Acabnews Bologna

Cronache dalla scuola del merito: educatrici/ori a tempo indeterminato, ma sottopagate/i

La disparità di trattamento economico fra educatrici/ori e insegnanti produce una distanza sempre più difficile da colmare fra lavoratrici/ori della scuola. Ma tutto nasce dal progressivo smantellamento del welfare anche nell’ambito dell’istruzione. La storia di I. racconta la condizione di tanti dipendenti delle cooperative sociali.

02 Gennaio 2024 - 16:37

Sono tante e tanti le educatrici e gli educatori dipendenti delle cooperative sociali nelle scuole secondarie di secondo grado. Ed è un bene, soprattutto se si guarda la scuola con le lenti di una sempre maggiore inclusione delle persone con disabilità. Molte/i di loro hanno un contratto a tempo indeterminato, ma questo non è sufficiente a garantire una giusta retribuzione. A guardare la legge fondamentale che disciplina l’intervento a favore delle persone con disabilità nelle scuole, la 104/92, emerge in controluce il carattere quasi provvisorio dell’intervento legislativo a favore delle e degli alunni con disabilità. Sicuramente si sente oggi una profonda distanza fra la norma e il contesto che vorrebbe regolare. Nel testo si legge che “nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati”. Senza entrare qui nel tema della specializzazione dei docenti di sostegno  – lavoratrici e lavoratori che sono in larga parte supplenti fino al termine delle attività didattiche, e che vengono perlopiù nominati da graduatorie cosiddette incrociate, cioè individuando le e i docenti di sostegno dalle graduatorie delle materie di insegnamento, quindi non specializzati – le disuguaglianze fra lavoratrici e lavoratori scaturiscono dal fatto che gli enti locali dovrebbero fornire i servizi educativi e di assistenza, mentre oggi questo lavoro è sostanzialmente tutto affidato alle cooperative sociali. Può sembrare di dire una banalità, a fronte del ridimensionamento del welfare state cui abbiamo assistito negli ultimi trent’anni e del proliferare dell’ideologia neoliberale in tutti i campi dell’economia e della società. Tuttavia è giusto continuare a parlarne.

La collega I. lavora per una cooperativa che offre servizi scolastici, educativi per l’infanzia, per gli anziani, per persone con disabilità e servizi sanitari. In ambito educativo la qualifica attribuita a lavoratrici e lavoratori – in sostanza la paga a cui hanno diritto e l’inquadramento dei contratti – dipende dai bandi che di volta in volta gli enti locali pubblicano e a cui partecipano le cooperative. Naturalmente la logica dei bandi è votata al mercato, cioè a individuare l’offerta più conveniente fra quelle proposte dalle diverse aziende, il cui prodotto è contrattato come una merce, una fra le tante che potremmo trovare sugli scaffali del supermercato. Solo che qui il prodotto messo in vendita è lavoro sociale di cura, fatto da persone che lavorano con soggetti in condizioni di fragilità. Per esempio, nei bandi vinti dalla sua cooperativa viene riconosciuto come unico titolo di studio valido per educatrici e educatori – quindi determinante per stabilire la qualifica – la laurea in scienze dell’educazione e formazione primaria. Non che lei non sia laureata: ha studiato per cinque anni sociologia all’università, e un titolo di studio importante nel settore dell’intervento sociale l’ha eccome. Ma per il lavoro che svolge in cooperativa questo valore non le viene riconosciuto. La busta paga della collega I. la dice lunga su questa situazione: nel mese di novembre ha preso circa 1.000 Euro, corrisposti per 110 ore di lavoro. La paga base è di 9,15 Euro all’ora per svolgere una media di 25 o più ore settimanali a scuola. Solo a guardare l’orario emergono le disparità che intercorrono fra insegnanti e educatori: per esempio, la cattedra piena di un insegnante delle secondarie di secondo grado, sia egli/ella di materia o di sostegno, prevede 18 ore settimanali in classe. Decisamente meno di quelle di un’educatrice/educatore. E non è tutto: da contratto, lei dovrebbe essere presente a scuola per sei giorni su sette. Se riesce a farne cinque è solo perché la scuola in cui lavora ha un buon ambiente lavorativo, e riesce a organizzarsi con altri educatori e insegnanti per avere il sesto giorno libero. Anche qui la disparità è evidente: per le/gli insegnanti è previsto un giorno libero sui sei di attività scolastiche, per educatrici e educatori, avere un giorno libero in più oltre alla domenica è un lancio di dadi. Ma è sul tema del reddito che si vede il solco che passa fra la retribuzione di educatrici/educatori e insegnanti: se i primi sono pagati circa mille Euro al mese, i secondi ne prendono più della metà in più, cioè non meno di 1.500 mensili. Non molti certamente anche questi, ma non poveri come quelli corrisposti ai dipendenti delle cooperative.

Neppure i contratti a tempo indeterminato, di cui molti dipendenti delle cooperative sono titolari, sono garanzia di un reddito adeguato per educatrici e educatori. Infatti i contratti di chi lavora nelle scuole sono sostanzialmente sospesi durante il periodo estivo, giugno, luglio e agosto, per cui se non si svolgono ore di lavoro, niente paga. E ancora peggio: nessun ammortizzatore sociale come la disoccupazione, a cui hanno almeno diritto le centinaia di migliaia di insegnanti a tempo determinato i cui contratti scadono a fine giugno. Per educatrici e educatori resta la possibilità di lavorare nei centri estivi – una grossa dose di stress se si considera che per i nove mesi di scuola si ha avuto a che fare con adolescenti ogni giorno – e anche in questo caso non si è certi di riuscire a lavorare per un numero congruo di ore. In ultimo, fino a qualche tempo fa le ferie maturate nel periodo di lavoro venivano riconosciute nel periodo estivo, così da ammortizzare l’assenza di ore di lavoro per quel periodo e la conseguente perdita di reddito: ora invece le cooperative sono sempre più orientata a inserire i giorni di ferie nel periodo della chiusura delle scuole per Natale e Pasqua, che significa avere buste paga ancora più scarse nel mese di giugno.

Nonostante tutto, la collega I. è contenta: da sette anni lavora nella stessa scuola, si sente a suo agio con insegnanti, educatori, studentesse e studenti. Anzi forse proprio a causa dell’essersi trovata tanto bene in quella scuola ha lasciato passare tanto tempo prima di cercare alternative migliori al lavoro per la cooperativa. Ora però per lei è arrivata la svolta: ha passato il test per il Tfa (Tirocinio Formativo Attivo), uno degli ultimi percorsi introdotti per regolare le specializzazioni sul sostegno psicofisico agli alunni con disabilità. In un futuro non troppo lontano diventerà docente di sostegno specializzata con contratto a tempo indeterminato. Proprio il ruolo immaginato dalla fondamentale quanto disattesa legge 104 del 1992.