Dall’inchiesta sui mandanti emerge la ricostruzione di un incontro a luglio 1980 tra Licio Gelli e gli esecutori dell’attentato. Quarantennale, giovedì arriva Mattarella, domenica commemorazione in piazza Maggiore con Casellati. Rabbia familiari: “Zecca dello Stato non ha voluto stampare francobollo” per ricorrenza.
Man mano che procede l’inchiesta della Procura Generale sui mandanti diventano più nitidi i contorni del ruolo della loggia massonica Propaganda due (P2) nell’attentato del 2 agosto 1980. Negli ultimi giorni di luglio di quell’anno, secondo quanto emerge dalle indagini, il capo dell’associazione segreta Licio Gelli e un suo collaboratore avrebbero consegnato un milione di dollari agli esecutori dell’attentato: come tali sono stati condannati in via definitiva gli ex militanti dell’organizzazione neofascista Nuclei Armati rivoluzionari (Nar) Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini. In tutto, per finanziare esplosione e successivi depistaggi, la P2 avrebbe speso cinque milioni, e il flusso di denaro si sarebbe interrotto solo quando furono trovate le liste dei componenti della loggia, a marzo 1981. Una somma pari a circa 850.000 dollari sarebbe andata a Federico Umberto D’Amato, ex capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, ritenuto dalla Procura generale mandante-organizzatore dell’attentato e contatto con gli ambienti del neofascismo eversivo, mentre altri soldi sarebbero finiti a Mario Tedeschi, piduista, ex senatore missino e direttore del settimanale ‘Il borghese’ perché sostenesse sul suo giornali il depistaggio della ‘pista internazionale’. Ora si attende la data dell’udienza preliminare per Paolo Bellini e altre tre persone coinvolte nella prima tranche dell’inchiesta sui mandanti, vale a dire l’ex generale del Sisde, Quintino Spella, l’ex Carabiniere, Piergiorgio Segatel, e Domenico Catracchia, responsabile delle società che affittavano gli appartamenti di via Gradoli dove, nel 1981, trovarono rifugio alcuni militanti dei Nar. “Sarà un processo molto molto delicato – prevede l’associazione dei familiari dell vittime – I tentativi di bloccarlo, come sempre fatto del resto, sono notevolissimi”.
Tra pochi giorni ricorre il 40esimo anniversario della strage: giovedì 30 luglio sarà in città il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mentre alle celebrazioni del 2 agosto, che causa Covid-19 saranno in forma ridotta e con tutta probabilità limitate a piazza Maggiore senza raggungere piazza Medaglie d’Oro, prenderà parte la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Nel frattempo divampa la rabbia delle famiglie delle vittime nei confronti dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato: è stato infatti respinto il francobollo commemorativo proposto dall’Associazione dei familiari e questo perche’ evidentemente ci sono “cose che non si devono dire”, è la tesi dei familiari. Cos’è successo? Che “il vincitore del concorso per il francobollo erinnofilo di quest’anno aveva raffigurato graficamente il fine indagine della Procura generale”, spiega l’Associazione, sotto forma di “un puzzle che si scompone e ricompone”. Però “la Zecca dello Stato non ha voluto stampare il francobollo”, secondo i familiari perchè l’indagine sui mandandi fa intravedere “un percorso che va ben oltre gli esecutori e va oltre anche i servizi, va in cima e rischia di toccare anche i politici che hanno voluto questo bel lavoro che è stata la strage, però si vede che non si può nè dire nè raffigurare”. L’Associazione ha risposto con “un escamotage”, ovvero: “Abbiamo fatto una cartolina con quel francobollo in modo che poi ci sarà l’annullo su quella cartolina”.