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Piazza Verdi “vaso di pandora”, mentre “non si risolvono assembramenti sui bus e nei luoghi di lavoro”

Cua: “Racconto istituzionale della pandemia costantemente rivolto a individualizzazione del problema sanitario”. Comunicato ‘Anarchiche e anarchici’ su accuse di devastazione e saccheggio per blitz via Fioravanti: “Farebbero ridere, se non fosse per la chiara aspirazione che portano con sé: ogni minima forma di conflittualità e dissenso deve essere annientata”.

19 Ottobre 2020 - 14:50

“Col finire dell’estate, mentre le foglie degli alberi iniziano ad ingiallire, sbocciano rigogliosamente nuovi Dpcm del governo e la fragile realtà pandemica a cui – forse e in parte – ci eravamo disabituati torna ad esondare nella quotidianità delle nostre vite”. Lo scrive il Collettivo Universitario Autonomo, facendo riferimento agli ultimi due decreti della presidenza del consiglio dei ministri per il contenimento dei contagi da Covid-19 (uno del 13 ottobre, l’altro firmato ieri sera) che contengono tra le altre misure limitazioni agli orari di bar, ristoranti e locali e la possibilità di impedire l’accesso a piazze e strade dei centri urbani.

Prosegue il Cua: “In poche parole: se fino a tre mesi fa sull’altare del turismo estivo era sacrificabile qualsiasi tutela della salute collettiva, oggi invece, terminato il periodo del business, quest’ultima torna ad essere un solido alibi per il contenimento della tanto disprezzata socialità.  In questo meschino panorama di strumentalizzazione mediatica si colloca la recente chiusura di Piazza Verdi, che come altri punti della città è stata marchiata col fuoco in quanto vaso di Pandora e quindi ‘sorgente di tutti i mali presenti’. Infatti, rimane un mistero in che modo le amministrazioni locali abbiano potuto ritenere prioritario il transennamento di questi spazi aperti, piuttosto che industriarsi per risolvere il palese problema degli assembramenti sui mezzi pubblici, o all’interno degli uffici pubblici, o ancora sui luoghi di lavoro. Il racconto istituzionale di questa pandemia si esplicita costantemente rivolto ad una individualizzazione del problema sanitario, in cui la stessa idea di rapporto con l’altro viene narrata come limite – e non come raggiungimento – della propria salute, in cui la demonizzazione di qualsiasi aspetto di convivialità non lascia spazio che per la diffidenza reciproca.  Alla concezione individualistica di sanità propinata dal governo noi contrapponiamo l’autotutela collettiva, in cui salute e socialità non costituiscono un ossimoro ma coesistono equilibrandosi a vicenda nelle pratiche di tutti i giorni! Non è con la chiusura di strade e piazze che si contrasta la diffusione di Covid-19, ma anzi, a fronte di questa crisi pandemica, diviene ancora più necessaria l’apertura di ulteriori spazi in cui potersi ritrovare salvaguardandosi!”.

Un comunicato giunto in redazione a firma anarchiche e anarchici, intanto, torna sulla vicenda delle perquisizioni e della notifica di fine indagine in relazione al blitz al “non-cantiere” di Xm24: “I fatti contestati si riferiscono alla giornata di giovedì 28 maggio, che a molte è rimasta impressa nella memoria. Nella tarda mattinata di quel giorno, uno squadrone di sbirraglia varia con ruspa al seguito, si era presentato in via Fioravanti con l’obiettivo ultimo di recintare il parco e rendere (anch’esso) definitivamente inaccessibile a chiunque. Così, dopo aver gettato via le cose di chi, sfrattato negli ultimi mesi o senza casa da sempre, si era accampato vicino alla recinzione di lamiera ed eliminato aiuole e panchine, si accingevano a sradicare gli alberi piantati in ricordo di un amico e compagno. Solo la presenza di un gruppo sempre più nutrito di persone li aveva infine fatti desistere dal portare a termine questo ennesimo scempio. Uno sfregio insomma, a poche ore dal mercato e a 48 ore da un corteo in solidarietà alle anarchiche e anarchici arrestate nell’operazione Ritrovo. Un segnale piuttosto chiaro della volontà di radere al suolo ogni forma di solidarietà e vicinanza a chi è colpito dalla repressione, di annientare ogni spazio attraversato da chi, dopo mesi di lockdown, non si è arreso a una vita di obbedienza e ad una socialità mediata dalla tecnologia o dal consumo. In tanti, nella notte, con un gesto che più che militante è umano, buttarono giù le recinzioni di lamiera, svelando quanto rimane del vecchio Xm, un rudere vuoto e malconcio. Il vicepresidente di Acer si disse immediatamente ‘sgomento e disgustato’ per i danni – quantificati in decine di migliaia di euro – al cantiere che non esiste e per la distruzione del suo bellissimo progetto di riqualificazione: telecamere e recinzioni. Un progetto assolutamente in linea con il piano di valorizzazione del quartiere e della città tanto caro al PD e quasi entusiasmante per la questura, volto al profitto di pochi sulla pelle di chi in Bolognina ci vive, barcamenandosi tra ingiunzioni di sfratto, perdita del lavoro, ronde e pandemia. Un piano che negli anni ha trasformato decine di occupazioni in abitazioni vuote e murate e l’Ex Telecom in uno studentato privato di lusso, in nome del quale sono volate denunce, fogli di via, misure restrittive e processi”.

Prosegue il testo: “Tuttavia, come sempre accade in momenti di emergenza veri o presunti, la controparte sperimenta e affina i suoi strumenti repressivi. L’accusa diventa così ‘devastazione e saccheggio’. Un reato che rimanda ad un immaginario terribile e spaventoso, tanto quanto gli interessi per difendere i quali è nato ed è stato rispolverato dalla fine degli anni ‘90. Sarà che il rudere di Xm ha suscitato negli inquirenti qualche reminiscenza accademica su quella che fu la prima applicazione di questo reato dal suo ingresso, in epoca fascista, nel Codice Rocco. Correva l’anno 1943, dopo che i bombardamenti americani devastarono Avellino e uccisero 3000 civili, ai sopravvissuti che tra le rovine si riappropriavano di quanto necessario fu mossa tale accusa. Rimasto sostanzialmente intatto da allora venne riutilizzato nel ‘48 per i moti di piazza che seguirono l’attentato a Togliatti e quelli antifascisti del ‘60. È con l’avvento del nuovo millennio però che questo reato viene resuscitato per essere applicato in contesti anche molto diversi tra loro, ma soprattutto in occasione delle sempre più rare manifestazioni pubbliche di rabbia e dissenso. Da Genova in poi, infatti, complice un arretramento delle pratiche radicali di piazza e una marginalizzazione di chi ancora le sostiene, abbiamo assistito ad una normalizzazione di questo strumento repressivo, talmente vago nella sua formulazione da prestarsi al totale arbitrio di pubblici ministeri e giudici. Nel quadro di quanto accaduto lo scorso maggio l’addebito del reato di devastazione e saccheggio farebbe ridere, se non fosse per la chiara aspirazione che porta con sé: ogni minima forma di conflittualità e dissenso deve essere annientata.  Ai tre compagni sotto inchiesta va tutta la nostra solidarietà. Complici e solidali con chi alza la testa. Ad abbattere quelle recinzioni c’eravamo tutti e tutte”.