Il quartiere S.Stefano minaccia querela e l’Adl torna sulla vicenda del bimbo sgomberato da via Solferino. Le riflessioni di Antigone ed Educatori contro i tagli sull’ex Telecom. In quattro anni raddoppiate le richieste di sfratto.
La presidente del quartiere Santo Stefano, Ilaria Giorgetti, ha minacciato di presentare querela per il comunicato stampa dell’Adl Cobas sulla vicenda del piccolo Libero e la sua famiglia. Il sindacato ha poi diffuso le seguenti precisazioni: “Dopo lo sgombero degli appartamenti di via Solferino, la soluzione provvisoria individuata dal Pris per la famiglia di Sara è stata quella di farli alloggiare in un albergo fuori dal centro. Soluzione che ha messo la famiglia nelle condizioni di dover spendere i propri risparmi in biglietti dell’autobus per raggiungere il posto di lavoro, e in pasti caldi, dal momento che in albergo non c’era la possibilità di accedere ad una cucina. La famiglia ha rifiutato la presa in carico da parte del Comune di residenza in quanto questo avrebbe significato perdere quel pur minimo salario che la madre ed il padre di Libero riescono a ricavare da un lavoro precario (pagato a voucher) a Bologna. Lavorano a Bologna e sono obbligati a restare qui per non perdere il lavoro. Nessuna soluzione è stata trovata dai servizi sociali del quartiere Santo Stefano. L’alloggio in cui Sara e la sua famiglia si sono sistemati è garantita dall’ospitalità temporanea, in un appartamento piccolissimo, che un’amica di Sara ha offerto. Sara ha ripetutamente richiesto un aiuto da parte dei servizi sociali a reperire un alloggio in affitto ed ha deciso di andare a vivere da questa sua amica per la paura di perdere il figlio. Durante l’incontro ai servizi sociali del quartiere Santo Stefano di venerdì 30 ottobre (incontro al quale come rappresentanti sindacali ci è stato impedito di partecipare, come quello seguente) Sara e Salvatore sono stati posti di fronte alla seguente affermazione: ‘L’albergo scade il 5 novembre, entro quella data dovete reperire una sistemazione idonea, non avete qualche amica che può ospitarvi? Qualche parente? Se entro quella data voi non trovate una sistemazione noi siamo obbligati a garantire il minore e metterlo in una struttura ma senza poter garantire i genitori’ (e questa non ci sembra sia proprio la prassi…). Ora, ci si può dire tutto meno che i servizi sociali del quartiere Santo Stefano abbiano risolto il caso. L’ospitalità temporanea non è una soluzione e non è stata garantita dal lavoro dei servizi sociali ma dal buon cuore di un’amica di Sara (ed il welfare non dovrebbe dipendere esclusivamente dalla ‘bontà d’animo’ dei cittadini…). E se ci rendiamo conto che nei confronti di una famiglia con un bambino piccolo vengano adoperate delle pressioni psicologiche (come insinuare il dubbio che se non fosse stata trovata una sistemazione idonea sarebbe stata possibile la separazione dal bambino dai genitori) ci sentiamo obbligati a dirlo pubblicamente”.
L’associazione Antigone Emilia-Romagna, invece, diffonde un commento sullo sgombero dell’ex Telecom: “Negli ultimi 11 mesi, le forme innovative di solidarietà realizzate nell’occupazione della palazzina ex-Telecom, abbandonata da un decennio, hanno segnato la vita sociale di Bologna: 280 persone con 17 nazionalità rappresentate (italiani inclusi), 120 nuclei familiari (con un centinaio di minori) hanno recuperato lo stabile, trasformando gli uffici in appartamenti belli e accoglienti. Chiunque abbia ‘respirato’ il clima e conosciuto la socialità all’interno ne ha tratto sensazioni positive. Questo fino allo sgombero di martedì 20 ottobre 2015, operato da più di 200 poliziotti in tenuta anti sommossa, che ha posto fine a questo interessante esperimento di solidarietà dal basso, caratterizzato dalla contaminazione di diverse comunità nazionali e dalla ricerca di soluzioni creative ai problemi sociali e residenziali che si sono radicalizzati nel corso di questi anni di crisi economica. Tale evento si colloca in un momento davvero buio per la città, che sembra rinnegare la sua tradizione politico-culturale assistendo quasi quotidianamente a interventi poliziali e amministrativi che si accaniscono contro le esperienze di autogestione senza interrogarsi sul loro valore sociale e attraverso un dispositivo combinato di strumenti di criminalizzazione: fogli di via, sanzioni patrimoniali, misure cautelari, divieti e obblighi di dimora. Insomma un puro campionario di pratiche di esclusione. Di eccezionale gravità, in questo contesto, l’acquisizione da parte della Digos dei filmati contenenti le dichiarazioni dell’assessore al welfare Frascaroli, che all’indomani dell’azione in via Solferino, altro recente sgombero su un’occupazione abitativa dove erano presenti famiglie e minori e che aveva recuperato un bene da anni in disuso, con agenti in assetto militare e avvenuto senza che nè la Procura nè la Prefettura e la Questura avvisassero il Comune per un suo intervento con i servizi sociali, si diceva colpita dal fatto di non essere stata avvertita dalla questura e aveva dichiarato che le occupazioni talvolta ‘creano valore sociale’. Anche noi dell’Associazione Antigone Emilia-Romagna ci sentiamo di intervenire poiché questa pratica essenzialmente repressiva ci sembra rimandare a una pesante distorsione del concetto di legalità e a un utilizzo degli interventi poliziali e degli strumenti penali ormai diffuso fuori misura. Siamo di fronte all’applicazione strategica di una sorta di diritto penale massimo, attivato per il controllo della marginalità e della conflittualità sociale, indebitamente intese come puri illegalismi riconducibili a responsabilità individuali. Non è così: il disagio e le rivendicazioni che si esprimono oggi nei contesti urbani, attraverso forme anche radicali di conflittualità sociale e politica rimandano a responsabilità collettive, hanno origine nei mutamenti strutturali in campo economico e nelle strategie politiche (anche retoriche) che li accompagnano. Proprio nelle dimensione locale gli effetti più avvilenti e dannosi di questi cambiamenti si rendono manifesti, ed è a livello locale che dalle agenzie istituzionali (amministrazione comunale e regionale, questura e prefettura) sarebbe legittimo attendersi proposte organiche di gestione che non si limitino a un uso della forza di per sè fallimentare e di corto respiro politico”.