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Occupata l’aula Roveri al 38, sarà “hub della zona universitaria per una vita bella”

Cua: “Spazio lasciato sfacciatamente al sottoutilizzo”. Intanto, LuNA fa sapere di essere pronta a “mettere a disposizione le chiavi di Casa Vacante” se l’Asp rinuncerà all’alienazione dello stabile di via Capo di Lucca per destinarlo a “forme nuove ed innovative di abitare collaborativo”.

21 Novembre 2022 - 16:42

“Ieri sera, in tante e in tanti abbiamo aperto le porte dell’aula Attilio Roveri, sita al piano terra di via Zamboni 38. Uno spazio della nostra università lasciato sfacciatamente al sottoutilizzo, alla polvere. Un’aula usata sporadicamente solo per qualche seminario, convegno o buffet con champagne e tartine“. Lo scrive il Collettivo universitario autonomo, spiegando che la decisione è volta a “continuare a usare via Zamboni 38 come una casa atta a colmare il vuoto abitativo che questo rettorato si è assunto la responsabilità di creare con lo sgombero di via Oberdan 16, lasciando però l’aula VI libera e disponibile al normale svolgimento di quelle lezioni che annualmente ci costano già migliaia di euro di tasse”.

Studentesse e studenti intendono poi “creare un vero e proprio hub della zona universitaria per una vita bella, uno sportello sociale da cui partire per andarci a prendere tutto lo spazio che desideriamo, un presidio permanente di tutte e tutti”, chiedono che l’ateneo sia “garante degli affitti concordati” e, con Er.Go, si impegni a un “protocollo di intesa con strutture private, quali Beyoo, per la destinazione di parte degli immobili all’emergenza abitativa”, cessi “la svendita di immobili pubblici”, destini all’emergenza abitativa tutti gli spazi non utilizzati, a partire da via Oberdan 16.

“Lo scorso venerdì siamo andat3 in massa dentro al rettorato, pretendendo di parlare con quel rettore che la sera prima aveva dichiarato di essere tanto disponibile all’ascolto. La realtà dei fatti è stata un’eloquente porta chiusa, a dimostrazione delle reali parti prese in questa triste farsa dell’università”, raccontano le e gli occupanti, che ora puntano a “un tavolo di trattativa pubblico permanemte sull’emergenza abitativa, in via Zamboni 38, tra università e città. Pretendiamo risposte e non chiacchiere, non menzogne, da questo rettorato”.

Intanto, da un’altra delle occupazioni di queste settimane, Casa vacante di via Capo di Lucca, arriva la disponibilità “a fare un passo a lato per farne due in avanti, rompere il presente per riaprire un futuro diverso”, come si legge in un comunicato diffuso del collettivo LuNA: “Se l’amministrazione garantirà che l’immobile di via Capo di Lucca verrà immediatamente tolto dal piano di alienazione e sarà destinato a forme nuove ed innovative di abitare collaborativo, alla cui progettazione possono concorrere in tempi rapidi realtà dal basso, che non hanno capitali milionari, che non sono i soliti noti che hanno già le mani sulla città, metteremo a disposizione le chiavi di Casa Vacante. Se queste condizioni ci saranno, useremo i nostri corpi per far spazio a questa opportunità e non per impedirla, usciremo per far entrare coloro che possono verificare come mettere in sicurezza lo stabile (che non sono di certo i caschi e i manganelli della Polizia ai quali abbiamo resistito tante volte, e di cui condanniamo con fermezza anche il recente intervento in via Oberdan) e rendere possibile quello che le carte di Asp oggi rendono impossibile. Lo facciamo per chi vogliamo che ci viva e possa sviluppare davvero un progetto di vita, per noi e quelli come noi: precariə, studentə, workin’ poors, ricercatorə. Per lə tantə militantə che in questo mese hanno attraversato Casa Vacante, dopo il grande corteo del 22 ottobre, e in altre occasioni, rendendo questo spazio un vero e proprio ostello politico per decine e decine di persone”.

Sintetizzano le e gli occupanti: “Vogliamo quindi una procedura pubblica, chiara nei suoi intenti e che non sia una replica di schemi già visti, per via Capo di Lucca 22 e tutti gli immobili in città di cui l’amministrazione può disporre in tempi rapidi. Questo deve avvenire entro la fine dell’anno. Vogliamo che questo sia un esempio di innovazione urbana e sociale che parte dal basso del conflitto sociale e incida sul punto più alto del potere amministrativo. Vogliamo autonomia per chi gestirà l’immobile, parametri di accessibilità per chi potrà usufruirne personalmente, una concessione di lungo periodo per chi si offrirebbe, come stiamo facendo noi, di prendersi cura di questo bene comune e di altri”.