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“Calci e pugni” dalla Digos, tre anni dopo condannati cinque studenti

Hobo: “Non saranno i tribunali o le sospensioni a farci smettere di lottare per un’università diversa”. E sui lavori al Community Center di via Filippo Re: “In due giorni nessuna parete imbiancata”.

21 Settembre 2017 - 21:41

Contestazione Hobo al Senato Accademico - © Michele LapiniI ragazzi di Hobo erano in Rettorato a protestare contro le alienazioni del patrimonio d’ateneo, al termine del blitz ci fu un contatto con gli agenti di polizia in borghese. Il collettivo, che da subito parlò di aggressione, oggi dà notizia di cinque condanne, fino a 10 mesi per quei fatti di tre anni fa.

Recita il comunicato diffuso su Facebook: “Era il settembre 2014, ma poco sembra essere cambiato nella gestione del dissenso dei vertici universitari. Durante quell’estate l’allora amministrazione Dionigi aveva fatto demolire(!) uno spazio liberato da studenti e studentesse dentro il campus di Filippo Re, mentre annunciava in pompa magna di voler sperperare un po’ di soldi pubblici per creare un campus universitario all’avanguardia negli spazi della Staveco, proseguendo quell’opera di normalizzazione che l’Unibo aveva già iniziato anni prima. Il 9 settembre in tanti eravamo andati sotto le finestre del Senato Accademico per condannare l’incapacità di quell’amministrazione universitaria (poi il progetto Staveco effettivamente affondò insieme al suo ideatore, il rettore Dionigi). Ad aspettarci numerosi agenti della Digos che impedirono il nostro passaggio con calci e pugni. Oggi arriva la notizia del primo grado per quei fatti: 5 condanne dai sei ai dieci mesi e 3 assoluzioni”.

Prosegue il testo: “Settembre 2017, come dicevamo poco sembra essere cambiato: nel campus di Filippo Re il Rettore Ubertini chiude spazi liberati da studenti e studentesse, sperpera soldi pubblici per progetti mai iniziati (l’ultimo è il “laboratorio inclusività” proprio a Filippo Re), mentre nelle stanze del Senato Accademico sospende studenti con la totale complicità della casta accademica. Il tutto protetto ancora una volta da agenti della Digos in borghese o celerini dentro gli spazi universitari. Oggi come ieri noi continuiamo a camminare lungo la nostra strada, senza paura, con la massima tranquillità, sicuri di essere nel giusto. Non saranno le condanne dei tribunali o le sospensioni dei senati universitari a farci smettere di lottare per un’università diversa”.

Hobo, sempre sui social network, torna a intervenire anche sul Community Center di via Filippo Re, cantierizzato proprio all’indomani della riapertura: “Aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori: in 2 giorni nessuna parete è stata ancora imbiancata, neanche una scatola di vernice consumata. Esultano Commissione Europea, Governo e Università, tutto procede alla perfezione: anche questa volta i soldi pubblici (non) sono al sicuro, i tempi si allungano e gli spazi per studenti e studentesse ridotti. È il principio cardine del lavoro pubblico à l’italienne, come la lotta No Tav ha dimostrato, ovvero tante parole per favorire la speculazione, territori sventrati e spazi chiusi – alla faccia dell’inclusività. Ma rettore e prorettrice non dormiranno sonni tranquilli. Il Community Center è nato per le necessità e i bisogni di tutte e tutti, non morirà così facilmente.”.