“Non è più – se mai così fosse stato – una battaglia d’opinione, questo presente ci costringe ad inaugurare una lotta per la vita”, è il messaggio del Cua, appellandosi “alla città solidale, complice, sognante, che lotta”. Lungo il corteo “invito ufficiale” al rettore, molte strade chiuse dalla celere e spintoni tra manifestanti e agenti.
Studentesse/i di nuovo in piazza: oggi corteo, “It’s time to fight”, con partenza da piazza Verdi, su iniziativa del Cua. Poco dopo l’inizio, le/i manifestanti hanno portato uno striscione davanti al rettorato con un lungo testo, ovvero un “invito ufficiale al tavolo di trattativa in Aula Roveri occupata il 20 dicembre”, spiega il Collettivo: “Con la presente, portiamo all’attenzione del Rettore e dell’Alma Mater Studiorum tutte le rivendicazioni che da mesi student3 e precari3 portano avanti in merito alla questione abitativa. Da Via Oberdan 16 ad Aula Roveri occupata, dalle aule alle piazze ribadiamo di non essere disposte a fare nessun passo indietro. Vogliamo una vita bella!”. Poi corteo di corsa, molte strade chiuse dalla celere e diversi episodi in cui la presenza molto ravvicinata di agenti ha provocato spintoni con le/i manifestanti, che a seguire hanno occupato il cortile del 36 di via Zamboni.
Così il Cua per spiegare le ragioni della manifestazione: già a partire da uno scorso novembre “denso di contraddizioni, possiamo intravedere il gelo dell’inverno che ci attende da qui a pochi giorni, pronto a colpire le nostre vite da molteplici punti di vista: un gelo portato dai venti di guerra che da quasi un anno tormentano popoli e devastano territori in Ucraina, un gelo tagliente come tagliente riesce ad essere la violenza di questo sistema etero cis patriarcale e il continuo aumento delle violenze di genere, un gelo febbrile sintomo di quel ‘long covid’ sanitario e sociale che tutt’ora ci perseguita, un gelo economico ed energetico simbolo della spaventosa crisi che sta già travolgendo i nostri redditi, i nostri affitti, e quelle bollette che non potremo permetterci di pagare. Non si tratta più – se mai così fosse stato – di una battaglia d’opinione, questo presente ci costringe ad inaugurare una lotta per la vita. Vita e non sopravvivenza, bellezza e non stenti: la posta in gioco è di certo alta, ma su questo piano ci dobbiamo confrontare”.
Scrive ancora il collettivo: “Vivere significa casa, significa reddito, significa servizi, significa autodeterminazione, significa salute, significa cibo, significa spazi… Pensiamo che costruire una grande e molteplice battaglia sociale per vivere Bologna sia sempre più necessario. Per questo facciamo appello alla Bologna solidale, complice, sognante, che lotta, per un momento di confronto e contaminazione da costruire con chiunque abbia fame di riscatto e un orizzonte comune molto più vasto della mera sopravvivenza. Per reagire ai già continui attacchi alle condizioni di vita del governo Meloni e al regime di guerra”.