Gli occupanti calendarizzano iniziative fino al 10 gennaio, riattivano i canali di allerta telefonica e telematica e annunciano “una mobilitazione autogestita e dal basso” sull’ex area militare, sugli ultimi 30 anni della quale viene diffuso inoltre un approfondimento del laboratorio urbanistico Laburba.
“Il Nulla è di nuovo alle porte: questa volta veste i panni della Procura che ordina il sequestro preventivo dell’ex-Caserma Sani, aprendo così la procedura di sgombero dell’occupazione che da un mese ha riaperto quegli spazi a una comunità multiforme, creativa e solidale. Lo sgombero potrebbe arrivare in qualunque momento. L’amministrazione complice ammicca compiaciuta. La procura dice che occupare è un reato. Ma chi è ad offendere? Chi libera apre e collettivizza, o chi sequestra un luogo pubblico alla città per oltre vent’anni promettendolo infine alla speculazione?”. Così si legge sul sito di Xm24, in un post a titolo “Comune e Cdp non hanno dubbi: sgomberare per speculare!” pubblicato a seguito della “enorme assemblea pubblica di giovedì ha ribadito forte e chiaro che presidiare un luogo altrimenti vuoto e abbandonato e difenderlo contro chi vorrebbe affidare alla finanza ogni decisione sulla trasformazione della città è un atto politico e necessario. Si aggrediscono le realtà partecipate e dal basso mentre si stringono patti con i poteri forti, sostituendo la dimensione popolare dei quartieri per alimentare la rotazione del capitale e del credito immobiliare. Quella in cui ci inseriamo è una battaglia complessiva, immersa nella ‘crisi’ sociale, economica ed ecologica mondiale, contro porti chiusi, populismo, neoliberismo, destre, simil-destre, paura e repressione. L’altra sera ce lo siamo dette, le lotte sociali sono la base per costruire insieme un’altra realtà: Todo para todas nada para nosotras!”.
Prosegue il testo: “L’amministrazione collabora a questa futura svendita: è il Comune che ha stretto patti con Cassa Depositi e Prestiti, sono i Piani Operativi Comuniali (Poc) che assegnano le quote a destinazione alberghiera e commerciale sull’area, ed è sempre l’amministrazione che vorrebbe spacciare un nuovo esproprio ai danni della collettività come una grande occasione per il quartiere. È fresca fresca di ieri la notizia! Merola ha tirato fuori la sua perla di natale annunciando ‘novità’, guarda un po’, proprio sull’ex Caserma Sani ‘un incontro molto positivo per sbloccare l’opera, che entrerà in questo contesto: il Passante prevede un bosco al parco Nord. Si aggiunge un’idea bellissima di collegarlo alla città con un ponte verde e di fare della Fiera un luogo di ritrovo per Bologna grazie al giardino, agli eventi e agli spettacoli. Questo è un progetto urbanistico che davvero ridisegna il volto della Bolognina’. Così il sindaco Virginio Merola ridisegna la sua Bolognina in cravatta: un mescolone di interessi che comprendono l’espansione a nord della Fiera, il tecnopolo, i progetti di Unipol per l’ex Samputensili e anche… l’ex Sani! Su questo Pd graverà il peso politico di questa nuova aggressione”.
Si legge in conclusione: Non abbiamo bisogno di altri supermercati e altri hotel. Non ci serve Fico, né il tram, non ci serve un cohousing, né uno studentato per ricchi, nè Airbnb, nè altri nuovi dispositivi al servizio della città vetrina. ‘La Fiera come luogo di ritrovo’… La Procura chiede il sequestro facendosi braccio armato di una politica bieca, serva degli interessi di pochi. Sotto l’albero di Natale o nella calza della befana troveremo uno sgombero nero carbone. Ma non sarà questa la nostra morte. Come qualcuno ha ricordato durante la partecipatissima assemblea dell’altra sera: un altro sgombero sarà solo un nuovo invito ad alzarsi e lottare. Si tratta della nostra stessa esistenza. L’intenzione è di avviare una mobilitazione autogestita e dal basso sull’area dell’ ex caserma Sani. Al nuovo Spazio si è aperta una breccia che supera l’esperienza di Xm24, le energie sono duplicate, e con loro i sogni. Abbiamo bisogno di spazi per respirare? Abbiamo dimostrato che questi spazi ci sono.Il 15 novembre abbiamo aperto un varco e un conflitto: un’opportunità forte di autodeterimazione dal basso sul quartiere e una lotta contro chi vuole svenderlo. Vogliamo che quei cancelli rimangano aperti, e che anzi si apra sempre di più alla collettività la possibilità di viverli e rivendicarli. Vogliamo poter godere dei boschetti e dei prati, vogliamo recuperare gli edifici che sono un pezzo di storia e di archeologia industriale della nostra città, vogliamo trovare lì un luogo di incontro tra comunità che hanno voglia di costruire l’impossibile in Tempi impossibili. Oltre le minacce, oltre lo sgombero, vogliamo già da oggi chiamare una nuova Assemblea pubblica il 10 gennaio per rilanciare insieme una mobilitazione forte, autogestita e dal basso sull’area dell’exCaserma Sani, con tutte le realtà e gli/le individu* che ne condividono l’urgenza e la necessità! Il pubblico non si svende! Contro il Nulla che avanza siamo pront* a resistere, a ripartire e a contrattaccare!”.
Xm24 ricorda infine tutti gli strumenti utili ad avere aggiornamenti sulla resistenza all’occupazione (allerta telefonica, mastodon, telegram…) sono riepilogati all’indirizzo autistici.org/xm24resiste ed elenca i prossimi appuntamenti all’ex Sani, a partire dalla “Pagana resort” di questa sera, poi da lunedì colazioni resistenti ogni mattina, e “chiamata libera per iniziative e laboratori”per i giorni 27-28 e 29. Il 31 “cenone intergalattico di capodanno” e nuova assemblea autogestita il 10 gennaio.
Sulla ex Caserma Sani interviene anche il laboratorio urbanistico Laburba, che ripercorre gli ultimi 35 anni di storia dell’area ex militare: “Come molte altre città italiane, anche Bologna conserva alcune grandi aree che, dismesse le loro funzioni, sono ormai abbandonate. Enormi spazi pubblici che furono industriali, militari, ferroviari, etc. si trovano oggi al centro dei nostri quartieri, svuotati e inaccessibili. La caserma Sani era una di questi: chiusa da 25 anni, quando l’Esercito italiano abbandonò definitivamente quella che era stata una gigantesca fabbrica di carne in scatola destinata alle truppe al fronte e nelle caserme. Questa immensa porzione di città stretta tra la Bolognina e la Fiera misura 10 ettari (105.000 mq circa) e conserva al suo interno ancora 16 edifici, con perle di archeologia industriale, aree verdi, piccoli boschetti e ampi spazi aperti. Secondo il piano Regolatore Generale del 1985 l’area sarebbe stata destinata a diventare parco: verde pubblico per equilibrare l’edificazione del nascente quartiere intorno alla nuova ‘porta’ della città che avrebbe incrociato via Stalingrado, manifestatasi poi nel triste trespolo dell’UniPol. I giochi cambiano vent’anni dopo: nel Piano Strutturale Comunale del 2007, l’area diventa parte di un sistema di “situazioni eccellenti di rango internazionale” e la caserma Sani si trasforma ‘ambito da riqualificare’. Nel 2009, mentre il comune è commissariato, si firma il Piano Urbano di Valorizzazione che prevede un accordo tra Demanio (lo Stato) e Comune, e che improvvisamente rivede gli obiettivi e stabilisce le quantità edificatorie e le dotazioni pubbliche dell’area (aree pubbliche, servizi etc.)”.
Continua l’approfondimento: “Di fatto l’amministrazione commissariata, presieduta dall’allora sindaca Cancellieri, non eletta ma voluta dal Pd, utilizza strumenti propriamente tecnico-urbanistici per ridefinire la conformazione di intere porzioni di città. Aree pubbliche vengono così riprogettate, senza un coinvolgimento della cittadinanza, per essere messe sul mercato: tra queste la Caserma di via delle Armi, via Toscana; Caserma Perotti di via Due Madonne, e altre ad oggi ancora abbandonate. Nel laboratorio partecipativo su Bolognina-Est, previsto nel Piano Operativo Comunale del 2009, l’area della Caserma Sani è interessata solo ai margini: vengono proposte funzioni pubbliche, usi misti etc. ma gli indici di urbanizzazione non vengono intaccati. ‘Divertitevi a disegnare le ciclabili sulle mappette, ma non ci toccate i palazzi!’ questo è il riassunto dei giochetti partecipativi in salsa bolognese, unico momento di ascolto della cittadinanza nel processo. Nel frattempo la proprietà del Demanio scivola lentamente nelle mani di Cassa Depositi e Prestiti (CdP), un colosso finanziario quotato per azioni, il più importante investitore del mercato italiano di proprietà del Ministero dell’Economia e Finanza (82% Mef il resto fondazioni bancarie). Nel 2013 infatti il Demanio aliena caserma Sani alla Cassa depositi e Prestiti (Spa). Attualmente il compendio è di proprietà del fondo immobiliare chiuso denominato Fondo Investimenti per la Valorizzazione Comparto Extra (Fiv), gestito da Cdp Investimenti Sgr, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti. L’area viene finalmente inserita nel nuovo Piano Operativo Comunale del 2016, denominato ‘Rigenerazione di patrimoni pubblici’, uno strumento urbanistico del Comune mirato a rilanciare le trasformazioni immobiliari su alcune aree dismesse tra cui i Prati di Caprara, la Caserma Staveco, l’ex scalo ferroviario Ravone e la caserma Sani. Per quest’ultima il Poc 2016 destina il 70% dell’edificato a residenziale privata e il 30% a commerciale (supermercati, parcheggi etc) e ricettivo (hotel). Viene convocato un concorso internazionale di progettazione, vinto dallo studio Dogma (Bruxelles) e che disegna i dettagli del progetto di svendita, accompagnandoli con una retorica che giustifica la densificazione dei palazzi per ovviare ‘al disordine strutturale’ di un’area eccessivamente dotata di spazi aperti”.
“È ormai sotto gli occhi di tutti – scrive in conclusione il laboratorio – cosa intendano i progettisti della città con ‘strategia di riqualificazione’: svendita del suolo alle strategie dei privati con la copertura retorica di un miglioramento necessario per l’area ma insostenibile per le casse pubbliche. Basta guardare l’area UniPol, gli alveari di via Parri e di via della Repubblica e l’area intorno alla caserma Sani per capire come un programma di riqualificazione della Regione Emilia Romagna, si sia materializzato in una valanga di palazzi che non hanno lasciato quasi nulla agli spazi della collettività. La vicenda della Caserma Sani, così come quella di altre zone significative della città di proprietà pubblica, ci mostra come meccanismi decisionali tecnocratici determinino in realtà profonde trasformazioni delle città che viviamo. Le amministrazioni pubbliche utilizzano strumenti tecnici di pianificazione per ristabilire indici abitativi e far costruire sempre più palazzi, lontani da ogni evidenza pubblica e dal dibattito politico. Tramite gli accordi programmatici con enti pubblici ormai ridotti a società per azioni (Ferrovie, Ministeri, etc) intere porzioni di città vengono consegnate al mercato o all’abbandono: in entrambi i casi sottratte ancora una volta alle collettività. Per la Caserma Sani un tentativo di interrompere la spirale di messa a valore, e restituirla alla città è stato messo in campo con la liberazione del 15 novembre. Gli spazi sono stati riaperti e attraversati da migliaia di persone che hanno potuto constatare la ricchezza del patrimonio che è di tutti e tutte, e i suoi possibili utilizzi. Da qui a un anno, l’intera area sarà a disposizione del mercato. Frazionata in lotti sarà preda degli speculatori che arricchiranno Cassa depositi e Prestiti (l’85% del ricavato) e poche briciole al Comune. Opponiamoci a questa ennesima privatizzazione: pretendiamo un processo di rigenerazione dal basso e la conservazione dell’interesse pubblico sull’area. Impediamo che chiudano nuovamente la Sani e che questa venga svenduta!”.