Acabnews Bologna

Ancora nessuna soluzione per i richiedenti asilo

Il 31 dicembre si avvicina, ma dalle istituzioni nessuna risposta per i 214 profughi presenti a Bologna. Il Comune: “La responsabilità è di Governo e Regione”. Kingsley racconta la vita (difficile) ai Prati di Caprara.

30 Novembre 2012 - 17:30

La scadenza della cosiddetta emergenza Nord Africa (31 dicembre) si avvicina, ma dalle istituzioni non c’è ancora nessuna risposta sulla situazionedei richiedenti asilo fuggiti dalla guerra in Libia e oggi presenti a Bologna. Il Comune rimpalla ogni responsabilità a Regione e Governo: “È praticamente certo che a queste persone sara’ riconosciuto il permesso di protezione umanitaria, risolvendo almeno la questione del loro status giuridico, in direzione di una maggiore autonomia di vita e movimento- dice Amelia Frascaroli, assessore al Welfare del Comune di Bologna- ma tempi e modi per uscire dall’emergenza deve dirceli il Governo: le responsabilita’ di questa situazione sono del governo e della Regione Emilia-Romagna e noi siamo in attesa di risposte, senza le quali non abbiamo strumenti per intervenire”. E’ la Regione che “si sta facendo carico di lavorare con il Governo per realizzare percorsi di accoglienza successivi a quella data”, aggiunge l’assessore.

Intanto sono 214 i profughi accolti a Bologna (tra le strutture di via Prati di Caprara, Villa Aldini e via del Milliario) che ancora aspettano di sapere cosa sara’ di loro dopo il 31 dicembre. L’associazione Ya Basta qualche giorno fa ha incontrato il sindaco Virginio Merola: “Ci ha detto di non aver stanziato risorse per uscire dall’emergenza, a causa dei tagli operati dal Governo- spiegano dall’associazione- una risposta piuttosto deludente”.

Ai Prati di Caprara, in particolare, si trovano 126 nigeriani fuggiti dalla guerra in Libia.  Kingsley, 23 anni, è sbarcato a Lampedusa il 30 giugno 2011. “A Misurata, in Libia, stavo bene, lavoravo in un autolavaggio e pagavo le tasse- racconta- Vivevo li’ da 2 anni quando sono iniziati i bombardamenti e le persecuzioni agli immigrati e sono dovuto scappare per sopravvivere. Qui c’e’ una sola doccia calda all’aperto, una sola lavatrice, non c’e’ il riscaldamento e non ci sono le porte. Siamo in tanti e diventa difficile fare qualunque cosa, a tratti faccio fatica anche a pensare. Ci distribuisco i pasti e basta, da quando son qui mi hanno dato due cambi di vestiti”.

Solomon, invece, è giunto fin qui con la moglie Vivian in attesa di un bambino. I due, separati all’arrivo, in base alle regole previste dal piano di accoglienza, non riescono a ricongiungersi. La donna, ora all’ottavo mese di gravidanza, e’ ospitata nella struttura Berretta Molla di via del Vivaio, lontana dal marito: i due non riescono a farsi riconoscere la possibilita’ di vivere insieme, magari attraverso un inserimento in un progetto sui nuclei familiari.