Opinioni

Come si favoriscono processi di convergenza tra le lotte?

Laboratorio Bologna è nato con l’intento di comprendere le trasformazioni sociali in atto nella nostra città e costruire dei percorsi di lotta in cui coinvolgere le tante soggettività precarie fino ad ora costrette alla solitudine e alla frantumazione. Riceviamo e pubblichiamo.

27 Maggio 2024 - 15:33

di Chiara Luce Breccia e Simone Villani

In un contesto metropolitano in fase di ristrutturazione e trasformazione economico-sociale, come si favoriscono processi di convergenza tra le lotte? Laboratorio Bologna prova a rispondere a questa domanda riprendendo lo strumento dell’inchiesta sociale (per approfondire: Una repubblica fondata sul “lavoro povero”) per intercettare le trasformazioni sociali e le differenze prodotte dal nuovo mercato del lavoro, considerandola come “un’attività di ricerca non accademica legata al bisogno di comprendere la realtà senza compiacimento e soprattutto la condizione di precarietà che caratterizza diverse figure sociali”. E’ con queste intenzioni che l’11 maggio Laboratorio Bologna ha attraversato lo spazio dell’Acampada in piazza Scaravilli, luogo di occupazione studentesca in protesta contro gli accordi tra l’Università, la filiera bellica e Israele.

In questo contesto, Laboratorio Bologna ha presentato per la prima volta il progetto pubblicamente, mettendo a tema il lavoro, soprattutto quello povero, e le sue intersezioni con l’oppressione di genere, il razzismo sistemico, e le trasformazioni ecopolitiche dell’ambiente che viviamo. Durante la giornata, si sono susseguiti tre laboratori e un’assemblea plenaria finale.

Nel laboratorio organizzato intorno alla questione della decolonizzazione dell’accoglienza, a parlare sono state le lavoratrici e i lavoratori direttamente coinvolti nel mondo umanitario (psicolog*, avvocat*, operator* sociali, lavorator* sanitari) che hanno fatto emergere frustrazioni sia politiche che materiali legate al loro posizionamento: da una parte il dover avere a che fare con contratti precari e sottopagati, dall’altra parte il coinvolgimento emotivo e etico che questi lavori chiamano, coinvolgimento che viene di volta in volta sfruttato da un sistema carente di fondi e soggetto a cambiamenti continui a seconda della legislazione effimera del momento. È richiesta infatti ai lavorator* una capacità di costruire reti che non solo viene invisibilizzata, ma i cui risultati vengono di volta in volta smantellati tramite contratti a tempo determinato. Un meccanismo sfibrante, i cui esiti positivi in termini relazionali si basano esclusivamente sulla capacità di resistenza dei soggetti coinvolti.

Il laboratorio sui lavori climatici ha affrontato il tema della crisi climatica nell’ottica trasformativa di un’occupazione sostenibile, mostrando il nesso possibile e necessario tra la giustizia climatica e il conflitto sulla linea del lavoro. L’indagine presentata pone infatti a tema i lavori climatici, ossia quelli relativi all’occupazione finalizzata alla riduzione dei volumi emissivi di CO2, col fine di evidenziare che il “rapporto di mutuo rinforzo tra occupazione e politica climatica può darsi solo attraverso una pianificazione democratica a trazione pubblica”. Nello specifico, l’indagine sui bus come SUB (Servizio Universale di Base) vuole avanzare l’idea del rafforzamento dello stato sociale attraverso il potenziamento di servizi considerati basilari per il benessere collettivo, favorire una forma di consumo pubblica e condivisa invece che privata e individuale, e trovare nella partecipazione democratica il modello di governance dell’organizzazione dei SUB. Il laboratorio ha discusso, nello specifico del settore dei trasporti pubblici e locali, le implicazioni della creazione di “un sistema ben regolamentato, interconnesso, frequente, affidabile, inclusivo e adeguatamentefinanziato”.

Nel laboratorio sulle forme di oppressioni eterocispatriarcarli, abbiamo visto costruire un discorso sulle difficoltà materiali delle soggettività non conformi a vivere in una città come Bologna, dove la crisi dell’abitare e la difficoltà a trovare una casa ad un costo accessibile si interseca con la convivenza con coinquilini violenti; l’inaccessibilità ai luoghi di lavoro si complica con il persistere di comportamenti sessisti in quelli in cui si riesce ad accedere; la riconosciuta visibilità dell’esistenza queer (“a Bologna posso essere out relativamente senza problemi”) si scontra con le operazioni di pink e rainbow washing dell’amministrazione comunale, nonché con il persistere di atteggiamenti violenti nella “bolla queer” e negli spazi più o meno politicizzati che attraversiamo. Crolla insomma il mito di “Bologna come terra promessa dellə frocə”, dandoci molto su cui riflettere, molto su cui agire.

Sostando nella complessità e ricchezza dei punti di vista e dei problemi, abbiamo condiviso un sentimento comune di frustrazione rispetto alla sensazione di isolamento che proviamo nel vivere ed affrontare queste difficoltà materiali, tutte segnate da un progressivo impoverimento e precarizzazione del lavoro. Conseguentemente, è emerso quanto sia importante trovare spazi di socializzazione di questo sentire, che sappiano già nel loro costituirsi mettere in atto delle pratiche trasformative.

I desideri che sono emersi danno spazio a nuove immaginazioni: pratiche e luoghi attraversati da soggetti che vivono in prima persona le oppressioni di genere, razza e classe, che abbiano spazio di parola e di pratica e non siano rappresentati da altr*, luoghi dove si crei solidarietà pur coltivando le differenze. Abbiamo lo sguardo lungo: riusciamo a vedere, con lo sforzo dell’immaginazione, la possibilità di creare pratiche che intessono relazioni politiche affidabili, partecipative e conflittuali, che creino comunità non nell’omogeneità della sua composizione ma nel valore affermativo delle sue differenze, in modo non ideologico e incarnato.

Forse il luogo non può essere solo uno, ma Laboratorio Bologna ha creato uno spazio di condivisione, per ricominciare a pensare in questi termini, e tramite lo strumento dell’inchiesta prova a rafforzare queste pratiche, affondando nell’analisi della materialità presente.