Tre anni fa il Comune modificava i propri regolamenti per vietare la concessione di luoghi pubblici a organizzazioni/associazioni che “si richiamino direttamente all’ideologia fascista”: una misura di cui tocca dunque constatare oggi la totale inefficacia, e non è la prima volta e neanche la seconda.
Un regolamento non fa primavera, e neanche antifascismo.
Come purtroppo ben sappiamo, il Primo maggio è stata autorizzata una piazza per un raduno nazionale di un movimento la cui genesi non sembra estranea a una recente scissione di Forza Nuova, partito fondato negli anni ’90 da ex militanti delle formazioni neofasciste Terza posizione e Nuclei armati rivoluzionari. Nonostante il tentativo, consueto e goffo, di mascherarsi dietro alla categoria di “lavoratori” e “imprenditori”, la realtà era ben chiara prima di vederli in piazza, dopo è stata sfrontatamente dichiarata.
Sul palco si sono alternati ex segretari regionali e cittadini di Forza Nuova, persone legate al Veneto Fronte Skinhead e a Evita Peron, organizzazione legata a Forza Nuova, esponenti di Militia Christi e vari personaggi del neofascismo bolognese e non solo. Un raduno nazionale di poche decine di persone con tante bandiere.
Non ci voleva molto a capire già da prima che chi chiedeva la piazza era strettamente legato al neofascismo, ma ciò nonostante le istituzioni, dopo un timido tentativo di opposizione, hanno concesso la piazza, dando agibilità a questo movimento di scendere in strada.
Nel 2018, in pompa magna, sono state approvate delle modifiche al regolamento comunale che disciplina l’autorizzazione di spazi pubblici, per vietare la concessione di luoghi pubblici a organizzazioni/associazioni che “si richiamino direttamente all’ideologia fascista, ai suoi linguaggi e rituali, alla sua simbologia o che esibiscano o pratichino forme di discriminazione. Allo scopo il concessionario, sottoscrive apposita dichiarazione con la quale si impegna, sotto la propria responsabilità, al rispetto della XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione e della relativa legge di attuazione (legge 20 giugno 1952 n. 645, c.d. Legge Scelba) e della legge 25 giugno 1993 n. 205, c.d. Legge Mancino”. Misura di cui tocca dunque constatare oggi la totale inefficacia, e non è la prima volta e neanche la seconda.
Come in molti altri casi, centinaia di persone sono scese in strada per contrastare la presenza neofascista a Bologna, città medaglia d’oro per la Resistenza, in una piazza concessa dalle istituzioni che si trova proprio tra il cippo in ricordo di Arpad Veisz, ebreo deportato e ucciso ad Auschwitz dai nazisti e via Irma Bandiera, intitolata alla staffetta partigiana trucidata dai fascisti nel 1944.
Uno dei cori che spesso riecheggia nei cortei dice che “l’antifascismo è nostro e non lo deleghiamo”, perchè come vediamo ogni giorno, la pratica antifascista dal basso è l’unica risposta concreta e reale antidoto al riemergere di certe ideologie. I protocolli, i regolamenti, gli appelli, le dichiarazioni, lasciano il tempo che trovano e purtroppo, lasciano sempre spazio ai neofascisti.