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Strage, a gennaio le ultime udienze del processo Cavallini

Nella requisitoria, la Procura ha elencato i quattro elementi alla base della richiesta dell’ergastolo per l’ex militante neofascista, che nei Nuclei armati rivoluzionari avrebbe funto da collegamento con gli ex componenti di Ordine nuovo, tra i quali uno dei condannati per la bomba di piazza della Loggia a Brescia.

29 Novembre 2019 - 12:27

Orologio piazza Medaglie d'Oro - © Michele LapiniSono terminate ieri sera le requisitorie del processo a Gilberto Cavallini, presunto quarto esecutore dell’attentato che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone alle stazione centrale, ex militante dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar), oganizzazione neofascista attiva tra il 1977 e il 1981 di cui facevano parte anche i tre già condannati in via definitiva: Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini. L’11 e 16 dicembre gli avvocati di parte civile esporranno le loro conclusioni, mentre l’8, 9 e 10 gennaio avranno luogo le arringhe dei difensori dell’imputato.

Secondo i magistrati della Procura di Bologna, che hanno chiesto l’ergastolo per Cavallini e bollato come depistaggi ogni ipotesi alternativa a quella neofascista come la famigerata pista palestinese, sono quattro gli elementi che ne indicano la colpevolezza: innanzitutto, le deposizioni di Massimo Sparti, criminale comune legato al mondo dell’eversione nera, rese nel corso del processo a Mambro e Fioravanti. La Procura ha peraltro intenzione di procedere per falsa testimonianza contro il figlio di Sparti, la cui deposizione in contraddizione alle affermazioni del padre risulterebbe smentita dalle evidenze.

Poi c’è il movente dell’omicidio di Francesco Mangiameli, leader siciliano del coevo gruppo neofascista Terza posizione, ucciso secondo sentenza definitiva da Fioravanti per quello che avrebbe potuto rivelare sulla strage. Terzo elemento, la telefonata di Ciavardini all’amica Cecilia Loreti per avvisarla di posticipare dal 2 al 3 agosto un viaggio a Venezia. Infine i pm giudicano inconsistente l’alibi fornito per il giorno della strage. Non sarebbe infatti credibile  che i quattro, dopo aver passato tutti la notte  a casa dell’imputato a Villorba di Treviso, si siano divisi e solo tre di loro siano andati a Bologna con l’esplosivo, mentre Cavallini si sarebbe recato a Venezia per far filettare un’arma. Quel giorno, ribadiscono i pm, uscirono tutti e quattro di casa la mattina presto e rientrarono insieme nel primo pomeriggio.

Cavallini, già condannato a otto ergastoli, avrebbe avuto secondo l’accusa un ruolo apicale nella banda armata e funto da collegamento con varie organizzazioni della galassia di Ordine Nuovo (gruppo sciolto dal governo nel 1973 per il reato di ricostituzione del partito fascista), grazie ai rapporti con Pierluigi Concutelli, Massimiliano Fachini, Carlo Digilio e Carlo Maria Maggi, quest’ultimo riconosciuto due anni fa in via definitiva colpevole della strage di piazza della Loggia a Brescia.

C’è stato anche spazio per stigmatizzare le dichiarazioni alla stampa e in aula del perito incaricato di svolgere la perizia chimico- esplosivistica nell’ambito del processo, su affinità ritenute prive di reale riscontro tra la strage di Bologna e un attentato compiuto da “Carlos lo sciacallo” e sulla possibilità che un pezzo di alluminio trovato tra le macerie facesse parte della bomba, smentita dalle analisi.