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“Il movimento transfemministaqueer può contribuire a ripensare la società dopo la pandemia” [audio]

Centinaia in piazza Nettuno al presidio di B-Side Pride: “La discriminazione non è soltanto una questione culturale, ma una questione sociale che crea ingiustizia, differenza di classe e quindi richiede interventi strutturali”.

27 Giugno 2020 - 18:07

“Oggi siamo in piazza Nettuno con una piazza-pride perché dopo mesi di impossibilità di agibilità era importante scendere in piazza con i bisogni della comunità queer che durante la pandemia ha avuto ovviamente ovviamente i problemi di tutte le persone ma aggiunti anche alle situazioni specifiche che si trovavano a vivere. Abbiamo avuto problemi di reddito, di isolamento, di dover tornare alla famiglie d’origine. Abbiamo organizzato reti di mutualismo e solidarietà e adesso scendiamo in piazza per rivendicare la politicità di queste reti”. Così a Zeroincondotta un’attivista di B-Side Pride, “una modalità autorganizzata del movimento lgbt che metta la parola fine alla deriva commerciale, istituzionale, brandizzata dei pride e contribuire a creare un processo di politicizzazione del pride”.

“Tantissime associazioni – spiega poi dal presidio partecipato da centinaia di persone in piazza del Nettuno – hanno aderito perché sentono il bisogno di un movimento lgbt che sia queer, transfemminista, autorganizzato, che sia in grado di lavorare con le istituzione in una forma di autonomia e indipendenza. Questo per noi è molto importante soprattutto mentre si va a discutere la legge contro l’omotransfobia. Non può essere a costo zero: non chiediamo inasprimento delle pene, non ci interessa più carcere, chiediamo più investimenti nell’istruzione, nell’educazione alle differenze, nei centri antiviolenza, nel riconoscimento che la discriminazione non è soltanto una questione culturale, ma una questione sociale che crea ingiustizia, differenza di classe e quindi richiede interventi strutturali per risarcire le vite queer del fatto di essere nate in una società eterosessista. Chiediamo reddito di autodeterminazione e soprattutto un modello di salute decentrato, che si basi servizi di comunità. Così come i consultori sono nati nel movimento femminista negli anni settanta, così come il movimento gay nella lotta contro l’Aids ha creato dei community center in grando di lottare per le cure, di mettere parola nella ricerca, nella terapia, in come le soggettività devono essere coinvolte, speriamo che oggi il movimento transfemministaqueer possa portare un contributo al ripensamento della società dopo che la pandemia ha mostrato che la riproduzione sociale e la cura vengono prima della produzione e del profitto”.

> Ascolta l’audio raccolto in piazza: