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Le migliaia di morti causate ogni anno dall’inquinamento, solo in Emilia-Romagna

Nel 2022 tra il 4% e l’8% dei decessi non accidentali sono riconducibili a polveri sottili e altre sostanze nell’aria, secondo l’ultimo rapporto Arpae. Oltre a traffico e industria, tra le cause principali ci sono allevamento, agricoltura, riscaldamento a legna o biomassa. Preoccupano soprattutto pm10 e ozono.

28 Dicembre 2023 - 15:55

Arpae, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, ha appena pubblicato il suo rapporto annuale sulla qualità dell’aria e vale la pena guardarci un po’ dentro.

Il dato che salta più all’occhio è quello sulla mortalità da inquinamento: incrociando i propri dati con quelli Istat e con quelli dell’Istituto superiore di sanità (l’organo tecnico-scientifico del sistema sanitario nazionale) l’agenzia stima che tra il 4% e l’8% dei decessi registrati come “cause naturali” o ricondotti a problemi cardiovascolari sia responsabilità delle polveri sottili. Tra queste , quella di cui si conoscono di più gli effetti avversi, sono le “polveri ultrafini”, classificate pm 2,5. Nel 2022, in Emilia-Romagna, su una popolazione di 3,3 milioni di abitanti con più di 30 anni,  il 15,8% risulta essere esposto a lungo termine a questo inquinante. Per quanto riguarda la mortalità per cause naturali il 4,4% dei decessi è attribuibile alle pm2,5 (2170 morti). Considerando solo i  capoluoghi di provincia, invece, i decessi attribuibili alle polveri ultrafini sono l’8,5%. Per quanto riguarda la mortalità per cause cardiovascolari, invece, i decess variano dal 2% (mille) al 3,6% (1780) a seconda delle soglie. Meno dell’1% la mortalità per cause respiratorie.

Alle polveri sottili (pm10) risulta esposto il 25,6% della popolazione regionale over 30. I decessi per cause naturali risultano essere il 2,2% (cioè 1110 morti), il 4,5% nei capoluoghi. Per cause cardiovascolari e respiratorie, invece, i decessi attribuibili alle pm10 sono circa l’1%.

Negli ultimi cinque anni, comunque, qualche miglioramento della qualità dell’aria c’è stato, complessivamente, ma ozono e polveri sottili continuano a essere un grosso problema. Il livello alto di pm10 e dell’ozono riguarda “pressoché l’intero territorio regionale”. Va meglio per il biossido di azoto, che molto raramente supera i limiti di legge, ma anche per le pm2,5, il cui limite annuale dal 2018 in poi non è mai stato superato.  Monossio di carbonio, benzene, biossido di zolfo e metalli, infine, “non manifestano criticità evidenti e risultano, ormai da diversi anni, tutti al di sotto dei limiti richiesti dalla normativa”.

Le cause sono quelle note da tempo: allevamenti, agricoltura, riscaldamento, traffico, biomasse e industria. I trasporti sono responsabili soprattutto del biossido di azoto, così come zootecnica e coltivazioni dalle quali derivano il 97% delle emissioni di ammoniaca, che attività batteriche trasformano poi appunto in biossido di azoto. I due terzi della massa del pm2,5 e metà della massa del pm10 sono riconducibili a queste attività. Alla combustione di legna e biomasse è connessa una rilevante immissione diretta di particolato, mentre il biossido di carbonio deriva dalla produzione e consumo di energia, così come il metano e i composti organici volatili, che hanno un impatto sia sul clima sia sulla formazione dell’ozono.

Il limite giornaliero di pm10 in Emilia-Romagna risulta “sistematicamente superato in gran parte delle stazioni di traffico e di fondo urbano e suburbano- afferma Arpae- in alcuni anni si è verificato il superamento del valore giornaliero anche nelle stazioni di fondo rurale, collocate in diverse condizioni geografiche, dalla pianura alle zone appenniniche”

Arpae ha anche provato a delineare  scenari futuri, stimando una crescita dei giorni favorevoli alla formazione di ozono su Bologna tra il 26% e il 46% in più, su Modena dal 26% al 56%. Più ‘ballerina’ invece la previsione sul pm10: a Bologna si stima sia un calo (-16% in caso di clima freddo umido) sia un aumento (+10% in condizioni normali). A Modena invece si prevede in media una diminuzione. Per quanto riguarda l’ozono, la cui concentrazione “è strettamente correlata alla temperatura- precisa Arpae- le condizioni di clima futuro sembrano non essere favorevoli al raggiungimento degli obiettivi” di qualità dell’aria. Per le polveri sottili, invece, “si evidenzia una variabilità percentuale minore rispetto alla variabilità dell’ozono e di segno non ben definito”.

Le principali sostanze inquinanti nell’aria, si legge infine nel rapporto, “influenzano anche il clima” e a sua volta il clima può “condizionare i meccanismi che portano a un cambiamento continuo della composizione dell’atmosfera”. Molte sorgenti di inquinanti, si spiega ancora, “hanno la peculiarità di emettere sia composti che impattano direttamente sul clima, sia composti che provocano inquinamento dell’aria”. È il caso ad esempio dei combustibili fossili.