Il sindacato di base, che aveva denunciato licenziamenti via WhatsApp il 31 di dicembre, interviene in seguito a una comunicazione alla stampa di Zampieri holding: “Dichiarazioni molto ambigue”. Lunedì i lavoratori si riuniranno per decidere “come portare fino in fondo” la vertenza.
Dopo la notizia riguardante le decine di lavoratori lasciati a casa con un messaggio WhatsApp, “la Zampieri holding annuncia una retromarcia, ma conferma di voler eliminare i lavoratori”, scrivono i Si Cobas con riferimento a una comunicazione aziendale apparsa oggi sulla stampa mainstream nella quale si afferma che una parte del personale riprenderà a lavorare nei prossimi giorni sempre nell’ambito dell’appalto Tnt/FedEx.
“Inaspettatamente la Zampieri holding ha deciso di venire allo scoperto e di comunicare apertamente quanto accaduto, un compito non facile, visto che i lavoratori per mesi hanno chiesto ufficialmente un incontro ai referenti aziendali senza mai avere alcuna risposta”, recita il comunicato del sindacato di base: “Dichiarazioni quelle della Zampieri molto ambigue e non corrispondenti a quanto denunciato dai lavoratori e comunicato dall’azienda nel messaggio inviatogli a fine anno. Perciò ci preme fare un po’ di chiarezza su tutti gli sviluppi della vertenza. Nello scorso ottobre, 30 lavoratori, alle dipendenze di Xbt logistica e servizi, si sono iscritti al sindacato e hanno avuto il coraggio di denunciare quanto accadeva all’Interporto, nel magazzino 3.2 della Zampieri holding, società appaltante per la lavorazione merci della Tnt/FedEx. I lavoratori denunciavano due temi in particolare, il primo in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Succedeva infatti che i lavoratori in assenza di una mensa fossero costretti alle 2 di notte a consumare i pasti sul marciapiede adiacente al magazzino dove sfrecciavano i camion. Ancora, in un magazzino di logistica notturna nessuno aveva frequentato corsi di sicurezza e primo soccorso, nonostante l’uso frequente dei mezzi nessuno aveva effettuato corsi da mulettista. La maggior parte dei lavoratori non aveva nemmeno esperienza professionale pregressa. Non a caso gli incidenti verificatisi nel deposito merci sono stati frequenti. L’altra motivazione invece riguardava più strettamente la situazione di forte precarietà dei lavoratori, come abbiamo avuto modo di dimostrare anche nella visura camerale dell’azienda, infatti, il 99% dei lavoratori era precario e con contratti part-time. I lavoratori lamentavano ulteriormente degli ammanchi in busta paga e un frequente ritardo nei pagamenti. Le ore mancanti sono state conteggiate e perlopiù si tratta di ore di straordinario non pagate e maggiorazioni notturne non riconosciute. In maniera ritorsiva, dopo il primo sciopero, i 30 lavoratori sono stati lasciati a casa, sono stati eliminati dal gruppo WhatsApp adibito alla comunicazione giornaliera dei turni di lavoro. Comunicazione che giova ricordarlo avveniva anche con poche ore di preavviso rispetto all’inizio del turno. Dopo questa prima minaccia i 30 lavoratori vennero nuovamente riassorbiti ma vennero inseriti in una chat separata ove erano presenti solo loro insieme all’azienda che comunicava i turni. I turni tuttavia non venivano comunicati a tutti i lavoratori che nella lista dei prescritti continuavano ad essere lasciati ai margini. Comportamento evidentemente ritorsivo e antisindacale. Seguirono le denunce del Sindacato, ma solo una parte dei lavoratori venne integrata, un’altra parte venne lasciata fuori e sostituita con altri nuovi assunti”.
Un secondo sciopero venne fatto a novembre e alla presenza della stampa locale “venne messa in evidenza la reale situazione sia sul piano della sicurezza sia sul piano contrattuale. Xbt e la Zampieri holding continuarono a non far nulla. Il Si Cobas rivolse nuove richieste di intervento agli organi competenti ma nessuno rispose. Il 20 dicembre un lavoratore riuscì a contattare un responsabile dell’azienda a Milano e lo stesso rassicurò il lavoratore confermando che il magazzino avrebbe riaperto il 10 gennaio e che tutti i contratti sarebbero stati rinnovati il 27 dicembre. Il 31 dicembre invece alla chat dei lavoratori proprio i responsabili aziendali inoltrarono il messaggio beffardo che mentre augurava buon anno contemporaneamente precisava che i contratti cessavano insieme alla chiusura del magazzino. Come dichiara oggi la Zampieri Holding: ‘Nessun nesso causale può sussistere con gli accadimenti avvenuti nel mese di novembre scorso e le accuse del tutto infondate mosse nei confronti della società da alcuni dei lavoratori’. Eppure nel messaggio inoltrato a fine anno si faceva riferimento proprio a ‘errori commessi da ambo le parti'”.
La Zampieri holding nelle esternazioni odierne “dichiara anche che i controlli sono stati effettuati. Nessun controllo- obiettano i Si Cobas- è stato però effettuato in presenza dei lavoratori. Evidentemente di tali controlli è a conoscenza solo la Zampieri holding. Certo è che di notte in presenza dei lavoratori nessuna verifica è stata fatta. Problematica questa che deve essere affrontata se pensiamo a quanto accaduto solo nel periodo più recente proprio ad Interporto, agli infortuni notturni, alla morte del giovane operaio Yaya Yafa. Ribadiamo che quello che però non può essere accettato è l’atteggiamento dell’azienda in merito alla chiusura e alla perdita dell’appalto. Nel messaggino WhatsApp infatti si leggeva: ‘Vi comunico che con oggi 31 dicembre 2021 termina la nostra collaborazione, così come i vostri contratti, anche il nostro contratto è terminato, purtroppo non è stato rinnovato quindi il magazzino rimane chiuso’. Ci sembra quindi pretestuosa e priva di ogni fondamento la dichiarazione fatta dalla Zampieri holding ex post alla stampa, comunicazione opposta a quella del messaggio inviato ai lavoratori. Almeno che ora il magazzino riapra e che si debba ritenere chiuso solo per quei 30 lavoratori iscritti al sindacato? Certo… se così fosse, l’atteggiamento tenuto dall’azienda sarebbe ancor più grave, politicamente scorretto e totalmente antisindacale, basta iscriversi al sindacato per poi essere lasciato a casa, senza lavoro e senza dignità, solamente per aver avuto il coraggio di denunciare una situazione di sfruttamento, l’ennesima nel settore della logistica. Concentrarsi sulla logistica etica vuol dire stare vicino a questi lavoratori, in questa situazione, invece ad oggi nessuna comunicazione a favore di questi lavoratori, da parte di chi invece deve monitorare e rassicurare le condizioni lavorative dei cittadini in tutto il territorio bolognese. Lunedì ci riuniremo con i lavoratori e, decideremo insieme a loro come portare fino in fondo le istanze di questi lavoratori”.