Proprio la Curia è uno dei maggiori proprietari immobiliari della città: e non sono mancati gli sgomberi. Intanto il Comune apre all’ipotesi di un blocco di sfratti e interventi di forza.
“Ci sono tante case vuote e tante persone senza casa, vuol dire che c’è qualcosa che non va”. Così parlò Matteo Maria Zuppi, da qualche giorno nuovo arcivescovo di Bologna. “Tutti devono poter avere un luogo dove pensare se stessi e la propria famiglia. Ne va del nostro futuro, anche in termini di sicurezza” e “dobbiamo evitare ingiuste lotte tra poveri. Nessuno porta via la casa a nessuno, c’è posto per tutti”, ha dichiarato ieri Zuppi, che ha ricordato di conoscere il mondo delle occupazioni di Roma (la città da cui proviene) ed ha aggiunto che “mi hanno parlato delle ex Poste” di via Agucchi. Alla domanda su cosa può fare la Chiesa sull’emergenza abitativa, l’arcivescovo ha risposto: “Deve cercare di capire” ed esprimere “grande vicinanza e attenzione”.
In realtà, in attesa di vedere se le parole di Zuppi avranno qualche effetto su quella che ormai è diventata la città degli sgomberi e degli sfratti, la Curia potrebbe fare qualcosa di molto più concreto visto che essa stessa rappresenta uno dei maggiori proprietari immobiliari di Bologna. E molti di queste proprietà sono vuote, proprio come lamenta Zuppi, tanto che non mancano i casi in cui sono state occupate e poi prontamente sgomberate: nel recente passato ricordiamo quello di Idra da via Albiroli (proprietà: Istituto diocesano per il sostentamento del clero), quelli di Taksim da via Zanolini (proprietà: Suore di san Giuseppe) e da via Irnerio (proprietà: Fondazione Lercaro), oltre a casi meno noti. Toccherà vedere, allora, se quelle che arrivano da via Altabella continueranno o meno a restare solo parole. Lo stesso discorso vale per il Comune, dopo che in questi giorni l’assessore Riccardo Malagoli ha aperto all’ipotesi di un blocco di sfratti e sgomberi dichiarando: “Ci permetterebbe, in un momento di grave emergenza abitativa come questo, di respirare”.