Acabnews Bologna

Anche a Bologna in piazza “contro schiavitù e violenze in Libia”

Ieri presidio in piazza Re Enzo con Comunità eritrea democratica e Coordinamento Migranti. Cua e Social Log contro il Cpr a Modena. Ma se ne riparla anche a Bologna: il Comune non dice un chiaro no.

15 Settembre 2018 - 16:01

“Contro la schiavitù e le violenze in Libia, per la libertà dei migranti, per un permesso di soggiorno europeo! Strike the borders!”. Con queste parole d’ordine anche a Bologna, ieri, si è manifestato nell’ambito di una giornata mondiale di sit-in e azioni lanciate dalla rete transnazionale di migranti eritrei, “per denunciare la detenzione, le torture e le continue violazioni dei diritti dei migranti intrappolati nei campi libici”, spiega il comunicato firmato dalla Comunità eritrea democratica e dal Coordinamento migranti di Bologna, che in città hanno promosso un presidio in piazza Re Enzo. “La situazione si è profondamente aggravata durante le ultime settimane a causa del conflitto armato, che mette ulteriormente in pericolo le vite di centinaia di migliaia di migranti – africani e non – impossibilitati ad abbandonare la Libia e a fare richiesta d’asilo. I migranti eritrei lanciano un appello per l’immediata evacuazione dei migranti dalla Libia e per la loro rapida e diretta ricollocazione in paesi sicuri. Essi denunciano la convergenza delle politiche delle istituzioni europee, dei governi nazionali e della Libia, sprezzanti dei diritti umani fondamentali, con le ispezioni dell’Unhcr sempre più compromesse dallo scoppio del conflitto armato e in generale sono incapaci di esercitare un effettivo controllo di una situazione altamente informale, caotica e sempre più drammatica. Nessun organo delle Nazioni Unite è stato capace in questi mesi di bloccare la vendita dei migranti come schiavi, nessuna ispezione è riuscita a contrastare la collaborazione sistematica tra le forze dell’ordine libiche e i trafficanti, né gli stupri, le torture, gli abusi e i rapimenti dei trafficanti e degli arresti arbitrari della polizia”.

Continua il comunicato: “La situazione attuale è la diretta conseguenza delle feroci posizioni sostenute contro i migranti dall’Unione Europea negli ultimi anni, da quando ha deciso di ignorare qualsiasi tipo di protezione allo scopo di respingere i migranti oltre i suoi confini e sfruttare quelli che già erano entrati. Dall’infame accordo con la Turchia, l’Ue ha apertamente avallato le detenzioni illegali ed inumane di centinaia di migliaia di migranti. Definendo arbitrariamente quali paesi siano da considerare “sicuri” e quali no, per decidere chi ha diritto a ottenere l’asilo e chi no, – cioè, chi vive e chi muore –, l’Ue e i suoi Stati stanno legittimando violenti regimi dittatoriali. Quello che sta succedendo oggi in Libia, dimostra quanto sia strumentale quella decisione, che ha la conseguenza di incarcerare migliaia di migranti in fuga dalla guerra e dalla violenza, di privarli della loro possibilità di avere salva la vita e di richiedere l’asilo. Del resto, quando riescono a entrare in Europa, la situazione che li aspetta non è migliore: detenzione, vessazioni da parte della polizia, condizioni di lavoro massacranti, incertezza per il futuro, continue brutalità e minacce. Le mani dell’Europa e dei suoi Stati sono coperte dal sangue dei migranti morti durante il viaggio e del sudore e delle lacrime di quelli costretti a lavorare per salari miseri, nell’interesse dei profitti dell’Unione. La recente escalation di violenza nazionalista, nel caso del ministro degli Interni Salvini, che ha impedito a navi sulle quali erano stati imbarcati dei migranti di attraccare e ha dichiarato illegale il salvataggio in mare, non è un caso isolato, ma l’espressione di una più ampia strategia europea di cui sono i migranti a pagare il prezzo. Supportiamo le azioni di venerdì e ci uniamo alla denuncia delle condizioni disumane vissute dai migranti che si muovono verso l’Europa in cerca di un futuro migliore. Appoggiamo l’appello per la liberazione immediata di coloro che sono bloccati in Libia e chiediamo un permesso di soggiorno europeo che garantisca un ingresso sicuro e libertà di movimento a tutti i migranti e tutte le migranti, senza distinzione di nazionalità o di status. Niente e nessuno impedirà alle e ai migranti di muoversi e scioperare contro i confini: è tempo di schierarsi dalla loro parte contro il razzismo istituzionale e le politiche inumane ed assassine che ne vogliono fare semplici oggetti da usare, smistare e infine scartare”.

A Bologna, intanto, alcune realtà come Social Log e Cua hanno aperto una campagna contro l’attivazione di un Cpr a Modena. Scrive il Cua: “No all’apertura del lager di Modena! Da Bologna iniziamo a mobilitarci contro l’apertura a Modena del Cpr, centro di permanenza per il rimpatrio. La struttura, che sorgerà al posto dell’ex Cie per effetto del ‘Decreto Minniti’, costituisce un vero e proprio centro di detenzione su base etnica per migranti; imprigionati in condizioni disumane in attesa dell’ identificazione in funzione dell’espulsione verso il paese d’origine. I Cpr oggi attivi sono 5 per un totale di 880 posti, ai quali vanno aggiunti altri 400 posti in ‘fase di attivazione’ che prevedono un enorme impiego di risorse per garantire il corretto svolgimento delle procedure per il rimpatrio. Salvini, portando avanti le decisioni del suo predecessore Minniti, invocando una maggiore sicurezza per i cittadini, annuncia inoltre un maggiore dispiegamento di forze dell’ordine speciali vicino a punti sensibili come il Cpr, implicando ovviamente ulteriori fuoriuscite di denaro. Siamo determinati a rifiutare con forza il nuovo pacchetto sull’immigrazione che il neo ministro degli interni vorrebbe vedere applicato, così come siamo determinati nel pretendere che questo lager non venga aperto. Nessun governo amico, mobilitiamoci tutti insieme!”.

Nel frattempo, da qualche giorno a questa parte anche a Bologna si è tornato a parlare di Cpr: la sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni ha affermato che l’attuale Hub di via Mattei chiuderà ed è riemersa l’ipotesi di apertura di un “mini-Cie” al suo posto. Dall’amministrazione comunale non arriva una chiara posizione di bocciatura di scenari del genere. “Chiudere la porta di accesso all’intero sistema regionale ci interroga sull’avvio dei percorsi di chi comunque arriva, al di là del blocco degli sbarchi (160 persone nel 2018) e anche sulla gestione dei ‘dublinanti’, persone che rientrano sul territorio da altri Paesi, vista la loro prima identificazione in Italia (253 nel 2018)”, ha dichiarato l’assessore al Welfare, Giuliano Barigazzi, aggiungendo poi che sul destino dell’hub e sugli effetti di una sua chiusura, “non abbiamo avuto informazioni e dunque valuteremo, quando ci sarà piu’ chiaro, il pensiero complessivo, ma certo non si può fare finta che queste presenze non ci siano, perchè in questo caso sarebbero in esclusivo carico delle comunità locali e stiamo già facendo molto sotto questi profili. Non può essere che una competenza che la legge attribuisce allo Stato diventi ulteriore compito comunale. E’ stato annunciato che uscirà un decreto che ridisciplinerá queste azioni e quindi giudicheremo più compiutamente come procedere quando in quell’occasione capiremo le decisioni assunte dal Governo”.