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Contributi da Israele: il Festival Danza Urbana risponde

Riceviamo e pubblichiamo: il direttore artistico della manifestazione, Massimo Carosi, replica al comunicato diffuso da diverse realtà politiche per veicolare l’appello con cui quattordici compagnie di danza e gruppi artistici palestinesi sottolineano l’importanza di rifiutare fondi da parte del Governo israeliano.

08 Settembre 2022 - 17:40

di Massimo Carosi,
direttore artistico Festival Danza Urbana

Spettabile Redazione,

in relazione all’articolo da voi pubblicato L’appello palestinese a due festival: “Rifiutate i finanziamenti del Governo israeliano”, vi inoltro la presente comunicazione al fine di rendere pubblica la posizione di Danza Urbana e precisare alcuni fatti. Il Festival non è finanziato da Israele, come erroneamente riportato dal comunicato del Bds Bologna e come ripetutamente chiarito ai suoi rappresentanti in occasione di un incontro presso la nostra sede svoltosi lo scorso venerdì 2 settembre. Danza Urbana ha ricevuto un contributo, condiviso con altri due festival italiani, relativo alla parziale copertura delle spese viaggio internazionali dell’artista israeliano Gil Kerer. Si tratta di un contributo ai viaggi e non di un finanziamento al Festival. L’apporto in termini economici è pari allo 0,2% del budget complessivo della manifestazione. Questo per doverosa completezza dell’informazione.

Vi riporto di seguito la mia lettera di risposta all’appello del BDS Bologna del 31 agosto scorso, precedente all’incontro nel quale si è avuto peraltro modo di confrontarci in maniera costruttiva sugli strumenti per sensibilizzare e sostenere la causa palestinese e sulle alternative che si possono costruire per garantire la mobilità degli artisti nel mondo. Nell’incontro, così come nella lettera, ho avuto inoltre modo di descrivere l’impegno profuso dall’Associazione Danza Urbana, nel costruire opportunità di promozione e mobilità per gli artisti provenienti dai paesi della sponda Sud del Mediterraneo. In questi anni hanno partecipato al Festival – e ad altri progetti sviluppati dall’Associazione – artisti iraniani, siriani, libanesi, israeliani, egiziani, tunisini, marocchini).

L’invito che Danza Urbana rivolge nuovamente al Bds Bologna, e a tutti gli attivisti, è quello di incontrarci e lavorare insieme per costruire delle reali alternative ai fondi governativi, magari con un’azione dal basso, per salvaguardare la libertà di circolazione del pensiero, delle opere e degli artisti, fondamento della democrazia, della convivenza fra popoli e dello sviluppo di un cultura e di un’arte autonome e non strumentalizzabili dal Potere.

L’invito, già rivolto a Bds pubblicamente nel 2016, viene oggi rinnovato in modo ancora più accorato. Ritengo che non si possa rischiare di silenziare all’estero gli artisti giovani e indipendenti, le voci più fragile e spesso dissenzienti rispetto alle posizioni dei propri governi e a quelle prevalenti nel proprio paese. Silenziarli all’estero significa silenziarli nel proprio paese. Nel mentre l’Associazione Danza Urbana ha lavorato con operatori internazionali, fra cui palestinesi, alla stesura del Manifesto in favore della mobilità degli artisti e dei professionisti della cultura nel Mediterraneo e nel mondo presentato alle Istituzioni europee e che vi allego.

Nel ringraziarvi per l’attenzione, resto aperto al confronto e al dialogo.
Distinti saluti

* * *

Spett-Le BDS – Bologna
c.a. Assopace Palestina Bologna
Coordinamento Campagna BDS Bologna
Donne in Nero Bologna
Giovani e Palestina Bologna
IPRI – Corpi Civili di Pace
Pax Christi punto pace Bologna

Gentilissime e Gentilissimi,

nel ringraziarvi della vostra lettera accetto con piacere la proposta di un incontro nei prossimi giorni. Il confronto e la possibilità di conoscere meglio le reciproche posizioni può essere uno strumento per alimentare un dibattito pubblico sulla questione israelo-palestinese, che non trova mai sufficiente spazio sui media.

Vi ringrazio per l’email puntuale, che argomenta e documenta le condizioni che, ormai da troppo tempo, il popolo palestinese si trova a vivere.

L’Associazione Danza Urbana –  e il sottoscritto in qualità di direttore artistico – sono sensibili e attenti a tutto questo.

Non abbiamo una posizione neutra sul conflitto israelo/palestinese, ma attraverso la voce diretta degli artisti e delle loro opere abbiamo nel nostro piccolo contribuito ad attivare un’attenzione e una sensibilità su queste questioni, come per esempio con lo spettacolo Under the Flesh del libanese Bassam Abou Diab, o To be… del coreografo palestinese Sharaf DarZaid, o ancora con gli incontri pubblici che abbiamo organizzato dentro il Festival.

Danza Urbana si è fatta promotrice con altre realtà italiane di iniziative e progetti tesi a creare le condizioni per far conoscere al pubblico italiano le opere di artisti provenienti da tanti paesi del mondo e per costruire opportunità di collaborazione e dialogo. In particolare, gli sforzi degli ultimi anni si sono concentrati sull’area Sud del Mediterraneo e sul Vicino Oriente. Nello specifico: Focus Young Arab Choreographers (2017); Focus Young Mediterranean and Middle East Choreographers (2018); Sedimenti, sezione del progetto Petrolio – Uomo e Natura nell’era dell’Antropocene (2019); Crisol – creative processes (2020/22).

Nelle venticinque edizioni precedenti il Festival ha coinvolto 84 compagnie o singoli artisti esteri provenienti da 34 paesi; fra questi: siriani, iraniani, libanesi, palestinesi.

La questione che ci divide non è sulle responsabilità di Israele nel confronto delle condizioni di vita del popolo palestinese, ma lo strumento che il BDS propone come soluzione.

Il boicottaggio trova la nostra contrarietà quando si applica alla Cultura, all’Arte e alla Scienza. Crediamo nel valore della libera circolazione del pensiero, delle opere e delle persone come strumento essenziale per la costruzione del dialogo, della pace e come elemento imprescindibile delle democrazie, presupposto per lo sviluppo di una capacità critica verso i governi e il pensiero dominante.

Le voci degli artisti giovani e indipendenti sono quelle che, a nostro avviso, possono essere portatrici di una differente visione, di un diverso approccio e conseguentemente di un cambiamento. Non si omologano facilmente alle posizioni ufficiali e prevalenti del proprio paese. Esprimono spesso posizioni dissenzienti e critiche. Boicottare le loro voci all’estero, significa silenziarle anche nei loro paesi.

Molte istituzioni culturali e i governi di paesi non democratici tendono a sostenere la mobilità solo degli artisti allineati alle posizioni del proprio regime. Non è il caso di Israele, che garantisce il sostegno alla mobilità anche degli artisti dissenzienti rispetto alle politiche del governo e dello Stato.

Le presenze in questi anni al Festival Danza Urbana di artisti/e israeliani/e giovani e indipendenti (Sharon Vazanna, Andrea Costanzo Martini, Gil Kerer), non possono essere ricondotte all’espressione diretta o indiretta di una “campagna simpatia” del Governo israeliano.

La partecipazione di tutti questi artisti è collegata a Masdanza  – Concorso coreografico delle Isole Canarie, con cui il Festival collabora dal 2011 e che consente ogni anno la presenza all’interno della programmazione di Danza Urbana dei vincitori o di artisti segnalati. Una collaborazione che ci ha permesso in questi anni di promuovere e far conoscere le scene emergenti di tanti paesi diversi, spesso poco conosciute.

Per quanto riguarda le dichiarazioni di politici e rappresentanti delle Istituzioni israeliane volte a immaginare la Cultura e l’Arte al servizio di un disegno politico e di una strategia di marketing, riteniamo essere l’espressione del pervicace desiderio del Potere di manipolare l’Arte e la Cultura a proprio favore, immaginandole come strumenti di propaganda. Ma quando queste sono libere non si fanno condizionare o asservire. La nostra responsabilità è quella di tenere sempre vivo e aperto il confronto, il dialogo e la pluralità di voci, che rendono la Cultura e l’Arte più forti e autonome da qualsiasi strumentalizzazione e appetito politico.

Abbiamo ritenuto di avvalerci del sostegno dell’Ambasciata di Israele per le spese viaggio dell’artista Gil Kerer per poter disimpegnare delle risorse da investire nella presenza di altre voci e altri artisti.

Accogliere queste risorse e inserire il logo dell’Ambasciata non vuol dire assecondare le politiche del governo israeliano, o restare silenti davanti alle condizioni di vita dei palestinesi, quanto il riconoscimento della libera mobilità degli artisti come elemento essenziale della convivenza fra popoli, di dialogo e incontro.

Il sottoscritto ha contribuito, insieme a molti altri rappresentanti di istituzioni culturali del Mediterraneo a stilare il Manifesto for the mobility of artists and culture professionals in the Mediterranean and beyond, che il Roberto Cimetta Fund ha presentato alle Istituzioni dell’Unione Europea e che vi allego per conoscenza.

Il Manifesto considera la mobilità internazionale degli artisti, la circolazione delle idee e delle opere un valore essenziale alla convivenza fra popoli e alla democrazia.

L’Associazione Danza Urbana è pronta ad incontrare il BDS per affrontare in modo dialogico le questioni della mobilità degli artisti nel quadro del conflitto israelo/palestinese, delle condizioni in cui operano quelli indipendenti e giovani nella sponda Sud del Mediterraneo e di quali azioni si possono mettere in campo insieme per aggiungere voci, anziché sottrarle, di come costruire ponti al posto di steccati e trincee.

In attesa di un vostro riscontro, porgo i miei più Cordiali Saluti,

Massimo Carosi
Direttore artistico di Danza Urbana
Festival Internazionale di Danza nei paesaggi urbani