sviluppo di Bologna

Un altro contributo nel percorso di Laboratorio Bologna, stavolta dai Municipi sociali: “Lo strumento dell’inchiesta per indagare e organizzare nuove composizioni del precariato sociale è il mezzo opportuno per addestrare nuovi algoritmi sindacali in grado di cogliere l’eccezionalità di questa fase”.

02 Ottobre 2024 - 12:08

di Municipi sociali

Bologna vive una fase espansiva della sua economia che sta producendo trasformazioni rapidissime lungo linee di sviluppo e fratture profonde nel corpo sociale. I temi, le crisi e i problemi che affrontiamo, dunque, avvengono in una situazione di crescita, non viceversa. Parliamo, allora, di crisi di sviluppo e non di crisi dello sviluppo. Lo strumento dell’inchiesta per indagare e organizzare nuove composizioni del precariato sociale è il mezzo opportuno per addestrare nuovi algoritmi sindacali in grado di cogliere l’eccezionalità di questa fase.

Inchiesta: casa, lavoro, algoritmo sindacale

Va da sé che con sindacali intendiamo le nuove forme di sindacalismo radicale metropolitano. Con algoritmi intendiamo quei dispositivi che possano connettere diversi piani dell’attivismo sociale, dal mutualismo ai servizi, dai percorsi di rivendicazione agli sportelli di tutela e assistenza: mettere cioè in algoritmo quello che appare frammentato, superando anche i limiti delle tradizionali vertenze sul lavoro. Siamo convinti che Laboratorio Bologna possa rappresentare un ambito in grado di esprimere al meglio la necessità di confronto, di connessione di percorsi di sperimentazione già attivi e di nascita di nuovi, adeguati alle trasformazioni epocali dell’oggi.

Sviluppo su working poors

Bologna, infatti, si fa sempre più città globale, attrae flussi di dati, capitali e persone, disegnando uno sviluppo che ha come architravi logistica, turismo, industria delle tecnologie fortemente connesse al mondo della ricerca e dell’Università. Eppure appare evidente l’incapacità di garantire condizioni di riproduzione sociale all’altezza, come mostra l’incubo-casa o la crescente polarizzazione della ricchezza con l’espansione dei redditi medio-bassi e intermittenti. Una dinamica altamente contraddittoria che non trova un equilibrio, acuendo dunque le difficoltà economiche di una fascia sociale sempre più ampia, dove crescono le disuguaglianze ma faticano ad emergere conflitti e vertenze decisive in grado di contrastare o almeno influenzare queste tendenze.

Infrastruttura e “servizi”

Casa e lavoro nella metropoli, dunque, ci sembrano due punti di partenza appropriati. Certamente vanno approfondite tematiche più generali anche dal punto di vista teorico-analitico (Cos’è turistificazione? Qual è l’influenza del polo tecnologico su composizione e dinamiche socio-economiche? Cosa intendiamo per piattaformizzazione della città? etc) ma ancora di più vanno individuate chiavi di interpretazione utili ad indirizzare piani di lavoro. Ci sembra proficuo, ad esempio, entrare in profondità nel concetto di servizi intesi quali ambiti e attività che fanno l‘infrastruttura necessaria allo sviluppo della valorizzazione di capitale nel contesto metropolitano, caratterizzati da lavoro povero, precario e femminilizzato. È su questo crinale, crediamo, che si dispiegheranno le contraddizioni – e le potenziali lotte – decisive per il futuro della città.

Stare nelle trasformazioni: casa e abitare

Il tema della casa è emblematico dell’emersione di queste contraddizioni e dualità. Ogni giorno centinaia di appartamenti turistici gestiti da grandi agenzie devono essere puliti per permettere ai nuovi ospiti/utenti di essere accolti. Ma chi lavora nei servizi e nell’infrastruttura dello sviluppo fa sempre più fatica ad accedere al mercato immobiliare. Al lavoro essenziale per lo sviluppo di Bologna non corrisponde un nuovo diritto essenziale alla casa.

È merito delle composizioni ibride delle occupazioni abitative, guidate dalla parte più politicizzata del precariato sociale, l’aver fatto emergere che anche in questo caso la sfida non sia “conservare” Bologna, bensì contenderne lo sviluppo ai grandi attori capitalistici che stanno acquisendo sempre più spazio per iniziative economiche private e speculative. Da qui sono nate esperienze di sottrazione alla rendita e immissione in nuove forme di abitare collaborativo, come Casa Vacante. La composizione spesso è la stessa che partecipa a progetti di mutualismo, accede ai municipi sociali, e, come fu con i riders, inventa nuove battaglie contemporanee efficaci.

Nuove campagne: justice for cleaners e salario minimo metropolitano

Non è un caso, crediamo, che negli ultimi due anni negli sportelli sindacali ADL Cobas e nei progetti di mutualismo che abitano i Municipi Sociali in città abbiamo intercettato in maniera crescente figure del lavoro povero nei servizi di vari settori (nella sanità pubblica e privata, nelle strutture ricettive, nella filiere della ristorazione e del commercio).

Parliamo di lavoro di pulizia, di servizi integrati ma anche ricettivi e di vigilanza. Lavoro nella logistica metropolitana centrale nello sviluppo, ma frammentato e pagato pochissimo. Lavoro basilare per il turismo cittadino, per i grandi poli fieristici ma anche tecnologici o nelle strutture del welfare e della sanità, negli studentati, etc. Lavoro precario, interconnesso con ritmi e stili di vita diversi. Femminilizzato e etnicizzato, ma mai carente nelle catene dello sviluppo. Questa come altre dimensioni interdipendenti del lavoro precario sociale in città possono essere la base per un lavoro di inchiesta e per nuovi algoritmi sindacali.

La suggestione del salario minimo metropolitano può indicare un percorso, ampio e ambizioso. Ci sembra quello giusto. Ma per non rimanere nel campo delle suggestioni crediamo debba essere basato su rivendicazioni reali di aumento salariale da parte dei working poors, e mantenersi sempre aperto a dinamiche multilivello per una trasformazione in norma.

Con la vertenza degli addetti in appalto ai servizi di pulizia e facchinaggio organizzati con ADL Cobas, attiva dal 2023 nei maggiori ospedali cittadini e in alcune strutture pubbliche e universitarie, ci chiediamo proprio questo. È possibile uscire dalla singola dinamica vertenziale e per esempio aprire larghe campagne come Justice for cleaners, che siano in grado di strappare veramente la possibilità di una vita migliore e all’altezza per chi svolge questi lavori essenziali per lo sviluppo della città? Come questo, altri percorsi potrebbero essere aperti nei luoghi della ristorazione, o dell’industria dell’intrattenimento e nella drink factory. Nelle strutture ricettive tradizionali e ancora di più in quelle diffuse “di piattaforma”, che stanno piegando in maniera decisiva il lavoro insieme gli spazi urbani.

Conclusioni

La scommessa su questi percorsi, anche parziali, che potranno crescere ed emergere è senza dubbio quella di rompere i limiti delle mere vertenze aziendali verso una dimensione di convergenza e di campagna cittadina per claim e piattaforma sociali, non categoriali dunque ma che partendo da percorsi concreti sia in grado di dare corpo collettivo ad una vocazione trasversale e ricompositiva sul piano del salario.

Laboratorio Bologna, può rappresentare anche questo: l’avanzamento della buona pratica di produzione collettiva e condivisione di nuovi saperi e pratiche dentro le lotte del mondo del lavoro e del diritto all’abitare. La città va veramente interrogata quale terreno d’inchiesta per la soggettivazione e l’organizzazione del lavoro vivo, per ripensare forme di intervento adatte a sviluppare conflitti e nuovo welfare nel tempo presente.