Escalation fuori controllo dopo il rapimento di tre coloni e il linciaggio di un ragazzo palestinese. Già decine di morti in tre giorni di bombardamenti
Il bilancio delle vittime a Gaza cresce senza sosta dopo una nuova notte di raid israeliani. Secondo l’agenzia di Hamas Alray, le persone uccise dopo 48 ore di bombardamenti sarebbero almeno 76, oltre 550 i feriti. Sette civili palestinesi – tre donne e 4 minori – sono morti nella notte nella città di Khan Junis, nel sud di Gaza, sotto le macerie delle loro case colpite da tre missili israeliani.
Prosegue anche il lancio di razzi di Hamas su Israele, dove a Tel Aviv, alle 8 (ora locale) le sirene di allarme hanno suonato per la seconda mattina consecutiva, seguite da alcune detonazioni.
L’emittente israeliana Channel 2 ha riferito che 5 razzi palestinesi sono stati intercettati dal sistema di difesa missilistica Iron Dome, sebbene fonti militari israeliane abbiano al momento confermato l’abbattimento di un solo razzo.
Le autorità egiziane hanno riaperto il valico di Rafah con la Striscia di Gaza per consentire l’ingresso nel paese dei palestinesi rimasti feriti nei raid condotti da Israele.
L’esercito israeliano intanto ha mobilitato 20mila riservisti nel caso di una possibile offensiva di terra nella Striscia di Gaza. All’inizio delle operazioni militari, il governo ha stabilito che il numero di riservisti che potranno essere richiamati in servizio potrà salire fino a 40mila. Nelle ultime 48 ore, l’aviazione dello Stato ebraico ha colpito almeno 750 obiettivi nella Striscia (300 solo questa notte). Si tratta dell’offensiva più intensa dal novembre del 2012.
La decisione di espandere la portata dell’Operazione Confine Protettivo con un’invasione di terra di Gaza verrà presa nei prossimi 2-3 giorni. “Stiamo considerando ogni cosa. Abbiamo molti obiettivi da colpire dall’alto, la decisione sui tempi di un’operazione sul terreno arriverà nei prossimi due o tre giorni”, ha detto una fonte militare israeliana citata da Ynet.
Dal presidente Shimon Peres è arrivato l’ultimatum: se i razzi non cesseranno di essere lanciati contro Israele – ha detto – l’operazione terrestre potrebbe essere inevitabile. “Se chiedete la mia umile opinione – ha detto intervistato da Radio Israel il ministro dell’Intelligence Yuval Steinitz – si sta avvicinando il momento di un’operazione significativa”.
Il presidente palestinese Abu Mazen ha definito l’operazione “un genocidio e un massacro” mentre Khaled Mashaal, leader in esilio di Hamas, ha invitato i palestinesi a resistere contro Israele: “Il nostro nemico è più forte ma dobbiamo affrontarlo con l’aiuto di Dio”.
Nella notte c’è anche stata al Palazzo di Vetro una riunione d’emergemza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. L’incontro era stato richiesto da palestinesi e arabi e dal segretario generale dell’organizzazione, Ban Ki-moon. Intanto l’esercito ha calcolato in circa 360 i razzi di vario gittata lanciati finora dal territorio palestinese contro Israele: 255 sono caduti nel Paese e circa 67 sono stati intercettati dalle batterie antimissile del sistema “Iron Dome”, Cupula di Ferro.
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Questo è l’agghiacciante rimpallo di avvertimenti, di accuse, di raid, di morte che si sta consumando in questi giorni nei territori palestinesi e in Israele, un macabro balletto sui cadaveri di tanti civili vittime di una guerra che ha mostrato di trascendere quelle che sono le logiche della guerra guerreggiata o della guerriglia diffusa.
Dal rapimento dei 3 giovani coloni, ebrei integralisti, con la loro uccisione e sepolture nelle campagne; dal linciaggio di un giovane palestinese ad opera di 6 ebrei, ultras della destra e della tifoseria, rei confessi; dalle spedizioni punitive nei territori di militari e coloni israeliani tese a scovare gli antagonisti di Hamas, concluse con la distruzione e l’incendio di abitazioni e negozi: da questi avvenimenti, con il corollario di una miriade di episodi di violenze e scontri, discende l’opportunità per Israele, e, di converso, Hamas, di rilanciare l’operazione ‘tabula rasa’ al fine di recidere qualsiasi ipotesi di soluzione, tesa a sancire uno specie ‘status quo’ che permetta la sopravvivenza delle comunità palestinesi.
Lo scombinamento dei fragili equilibri Medio Orientali in atto dall’inizio dell’anno ha visto ridursi lo spazio politico, il sostegno militare ed economico di Hamas, posto l’affermarsi incontrastato di al Sisi in Egitto, feroce esecutore della Fratellanza mussulmana su cui ha sempre contato Hamas, visto il rientro nei ranghi di governo degli Hezbollah libanesi, impegnati a sostenere in Siria il vicino Assad minacciato sempre più dalla penetrazione territoriale delle milizie jihadiste del nuovo califfato dello Stato Islamico, ora al centro dell’attenzione militare e politica di tutte le potenze di quest’area geopolitica.
Sicuramente per Israele una situazione ghiotta per cercare di infliggere un colpo pesante e devastante all’enclave di Gaza che rappresenta la spina nel fianco per la propria sicurezza. Siamo, dunque, nel pieno di questa offensiva che non risparmia niente e nessuno, dove sembra che il richiamo al rispetto dei principi proclamati nella carta delle Nazioni unite sia rimasto un pio desiderio.